The aim of this research is to investigate gender relationships from the perspective of the migration experience of those women coming from Central and South America countries and currently living in the North-East of Italy. The research takes into considerations two aspects: gender violence against women, as it is recognized by the interviewees, and the struggle for recognition in the everyday life, with the partner, within the family context, at work. Both aspects are linked to the migration experience and the organization of everyday life in Italy. Symbolic violence (Bourdieu, 1998) is adopted as interpretive approach while intersectionality – among gender, class, race, … - (Crenshaw, 1991, Mason, 2002) as analytic perspective. The research analyses the condition through which the women who have been interviewed recognize themselves as “subject”, “subject in the world” and “citizens”, including their “successes” and “failures”. Recognition is here understood as the unveiling of gender violence as well as the exchanging process between self-reflecting and the inter-subjective dynamics concerning the different aspects of life. Such double perspective is highly needed for the reconstruction of the trajectories through which the “identities” are built within the set of social practices (Boschetti, 1988). Symbolic violence is here used as the construct needed to identify the practices and contents of violence. It is framed in a symbolic and cultural organization which is taken for granted. In such organization there are hierarchies and asymmetries between men and women which seem naturalized, invisible and thus legitimate. The research focuses on the “normality” of relations of everyday life. It is based on the analysis of biographic interviews that have been collected mainly as life stories (Bichi, 2004) and through the participating observation (Clifford and Marcus, 1986) of everyday life relations in family contexts and during parties. Seventy-one ethnographic meetings, which actively involved thirty-six women, have been held at the interviewees' homes and in public spaces (bar, associations' centres, Department of Sociology) in different cities and towns in Veneto. None of the interviewees was chosen because of the researcher knew they had experienced specific forms of violence. The research adopts gender as constitutive element of social relationship of power (Scott, 1986) which is essential in analysing male domination. However, gender is here coupled with other social constructions (class, “race”) in order to understand further “what difference does make difference” (Crenshaw, 1991) also taking into consideration those spaces of agency and negotiations situated in the field of gender relations. After their arrival in Italy, interviewees’ positionings in the field of gender relations might change. In some cases, asymmetry between men and women does decrease, while in others gender roles get "re-traditionalized". The analysis highlights the influence of the processes of "racialization" (Balbo, 2006) and “social devaluation” (Sayad, 2002) experienced by women in the destination contexts. In particular, interviewees seem to suffer a process of hyper-sexualization due to their geographic origin, even in absence of culturally well-defined body habitus. This hyper-sexualization does seem to produce a qualitative transformation of violence: namely, the incorporation of hierarchical social constructions of difference based on the facts that the interviewees are women, migrants and “latinas”. In Italy, some women are able to build those conditions needed to overcome violence whereas others become more vulnerable both in the context of couple and professional relationships. The research sheds light on some of the conditions that might influence such women’ social trajectories: differences seem to be influenced by their positive or negative experiences of recognition during previous relationships, by the interviewees' and their groups' patterns of gender relations and femininity, by the expansion or reduction of their social networks in the new place of residence; but also by their legal or illegal administrative status, by their capability to use public or social private services, by the success or failure of professional projects as well as by the dependence or autonomy, even material, from their partners. More specifically the self-reflecting process about their relations seems be decisive. The research has also focused on the patterns of femininity and love which the interviewees refer to and perform in everyday life, through habitus. All these representations have been analysed primarily within the context of couples in order to find out the conditions that allow women to experience a violence-free life. These conditions seem to be based on the construction of a mutual autonomy (material, social symbolic and cultural as well), which set both partners free to redefine or end their relationship. Last but not least, the research also took into consideration the patterns of family reunification in Italy as a set of positive practices of recognition for these women as “women and citizens”.

