The feeling of generating and controlling external effects through our own actions is known as Sense of Agency (SoAg). When we act we are generally in control of what we are doing and, therefore, we are aware and responsible for both our actions and their consequences. For many years, researchers have tried to identify appropriate measures to study the SoAg. It has often been investigated using explicit tasks in which participants verbally reported if they felt they were the authors of a certain effect. However, in our everyday life, we experience a continuous flow of actions and their effects, and we do know that we are the authors of an action without interrogating ourselves about it or constantly making explicit judgments. Therefore, the use of implicit measures seems to better reflect the complex agency dimension. A very famous and reliable implicit measure is represented by Intentional Binding (IB). This effect occurs when a temporal compression between a voluntary action and its sensory consequence is observed (i.e., actions are perceived as occurring later than they really do, while the sensory effect is perceived as occurring earlier). The effect is limited to voluntary actions; in fact, IB is absent or reduced for situations in which the action is not driven by volition (e.g., passively-induced movement). Since its discovery, IB has been considered a valid quantitative index of SoAg and has been applied to study agency, both in healthy individuals and in clinical populations. In the light of this implicit measure, the aim of the research presented here was to examine the SoAg from different perspectives, in order to provide new penetrating insights to comprehend this phenomenon. After the implementation of a new paradigm to measure IB (Study I), four main intriguing facets have been explored. In Study II, the main focus was to investigate the development and the evolution of the SoAg across the lifespan. Results indicated that SoAg follows a U-inverted shape, with children and elderly showing a reduced SoAg as compared to adult participants. Subsequently, the neural underpinnings of SoAg have been investigated (Study III), uncovering the important contribution of the pre-supplementary motor area (pre-SMA) in the perceived action-effect linkage. In Study IV the multisensory nature of the SoAg was explored, highlighting its supramodal nature and demonstrating how SoAg is governed by the same rules at the root of the multisensory integration. After having shed light on these different aspects in healthy populations, the last experiment (Study V) investigated the SoAg in the clinical domain, specifically referring to Parkinson Disease (PD) as a target pathology because of its characteristic difficulty in planning and initiating voluntary actions. Findings showed a reduced SoAg in this clinical population. The results obtained from all the experiments included in the present thesis have been discussed in light of current theories of SoAg.
Nella vita di tutti i giorni, mediante le nostre azioni, contribuiamo a indirizzare l’esito del nostro comportamento. In quanto agenti decidiamo quali azioni mettere in atto, valutando e giudicando nel contempo l’impatto e le possibili conseguenze che esse avranno sul mondo esterno e sulle persone che ci circondano. Tale capacità di giudizio e di valutazione delle conseguenze delle proprie azioni viene definita in letteratura come agentività (o Sense of Agency: SoAg), caratteristica essenziale della natura umana. Ad oggi, il modello sperimentale dominante per lo studio del SoAg è basato su paradigmi di tipo esplicito, chiedendo ai partecipanti di giudicare se un determinato evento sensoriale è causato dalla loro propria azione o dall’azione di un altro agente. Tuttavia, nonostante questi paradigmi siano stati molto utilizzati in letteratura, essi sono stati criticati in quanto non sembrano catturare l’esperienza implicita di agency che accompagna le nostre azioni quotidiane. Le esperienze quotidiane di agency infatti non coinvolgono necessariamente giudizi espliciti. Frequentemente si compiono azioni intenzionali in maniera quasi automatica, senza dover necessariamente pensare al fatto che ‘io’ sono stato l’autore di una determinata azione; basti pensare all’azione di prendere un bicchiere d’acqua quando abbiamo sete o di guidare. In questi casi si ha SoAg anche senza fornire alcun tipo di giudizio esplicito. Le misure implicite forniscono dunque un modo alternativo e migliore per esplorare e quantificare la vera natura del SoAg. Ad oggi, una delle più famose e utilizzate è l’Intentional Binding (IB), ovvero la compressione dell’intervallo temporale che si instaura tra un’azione volontaria e l’effetto sensoriale prodotto. Nella presente tesi si è deciso di utilizzare l’IB come misura implicita in quanto fenomeno molto robusto e replicato da molti studi. Traendo vantaggio da questo tipo di paradigma, il presente lavoro di ricerca ha avuto l’obiettivo di contribuire alla comprensione di alcuni meccanismi neuro-cognitivi sottostanti il SoAg. Dopo l’implementazione di un nuovo paradigma per la misurazione dell’IB (Studio I), sono stati presi in esame quattro differenti aspetti. Nello Studio II si è cercato di comprendere come il SoAg si sviluppi e si modifichi nell’arco di vita. I risultati hanno mostrato come il SoAg sembri seguire una traiettoria di sviluppo, venendo acquisito gradualmente nel corso dell’ontogenesi e ‘decrementando’ in età più avanzata. Successivamente, lo Studio III si è focalizzato sul tentativo di identificare le basi neurali di tale fenomeno, evidenziando un contributo cruciale dell’area pre-supplementare motoria. Nello Studio IV è stato fornito un contributo rilevante alla comprensione della natura multisensoriale del SoAg, corroborando le attuali evidenze scientifiche che suggeriscono come il SoAg sembri essere governato dalle stesse regole che stanno alla base dell’integrazione multisensoriale. Infine, nello Studio V, l’attenzione è stata rivolta all’ambito clinico, considerando un gruppo di pazienti con malattia di Parkinson, caratterizzata da un disturbo nella pianificazione e nel controllo delle azioni volontarie. Questi pazienti hanno presentato un SoAg significativamente ridotto rispetto ai controlli sani. I risultati ottenuti dagli esperimenti descritti in questa tesi sono stati discussi alla luce delle attuali teorie proposte per lo studio del SoAg.
