Nota a Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2020, n. 12887. La Suprema Corte ribadisce l’indefettibile priorità della corretta instaurazione del contraddittorio con tutte le parti necessarie rispetto alla verifica di “inammissibilità meritale” imposta dall’art. 348 bis c.p.c., riconoscendo che il giudice di appello ha il dovere di scrutinare in via prioritaria la regolare instaurazione del contraddittorio e disporre le eventuali misure sananti. La S.C. rifiuta così di avallare la deriva che condurrebbe a trasformare il meccanismo di filtro, necessariamente collocato “ante omnia”, in una sorta di anticamera burocratica ed insensibile ai principi del giusto processo. Tuttavia, con riguardo ad ogni altra valutazione attinente alla decidibilità nel merito del gravame, la S.C. ammette che il giudice – sia pur dopo avere regolarizzato il contraddittorio – possa discrezionalmente scegliere di dismettere l’appello in quanto manifestamente infondato ai sensi dell’art. 348 bis, accantonando il vaglio della sua decidibilità nel merito e quindi, ad esempio, della sua tempestività, della carenza di interesse e legittimazione ad impugnare ovvero della sua aspecificità. La parte meno persuasiva della motivazione è infatti quella che sembra aprire all’operatività – sia pur temperata dalla esigenza di rispettare l’incomprimibile priorità dei fundamentalia iudicii – della flessibile logica del “ primato della ragione più liquida” anche nei rapporti tra valutazioni attinenti alla fondatezza e valutazioni attinenti alla (vera e propria) ammissibilità della domanda (qui, in specie, della domanda di impugnazione), giungendo a scorgere (con affermazione, ci pare, contro-intuitiva) proprio nelle tormentate disposizione istitutive del filtro la “normativizzazione” di tale principio.

Filtro in appello: integrità del contraddittorio, ordine delle questioni ed economia dei giudizi

Marcella Negri
2021

Abstract

Nota a Cass. civ., sez. III, 26 giugno 2020, n. 12887. La Suprema Corte ribadisce l’indefettibile priorità della corretta instaurazione del contraddittorio con tutte le parti necessarie rispetto alla verifica di “inammissibilità meritale” imposta dall’art. 348 bis c.p.c., riconoscendo che il giudice di appello ha il dovere di scrutinare in via prioritaria la regolare instaurazione del contraddittorio e disporre le eventuali misure sananti. La S.C. rifiuta così di avallare la deriva che condurrebbe a trasformare il meccanismo di filtro, necessariamente collocato “ante omnia”, in una sorta di anticamera burocratica ed insensibile ai principi del giusto processo. Tuttavia, con riguardo ad ogni altra valutazione attinente alla decidibilità nel merito del gravame, la S.C. ammette che il giudice – sia pur dopo avere regolarizzato il contraddittorio – possa discrezionalmente scegliere di dismettere l’appello in quanto manifestamente infondato ai sensi dell’art. 348 bis, accantonando il vaglio della sua decidibilità nel merito e quindi, ad esempio, della sua tempestività, della carenza di interesse e legittimazione ad impugnare ovvero della sua aspecificità. La parte meno persuasiva della motivazione è infatti quella che sembra aprire all’operatività – sia pur temperata dalla esigenza di rispettare l’incomprimibile priorità dei fundamentalia iudicii – della flessibile logica del “ primato della ragione più liquida” anche nei rapporti tra valutazioni attinenti alla fondatezza e valutazioni attinenti alla (vera e propria) ammissibilità della domanda (qui, in specie, della domanda di impugnazione), giungendo a scorgere (con affermazione, ci pare, contro-intuitiva) proprio nelle tormentate disposizione istitutive del filtro la “normativizzazione” di tale principio.
2021
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