Questa ricerca indaga i rapporti di genere a partire dall’esperienza migratoria di donne nate e cresciute in Paesi del Centro e Sud America e trasferitesi in Veneto. Le dimensioni considerate riguardano la violenza contro le donne, così come viene riconosciuta dalle intervistate, e le tensioni di riconoscimento legate alle esperienze di vita, di lavoro, familiari e di coppia, collegate sia alla migrazione che all’organizzazione della vita quotidiana in Italia. Usando la violenza simbolica (Bourdieu, 1998) come approccio interpretativo e l’intersezionalità – tra genere, classe, race, etc.- come sguardo analitico (Crenshaw, 1991, Mason, 2002), la ricerca analizza le condizioni attraverso cui le donne intervistate si riconoscono come “soggetti”, “soggetti nel mondo” e “cittadine”, con i “successi” e “fallimenti” relativi. Il riconoscimento è inteso come svelamento a se stesse della violenza di genere, ma anche come processo dialogico tra la dinamica autoriflessiva e quella intersoggettiva rispetto a diversi ambiti di vita (Honneth, 2002). Questa duplice prospettiva viene qui considerata indispensabile per la costruzione delle traiettorie in cui le “identità” sono generate nella pratica sociale (Boschetti, 1988). La violenza simbolica è intesa come un costrutto utile a identificare pratiche e significati delle violenze. Si situa in un orizzonte simbolico e culturale strutturato e dato per scontato, in cui sono costruite gerarchie e asimmetrie tra donne e uomini che appaiono naturalizzate, invisibili, legittimate. Il focus della ricerca, dunque, è sulla “normalità” delle relazioni e dei processi della vita quotidiana. La ricerca si basa sull’analisi di interviste biografiche, raccolte prevalentemente sotto forma di racconti di vita (Bichi 2004) e sull’osservazione partecipante (Clifford e Marcus, 1986) di relazioni della vita quotidiana in famiglia e durante feste. Principalmente in casa, ma anche in luoghi pubblici (bar, sedi di associazioni, il Dipartimento di Sociologia) si sono realizzati 71 incontri etnografici che hanno coinvolto attivamente 36 donne residenti in varie località del Veneto. Nessuna delle intervistate è stata scelta sapendo che era o era stata vittima di violenze specifiche. Il genere quale elemento costitutivo di relazione di potere (Scott, 1986) viene assunto come costrutto decisivo per l’analisi del domino maschile, e viene affiancato ad altri costrutti (p.e. classe e race) per approfondire “quale differenza faccia la differenza” (Crenshaw, 1991) considerando anche gli spazi d’agency e di negoziazione presenti nel campo dei rapporti di genere. Dopo l’arrivo in Italia i posizionamenti delle intervistate nel campo dei rapporti e delle relazioni di genere possono mutare. In alcuni casi l’asimmetria tra donne e uomini si riduce mentre in altri i ruoli di genere sembrano essere “ri-tradizionalizzati”. L’analisi mette in evidenza l’influenza dei processi di razzializzazione (Balbo 2006) e di svalutazione sociale (Sayad, 2002) che le donne subiscono nei contesti d’arrivo. In particolare, il processo di iper-sessualizzazione subito dalle intervistate a partire dalla loro provenienza geografica, anche in assenza di habitus corporei molto definiti, sembra produrre una trasformazione qualitativa della violenza a partire dall’incorporazione di costrutti gerarchici di differenza riconducibili al fatto che siano donne, migranti e “latine”. In Italia alcune donne riescono a costruire le condizioni per superare la violenza, altre invece diventano più vulnerabili sia nell’ambito delle relazioni di coppia sia in quello professionale. I risultati della ricerca individuano alcune condizioni che sembrano incidere sui loro percorsi. Le differenze dipenderebbero dai riconoscimenti positivi o negativi nelle relazioni precedenti, dai modelli di genere cui l’intervistata e la sua rete sociale si riferiscono, dall’allargamento o dalla riduzione delle proprie reti sociali, dalla condizione di regolarità o irregolarità amministrativa, dalla capacità e dalla possibilità di utilizzare i servizi pubblici o del privato sociale, dal successo o meno di un progetto professionale, dalla dipendenza o dall’autonomia, anche materiale, dal partner. Per tutte è rilevante il percorso riflessivo sulle proprie relazioni. L’analisi si è focalizzata anche sui modelli di femminilità e di amore cui le donne si riferiscono e che agiscono, attraverso habitus e disposizioni, nelle relazioni della vita quotidiana. Queste rappresentazioni sono state analizzate a partire da relazioni di coppia per individuare le condizioni in cui sia possibile condurre una vita libera da violenza. Tali condizioni sembrano risiedere nella costruzione di un’autonomia reciproca (materiale, sociale, simbolica e culturale) che rende entrambi i partner liberi di ridefinire o interrompere la relazione. Infine, si sono approfonditi i percorsi di ricongiungimento dei figli in Italia quali pratica positiva di riconoscimento come “donne e cittadine”, capaci di riprendere una biografia sospesa.

Le condizioni del riconoscimento. Violenza sulle donne, migrazioni, cittadinanza / Toffanin, Angela Maria. - (2013 Jul 31).

