L’attuale politica volta alla sostenibilità ambientale e all’economia circolare richiede sempre più una diminuzione nell’uso di materiali vergini anche nella costruzione di infrastrutture viarie. Da molti anni, i Ricercatori si dedicano allo studio di materiali di riciclo e al loro reimpiego nel campo delle pavimentazioni stradali per motivazioni economiche (minor costo del materiale di riciclo rispetto a quello vergine) e ambientali (riduzione del consumo di risorse naturali e del conferimento a discarica dei materiali di scarto) [1 e 2]. Tuttavia, le esigenze manutentive e di ripristino delle infrastrutture stradali comportano un continuo aumento delle operazioni di fresatura delle vecchie pavimentazioni e, di conseguenza, una produzione di materiale di scarto, ovvero del conglomerato bituminoso di recupero anche noto come “fresato d’asfalto” o “granulato di conglomerato bituminoso”. Le attuali Normative sul riciclaggio a caldo (in sito o in impianto) prevedono il riutilizzo di una limitata percentuale (non più del 40%, in funzione dello strato e della tipologia di infrastruttura interessata) del fresato prodotto. Data la difficoltà nello stoccaggio, le necessità di evitare lo smaltimento in apposite discariche e la costante crescita dei quantitativi di fresato, si rende necessario massimizzare il riciclo di tale materia secondaria, cercando di ridurre al minimo i problemi legati alla produzione e alle prestazioni di conglomerati bituminosi contenenti alti quantitativi di fresato. Alcuni autori hanno dimostrato che è possibile ottenere da parte di un conglomerato bituminoso con alti quantitativi di fresato (percentuali superiori al 50%) prestazioni simili ad un conglomerato prodotto con materiali vergini [3, 4 e 5]. Se da un lato si sta spingendo in questa direzione, dall’altro ci sono delle limitazioni ad un elevato contenuto di fresato nella miscela dovuto a: eterogeneità del materiale, proprietà del legante invecchiato presente nel fresato e proprietà dell'aggregato contenuto nel fresato [6, 7 e 8]. Conseguentemente le ricerche sono prevalentemente indirizzate allo sviluppo di efficaci tecnologie capaci di ripristinare le originali proprietà chimico-fisiche del bitume contenuto nel fresato, progressivamente variate a causa del processo di invecchiamento, tramite diversi tipi di additivi [9, 10 e 11]. Questo articolo illustra uno studio sperimentale svolto nel laboratorio del Dipartimento ICEA dell’Università di Padova con lo scopo di verificare la fattibilità del riciclaggio a caldo di elevate quantità di fresato (percentuali superiori al 50% in peso sulla miscela) nei conglomerati bituminosi.
Il riciclaggio a caldo di alti quantitativi di fresato nei conglomerati bituminosi
Marco Pasetto
;Emiliano Pasquini;Giovanni Giacomello;Andrea Baliello
2023
Abstract
L’attuale politica volta alla sostenibilità ambientale e all’economia circolare richiede sempre più una diminuzione nell’uso di materiali vergini anche nella costruzione di infrastrutture viarie. Da molti anni, i Ricercatori si dedicano allo studio di materiali di riciclo e al loro reimpiego nel campo delle pavimentazioni stradali per motivazioni economiche (minor costo del materiale di riciclo rispetto a quello vergine) e ambientali (riduzione del consumo di risorse naturali e del conferimento a discarica dei materiali di scarto) [1 e 2]. Tuttavia, le esigenze manutentive e di ripristino delle infrastrutture stradali comportano un continuo aumento delle operazioni di fresatura delle vecchie pavimentazioni e, di conseguenza, una produzione di materiale di scarto, ovvero del conglomerato bituminoso di recupero anche noto come “fresato d’asfalto” o “granulato di conglomerato bituminoso”. Le attuali Normative sul riciclaggio a caldo (in sito o in impianto) prevedono il riutilizzo di una limitata percentuale (non più del 40%, in funzione dello strato e della tipologia di infrastruttura interessata) del fresato prodotto. Data la difficoltà nello stoccaggio, le necessità di evitare lo smaltimento in apposite discariche e la costante crescita dei quantitativi di fresato, si rende necessario massimizzare il riciclo di tale materia secondaria, cercando di ridurre al minimo i problemi legati alla produzione e alle prestazioni di conglomerati bituminosi contenenti alti quantitativi di fresato. Alcuni autori hanno dimostrato che è possibile ottenere da parte di un conglomerato bituminoso con alti quantitativi di fresato (percentuali superiori al 50%) prestazioni simili ad un conglomerato prodotto con materiali vergini [3, 4 e 5]. Se da un lato si sta spingendo in questa direzione, dall’altro ci sono delle limitazioni ad un elevato contenuto di fresato nella miscela dovuto a: eterogeneità del materiale, proprietà del legante invecchiato presente nel fresato e proprietà dell'aggregato contenuto nel fresato [6, 7 e 8]. Conseguentemente le ricerche sono prevalentemente indirizzate allo sviluppo di efficaci tecnologie capaci di ripristinare le originali proprietà chimico-fisiche del bitume contenuto nel fresato, progressivamente variate a causa del processo di invecchiamento, tramite diversi tipi di additivi [9, 10 e 11]. Questo articolo illustra uno studio sperimentale svolto nel laboratorio del Dipartimento ICEA dell’Università di Padova con lo scopo di verificare la fattibilità del riciclaggio a caldo di elevate quantità di fresato (percentuali superiori al 50% in peso sulla miscela) nei conglomerati bituminosi.Pubblicazioni consigliate
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