SENSE OF AGENCY AND INTENTIONAL BINDING: How does the brain link voluntary actions with their consequences? / Cavazzana, Annachiara. - (2016 Jan 31).
SENSE OF AGENCY AND INTENTIONAL BINDING: How does the brain link voluntary actions with their consequences?
Cavazzana, Annachiara
2016
Abstract
Nella vita di tutti i giorni, mediante le nostre azioni, contribuiamo a indirizzare l’esito del nostro comportamento. In quanto agenti decidiamo quali azioni mettere in atto, valutando e giudicando nel contempo l’impatto e le possibili conseguenze che esse avranno sul mondo esterno e sulle persone che ci circondano. Tale capacità di giudizio e di valutazione delle conseguenze delle proprie azioni viene definita in letteratura come agentività (o Sense of Agency: SoAg), caratteristica essenziale della natura umana. Ad oggi, il modello sperimentale dominante per lo studio del SoAg è basato su paradigmi di tipo esplicito, chiedendo ai partecipanti di giudicare se un determinato evento sensoriale è causato dalla loro propria azione o dall’azione di un altro agente. Tuttavia, nonostante questi paradigmi siano stati molto utilizzati in letteratura, essi sono stati criticati in quanto non sembrano catturare l’esperienza implicita di agency che accompagna le nostre azioni quotidiane. Le esperienze quotidiane di agency infatti non coinvolgono necessariamente giudizi espliciti. Frequentemente si compiono azioni intenzionali in maniera quasi automatica, senza dover necessariamente pensare al fatto che ‘io’ sono stato l’autore di una determinata azione; basti pensare all’azione di prendere un bicchiere d’acqua quando abbiamo sete o di guidare. In questi casi si ha SoAg anche senza fornire alcun tipo di giudizio esplicito. Le misure implicite forniscono dunque un modo alternativo e migliore per esplorare e quantificare la vera natura del SoAg. Ad oggi, una delle più famose e utilizzate è l’Intentional Binding (IB), ovvero la compressione dell’intervallo temporale che si instaura tra un’azione volontaria e l’effetto sensoriale prodotto. Nella presente tesi si è deciso di utilizzare l’IB come misura implicita in quanto fenomeno molto robusto e replicato da molti studi. Traendo vantaggio da questo tipo di paradigma, il presente lavoro di ricerca ha avuto l’obiettivo di contribuire alla comprensione di alcuni meccanismi neuro-cognitivi sottostanti il SoAg. Dopo l’implementazione di un nuovo paradigma per la misurazione dell’IB (Studio I), sono stati presi in esame quattro differenti aspetti. Nello Studio II si è cercato di comprendere come il SoAg si sviluppi e si modifichi nell’arco di vita. I risultati hanno mostrato come il SoAg sembri seguire una traiettoria di sviluppo, venendo acquisito gradualmente nel corso dell’ontogenesi e ‘decrementando’ in età più avanzata. Successivamente, lo Studio III si è focalizzato sul tentativo di identificare le basi neurali di tale fenomeno, evidenziando un contributo cruciale dell’area pre-supplementare motoria. Nello Studio IV è stato fornito un contributo rilevante alla comprensione della natura multisensoriale del SoAg, corroborando le attuali evidenze scientifiche che suggeriscono come il SoAg sembri essere governato dalle stesse regole che stanno alla base dell’integrazione multisensoriale. Infine, nello Studio V, l’attenzione è stata rivolta all’ambito clinico, considerando un gruppo di pazienti con malattia di Parkinson, caratterizzata da un disturbo nella pianificazione e nel controllo delle azioni volontarie. Questi pazienti hanno presentato un SoAg significativamente ridotto rispetto ai controlli sani. I risultati ottenuti dagli esperimenti descritti in questa tesi sono stati discussi alla luce delle attuali teorie proposte per lo studio del SoAg.File | Dimensione | Formato | |
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