Le condizioni del riconoscimento. Violenza sulle donne, migrazioni, cittadinanza

Toffanin, Angela Maria
2013

Abstract

Questa ricerca indaga i rapporti di genere a partire dall’esperienza migratoria di donne nate e cresciute in Paesi del Centro e Sud America e trasferitesi in Veneto. Le dimensioni considerate riguardano la violenza contro le donne, così come viene riconosciuta dalle intervistate, e le tensioni di riconoscimento legate alle esperienze di vita, di lavoro, familiari e di coppia, collegate sia alla migrazione che all’organizzazione della vita quotidiana in Italia. Usando la violenza simbolica (Bourdieu, 1998) come approccio interpretativo e l’intersezionalità – tra genere, classe, race, etc.- come sguardo analitico (Crenshaw, 1991, Mason, 2002), la ricerca analizza le condizioni attraverso cui le donne intervistate si riconoscono come “soggetti”, “soggetti nel mondo” e “cittadine”, con i “successi” e “fallimenti” relativi. Il riconoscimento è inteso come svelamento a se stesse della violenza di genere, ma anche come processo dialogico tra la dinamica autoriflessiva e quella intersoggettiva rispetto a diversi ambiti di vita (Honneth, 2002). Questa duplice prospettiva viene qui considerata indispensabile per la costruzione delle traiettorie in cui le “identità” sono generate nella pratica sociale (Boschetti, 1988). La violenza simbolica è intesa come un costrutto utile a identificare pratiche e significati delle violenze. Si situa in un orizzonte simbolico e culturale strutturato e dato per scontato, in cui sono costruite gerarchie e asimmetrie tra donne e uomini che appaiono naturalizzate, invisibili, legittimate. Il focus della ricerca, dunque, è sulla “normalità” delle relazioni e dei processi della vita quotidiana. La ricerca si basa sull’analisi di interviste biografiche, raccolte prevalentemente sotto forma di racconti di vita (Bichi 2004) e sull’osservazione partecipante (Clifford e Marcus, 1986) di relazioni della vita quotidiana in famiglia e durante feste. Principalmente in casa, ma anche in luoghi pubblici (bar, sedi di associazioni, il Dipartimento di Sociologia) si sono realizzati 71 incontri etnografici che hanno coinvolto attivamente 36 donne residenti in varie località del Veneto. Nessuna delle intervistate è stata scelta sapendo che era o era stata vittima di violenze specifiche. Il genere quale elemento costitutivo di relazione di potere (Scott, 1986) viene assunto come costrutto decisivo per l’analisi del domino maschile, e viene affiancato ad altri costrutti (p.e. classe e race) per approfondire “quale differenza faccia la differenza” (Crenshaw, 1991) considerando anche gli spazi d’agency e di negoziazione presenti nel campo dei rapporti di genere. Dopo l’arrivo in Italia i posizionamenti delle intervistate nel campo dei rapporti e delle relazioni di genere possono mutare. In alcuni casi l’asimmetria tra donne e uomini si riduce mentre in altri i ruoli di genere sembrano essere “ri-tradizionalizzati”. L’analisi mette in evidenza l’influenza dei processi di razzializzazione (Balbo 2006) e di svalutazione sociale (Sayad, 2002) che le donne subiscono nei contesti d’arrivo. In particolare, il processo di iper-sessualizzazione subito dalle intervistate a partire dalla loro provenienza geografica, anche in assenza di habitus corporei molto definiti, sembra produrre una trasformazione qualitativa della violenza a partire dall’incorporazione di costrutti gerarchici di differenza riconducibili al fatto che siano donne, migranti e “latine”. In Italia alcune donne riescono a costruire le condizioni per superare la violenza, altre invece diventano più vulnerabili sia nell’ambito delle relazioni di coppia sia in quello professionale. I risultati della ricerca individuano alcune condizioni che sembrano incidere sui loro percorsi. Le differenze dipenderebbero dai riconoscimenti positivi o negativi nelle relazioni precedenti, dai modelli di genere cui l’intervistata e la sua rete sociale si riferiscono, dall’allargamento o dalla riduzione delle proprie reti sociali, dalla condizione di regolarità o irregolarità amministrativa, dalla capacità e dalla possibilità di utilizzare i servizi pubblici o del privato sociale, dal successo o meno di un progetto professionale, dalla dipendenza o dall’autonomia, anche materiale, dal partner. Per tutte è rilevante il percorso riflessivo sulle proprie relazioni. L’analisi si è focalizzata anche sui modelli di femminilità e di amore cui le donne si riferiscono e che agiscono, attraverso habitus e disposizioni, nelle relazioni della vita quotidiana. Queste rappresentazioni sono state analizzate a partire da relazioni di coppia per individuare le condizioni in cui sia possibile condurre una vita libera da violenza. Tali condizioni sembrano risiedere nella costruzione di un’autonomia reciproca (materiale, sociale, simbolica e culturale) che rende entrambi i partner liberi di ridefinire o interrompere la relazione. Infine, si sono approfonditi i percorsi di ricongiungimento dei figli in Italia quali pratica positiva di riconoscimento come “donne e cittadine”, capaci di riprendere una biografia sospesa.
