A distanza di un paio d’anni dalla sentenza n. 25732 del 2021, la Sezione Lavoro torna sulla questione delle indagini difensive. Una parte della sentenza si pone in continuità con il precedente del 2021, nel ribadire e specificare ulteriormente in che cosa consista il requisito del “fondato sospetto”, neces- sario per potersi ammettere la legittimità dei controlli difensivi occulti in relazione agli artt. 2, 3 e 4 Stat. lav. Per il resto, la seconda parte della sentenza, si focalizza sull’applicazione dell’art. 11, D.Lgs. n. 196/ 2003 (nel testo vigente prima delle modifiche introdotte nel 2018) in relazione al problema della “utilizzabilità” in giudizio dei dati raccolti dall’investigatore privato, affermando un principio di diritto estremamente formalistico e rigido, a mente del quale la violazione di una regola prevista da un codice deontologico rende i dati inutilizzabili. Nello specifico la violazione accertata riguarda la mancata indicazione del nominativo degli investigatori privati esterni alla agenzia di investigazioni specifica- mente incaricata nel mandato investigativo. Pare a chi scrive che la motivazione della sentenza presenti diversi profili di manchevolezza e che si ponga in contraddizione con l’orientamento inaugurato dalla Sezione Lavoro con la sentenza del 2021.

Sull’utilizzabilità in giudizio di documenti ottenuti in violazione della “privacy”

sitzia, a.
2024

Abstract

A distanza di un paio d’anni dalla sentenza n. 25732 del 2021, la Sezione Lavoro torna sulla questione delle indagini difensive. Una parte della sentenza si pone in continuità con il precedente del 2021, nel ribadire e specificare ulteriormente in che cosa consista il requisito del “fondato sospetto”, neces- sario per potersi ammettere la legittimità dei controlli difensivi occulti in relazione agli artt. 2, 3 e 4 Stat. lav. Per il resto, la seconda parte della sentenza, si focalizza sull’applicazione dell’art. 11, D.Lgs. n. 196/ 2003 (nel testo vigente prima delle modifiche introdotte nel 2018) in relazione al problema della “utilizzabilità” in giudizio dei dati raccolti dall’investigatore privato, affermando un principio di diritto estremamente formalistico e rigido, a mente del quale la violazione di una regola prevista da un codice deontologico rende i dati inutilizzabili. Nello specifico la violazione accertata riguarda la mancata indicazione del nominativo degli investigatori privati esterni alla agenzia di investigazioni specifica- mente incaricata nel mandato investigativo. Pare a chi scrive che la motivazione della sentenza presenti diversi profili di manchevolezza e che si ponga in contraddizione con l’orientamento inaugurato dalla Sezione Lavoro con la sentenza del 2021.
2024
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