The concept of resilience as "a relative good outcome despite the experience of situations that have been shown to carry a major risk for the development of psychopathology” (Rutter, 2000), is currently significant regarding children living in vulnerable families, or children who suffered the trauma of being removed from their families for a defined period of life (foster care or residential care) or definitively (adoption). Understanding protective factors is of utmost importance for educators and social workers, whose professional goal is supporting and fostering identity development and construction processes within different contexts of education: parents within family, teachers in schools and social workers in the local community. Adopting the less common perspective of “learning from the Holocaust” and not the most ordinary of “studying and teaching the Holocaust”, the analysis of life stories of resilient Holocaust child survivors (aspects of life before and after Holocaust such as parental style, social networks, peer relationship, community, school, formal-informal help, ecological system) can become a very favourable research context to enhance educational knowledge on constitutional process of human development. The project aimed to longitudinally study life trajectory of Holocaust child survivors (particularly Hidden Children) in order to learn from them and to identify protective factors that enabled them to develop and grow and that can be used by social care practitioners working with vulnerable children and families, in order to foster similar resilience responses among children currently in out-of home-care, The hypotheses guiding the project claimed that: - social work establishment can learn valuable lessons from life stories of hidden child survivors of the Holocaust who developed resilience; - understanding of protective factors in human development can be improved through the long term analysis of life stories of resilient individuals and can allow us to grasp the knowledge of those elements that can foster resilience in children in out-of-home care; - there are aspects (axiological, behavioral, relational, cognitive, social, affective) belonging to Jewish culture, that could contribute to foster the survivors’ ability to arise, rebuild their lives and resist traumatic events; - there are some links between the experiences of hidden child survivors and children nowadays out of home - although we are aware of the singularity of the different experiences. Since we were interested on subjective perspective of individual and her or his subjective truth the research has been carried out along the lines of qualitative approach and particularly on narrative research with Holocaust survivors. Research results do not aim to be generalized in a statistical way, on the contrary, they will be used to enhance social work knowledge by in-depth meeting with individuals’ biographies. The units of study consisted in textual narrative material collected through 19 semi-structured in depth interviews with resilient survivors – mostly hidden children, 1 child refugee and 3 child deportees (collected at the United States Holocaust Memorial Museum, Washington D.C., Yad Vashem, Jerusalem, and in Italy) and 2 published biographies. The interviews lasted 1 hour and a half on average and transcription is about 10 single spaced sheets each interview. Textual data collected have been codified analyzed through handmade and software (Atlas.ti, www.atlasti.com) content analysis. The results give interesting reflection on social work with children out-of-home, particularly about the topic of multiple belonging and attachments, and the issue of helping child to integrate his/her different identities into a single unique story.
Nell’ultimo decennio, la ricerca educativa ha riconosciuto grande valore alla prospettiva della resilienza intesa come capacità di riprendere uno sviluppo di vita positivo a seguito dell'aver vissuto un evento traumatico che avrebbe potuto portare ad esiti negativi. Conoscere i fattori protettivi sembra essere molto importante per chi si occupa di processi educativi con l’obiettivo di sostenere e promuovere i processi di costruzione e sviluppo dell’identità, all’interno dei diversi contesti: famiglia, scuola, servizi, comunità locali. La resilienza sembra rivestire, oggi, particolare rilevanza nei confronti di quei bambini che vivono in una famiglia vulnerabile, o che hanno subito il trauma dell’allontanamento dalla famiglia di origine, temporaneo (affido in famiglia o in comunità) o definitivo (iter adottivo). Gli operatori che hanno inserito questo concetto all’interno della propria pratica, si interrogano, inoltre, sulla possibilità di valutare i processi resilienti e sugli strumenti utilizzabili per tale scopo. Studiando l’esperienza traumatica vissuta dai bambini durante la Shoah nella II Guerra Mondiale, abbiamo ipotizzato la presenza di alcune affinità tra l’esperienza di questi bambini, soprattutto i cosiddetti “bambini nascosti” e i bambini emigrati, e quella dei bambini attualmente allontanati dalla famiglia d’origine. Se da una parte siamo consapevoli che tale esperienze sono profondamente diverse, dall’altra riteniamo sia possibile imparare dalle storie di vita dei bambini sopravvissuti per aiutare i bambini oggi. L’obiettivo della nostra indagine è stato pertanto quello di effettuare l’analisi longitudinale di alcune storie di vita di bambini sopravvissuti alla Shoah per conoscere i fattori protettivi che hanno loro permesso di sviluppare resilienza, al fine di acquisire elementi utili alla promozione di positivi processi resilienti anche nei bambini che oggi vengono allontanati dalle loro famiglie d’origine. Le ipotesi iniziali consistevano nel ritenere che: - sia possibile incrementare la comprensione dei F.P. dello sviluppo umano attraverso l’analisi di biografie di persone resilienti, per acquisire elementi utili alla promozione della resilienza nelle situazioni di allontanamento dalla famiglia d’origine; - l’educazione possa imparare dalle storie di vita dei sopravvissuti resilienti; - esistano aspetti (assiologici, comportamentali, relazionali, cognitivi, sociali, affettivi) appartenenti alla cultura ebraica che contribuiscono alla capacità dei sopravvissuti di sviluppare resilienza; - esistano delle affinità tra le esperienze di separazione vissute dai bambini sopravvissuti e quelle dei bambini allontanati oggi dalla loro famiglia d'origine. Dal momento che eravamo interessati alla prospettiva soggettiva delle persone rispetto alla propria storia, la ricerca è stata condotta utilizzando un approccio narrativo biografico. Le unità di studio sono consistite nel materiale testuale relativo alle traiettorie biografiche di un gruppo di bambini sopravvissuti che hanno sviluppato resilienza raccolto attraverso 19 interviste semi-strutturate a bambini sopravvissuti, soprattutto bambini nascosti, 3 deportati, 1 rifugiato (raccolte presso United States Holocaust Memorial Museum, Washington D.C., Yad Vashem, Jerusalem, e in Italia) e 2 autobiografie pubblicate. Le interviste sono durate in media 1.30 h. Il centenuto del materiale testuale raccolto è stato codificato e analizzato attraverso il software Atlas.ti. I risultati non sono certamente generalizzabili, tuttavia sembrano portare un contributo riflessivo interessante riguardo al lavoro con i minori separati attualmente dalla loro famiglia d'origine, soprattutto in riferimento alla possibilità di mantenere appartenenze multiple e aiutare i bambini a integrare le identità plurali che emergono da esse, in modo unitario all'interno della propria storia.