31-lug-2013
The aim of this research is to investigate gender relationships from the perspective of the migration experience of those women coming from Central and South America countries and currently living in the North-East of Italy. The research takes into considerations two aspects: gender violence against women, as it is recognized by the interviewees, and the struggle for recognition in the everyday life, with the partner, within the family context, at work. Both aspects are linked to the migration experience and the organization of everyday life in Italy. Symbolic violence (Bourdieu, 1998) is adopted as interpretive approach while intersectionality – among gender, class, race, … - (Crenshaw, 1991, Mason, 2002) as analytic perspective. The research analyses the condition through which the women who have been interviewed recognize themselves as “subject”, “subject in the world” and “citizens”, including their “successes” and “failures”. Recognition is here understood as the unveiling of gender violence as well as the exchanging process between self-reflecting and the inter-subjective dynamics concerning the different aspects of life. Such double perspective is highly needed for the reconstruction of the trajectories through which the “identities” are built within the set of social practices (Boschetti, 1988). Symbolic violence is here used as the construct needed to identify the practices and contents of violence. It is framed in a symbolic and cultural organization which is taken for granted. In such organization there are hierarchies and asymmetries between men and women which seem naturalized, invisible and thus legitimate. The research focuses on the “normality” of relations of everyday life. It is based on the analysis of biographic interviews that have been collected mainly as life stories (Bichi, 2004) and through the participating observation (Clifford and Marcus, 1986) of everyday life relations in family contexts and during parties. Seventy-one ethnographic meetings, which actively involved thirty-six women, have been held at the interviewees' homes and in public spaces (bar, associations' centres, Department of Sociology) in different cities and towns in Veneto. None of the interviewees was chosen because of the researcher knew they had experienced specific forms of violence. The research adopts gender as constitutive element of social relationship of power (Scott, 1986) which is essential in analysing male domination. However, gender is here coupled with other social constructions (class, “race”) in order to understand further “what difference does make difference” (Crenshaw, 1991) also taking into consideration those spaces of agency and negotiations situated in the field of gender relations. After their arrival in Italy, interviewees’ positionings in the field of gender relations might change. In some cases, asymmetry between men and women does decrease, while in others gender roles get "re-traditionalized". The analysis highlights the influence of the processes of "racialization" (Balbo, 2006) and “social devaluation” (Sayad, 2002) experienced by women in the destination contexts. In particular, interviewees seem to suffer a process of hyper-sexualization due to their geographic origin, even in absence of culturally well-defined body habitus. This hyper-sexualization does seem to produce a qualitative transformation of violence: namely, the incorporation of hierarchical social constructions of difference based on the facts that the interviewees are women, migrants and “latinas”. In Italy, some women are able to build those conditions needed to overcome violence whereas others become more vulnerable both in the context of couple and professional relationships. The research sheds light on some of the conditions that might influence such women’ social trajectories: differences seem to be influenced by their positive or negative experiences of recognition during previous relationships, by the interviewees' and their groups' patterns of gender relations and femininity, by the expansion or reduction of their social networks in the new place of residence; but also by their legal or illegal administrative status, by their capability to use public or social private services, by the success or failure of professional projects as well as by the dependence or autonomy, even material, from their partners. More specifically the self-reflecting process about their relations seems be decisive. The research has also focused on the patterns of femininity and love which the interviewees refer to and perform in everyday life, through habitus. All these representations have been analysed primarily within the context of couples in order to find out the conditions that allow women to experience a violence-free life. These conditions seem to be based on the construction of a mutual autonomy (material, social symbolic and cultural as well), which set both partners free to redefine or end their relationship. Last but not least, the research also took into consideration the patterns of family reunification in Italy as a set of positive practices of recognition for these women as “women and citizens”.
campo dei rapporti di genere, violenze sulle donne, violenza simbolica, riconoscimento, intersezionalità, migrazioni, vita quotidiana gender relations, violence against women, symbolic violence, recognition, inteserctionality, gender migration, everyday life
Le condizioni del riconoscimento. Violenza sulle donne, migrazioni, cittadinanza / Toffanin, Angela Maria. - (2013 Jul 31).
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