Traiettorie biografiche di piccole stelle. Una ricerca su resilienza ed educazione a partire da 21 storie di bambini nascosti durante la Shoah / Ius, Marco. - (2009).
Traiettorie biografiche di piccole stelle. Una ricerca su resilienza ed educazione a partire da 21 storie di bambini nascosti durante la Shoah
Ius, Marco
2009
Abstract
Nell’ultimo decennio, la ricerca educativa ha riconosciuto grande valore alla prospettiva della resilienza intesa come capacità di riprendere uno sviluppo di vita positivo a seguito dell'aver vissuto un evento traumatico che avrebbe potuto portare ad esiti negativi. Conoscere i fattori protettivi sembra essere molto importante per chi si occupa di processi educativi con l’obiettivo di sostenere e promuovere i processi di costruzione e sviluppo dell’identità, all’interno dei diversi contesti: famiglia, scuola, servizi, comunità locali. La resilienza sembra rivestire, oggi, particolare rilevanza nei confronti di quei bambini che vivono in una famiglia vulnerabile, o che hanno subito il trauma dell’allontanamento dalla famiglia di origine, temporaneo (affido in famiglia o in comunità) o definitivo (iter adottivo). Gli operatori che hanno inserito questo concetto all’interno della propria pratica, si interrogano, inoltre, sulla possibilità di valutare i processi resilienti e sugli strumenti utilizzabili per tale scopo. Studiando l’esperienza traumatica vissuta dai bambini durante la Shoah nella II Guerra Mondiale, abbiamo ipotizzato la presenza di alcune affinità tra l’esperienza di questi bambini, soprattutto i cosiddetti “bambini nascosti” e i bambini emigrati, e quella dei bambini attualmente allontanati dalla famiglia d’origine. Se da una parte siamo consapevoli che tale esperienze sono profondamente diverse, dall’altra riteniamo sia possibile imparare dalle storie di vita dei bambini sopravvissuti per aiutare i bambini oggi. L’obiettivo della nostra indagine è stato pertanto quello di effettuare l’analisi longitudinale di alcune storie di vita di bambini sopravvissuti alla Shoah per conoscere i fattori protettivi che hanno loro permesso di sviluppare resilienza, al fine di acquisire elementi utili alla promozione di positivi processi resilienti anche nei bambini che oggi vengono allontanati dalle loro famiglie d’origine. Le ipotesi iniziali consistevano nel ritenere che: - sia possibile incrementare la comprensione dei F.P. dello sviluppo umano attraverso l’analisi di biografie di persone resilienti, per acquisire elementi utili alla promozione della resilienza nelle situazioni di allontanamento dalla famiglia d’origine; - l’educazione possa imparare dalle storie di vita dei sopravvissuti resilienti; - esistano aspetti (assiologici, comportamentali, relazionali, cognitivi, sociali, affettivi) appartenenti alla cultura ebraica che contribuiscono alla capacità dei sopravvissuti di sviluppare resilienza; - esistano delle affinità tra le esperienze di separazione vissute dai bambini sopravvissuti e quelle dei bambini allontanati oggi dalla loro famiglia d'origine. Dal momento che eravamo interessati alla prospettiva soggettiva delle persone rispetto alla propria storia, la ricerca è stata condotta utilizzando un approccio narrativo biografico. Le unità di studio sono consistite nel materiale testuale relativo alle traiettorie biografiche di un gruppo di bambini sopravvissuti che hanno sviluppato resilienza raccolto attraverso 19 interviste semi-strutturate a bambini sopravvissuti, soprattutto bambini nascosti, 3 deportati, 1 rifugiato (raccolte presso United States Holocaust Memorial Museum, Washington D.C., Yad Vashem, Jerusalem, e in Italia) e 2 autobiografie pubblicate. Le interviste sono durate in media 1.30 h. Il centenuto del materiale testuale raccolto è stato codificato e analizzato attraverso il software Atlas.ti. I risultati non sono certamente generalizzabili, tuttavia sembrano portare un contributo riflessivo interessante riguardo al lavoro con i minori separati attualmente dalla loro famiglia d'origine, soprattutto in riferimento alla possibilità di mantenere appartenenze multiple e aiutare i bambini a integrare le identità plurali che emergono da esse, in modo unitario all'interno della propria storia.File | Dimensione | Formato | |
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