CONCLUSIONI DEL LAVORO Trattandosi di note sparse le conclusioni non possono essere definitive. Quanto ho esposto, in modo finanche troppo superficiale, è suscettibile di ulteriori approfondimenti ed integrazioni, e spero che questi possano venire dal confronto con chi vorrà criticarmi o anche solo puntualizzare qualche mia incoerenza o dimenticanza. Credo che una bozza di conclusione si possa comunque estrapolare. Il sistema svizzero è congegnato in modo tale da forzare la ricerca del compromesso. Le quattro variabili che ho isolato – ma ce ne sono sicuramente altre – interagiscono fra loro spingendo nella direzione del compromesso. La fase consultiva pre-parlamentare non si spiegherebbe fuori dal contesto di un sistema di democrazia semi-diretta come quella svizzera. Le autorità consultano (e ascoltano) i cittadini perché essi hanno il potere di opporsi alle decisioni prese nel circuito della democrazia rappresentativa. I cittadini accettano poi anche le decisioni che non condividono perché sanno che non è mai detta l’ultima parola. Ha poco senso guardare agli strumenti di democrazia diretta svizzeri isolandoli dall’ambiente in cui operano, come fa, ad esempio la proposta di revisione dell’art. 71 Cost. avanzata in Italia dai deputati del M5S. Prendiamo ad esempio una delle variabili che ho isolato, quella relativa all’assenza pressoché totale di limiti posti alle decisioni che possono essere prese direttamente dai cittadini. È difficile, da una prospettiva esterna alla Svizzera, accettare l’idea di una tale estensione della democrazia diretta. Ma quale è la giusta prospettiva da assumere? Il problema è legato alle possibili derive plebiscitarie della democrazia diretta. Contestualizzare la questione significa chiedersi, ad esempio, se la previsione di limiti materiali stringenti inibisce l’uso strumentalmente politico della democrazia diretta, e quindi la possibilità di un impiego in forma plebiscitaria. Credo che la risposta sia di segno negativo. La storia recente mostra come in Italia l’istituto referendario sia usato per la ricerca del consenso politico più che come strumento partecipativo. Bisogna però anche chiedersi se l’assenza di limiti aumenti il rischio di derive plebiscitarie. Qui, a mio parere la risposta non è più negativa, anzi, è molto probabile che laddove sia possibile pronunciarsi su tutto, il rischio di utilizzi strumentali della democrazia diretta aumenti. Certo, sempre tenendo conto della complessità di ciascun contesto. Non esiste infatti un nesso di causalità diretta unico ed inequivocabile tra una sola variabile ed un effetto prodotto nel sistema. Ma la Svizzera ha qualcosa da insegnare in tema di democrazia diretta. Qualche buona pratica da tradurre in istituti o formule organizzative adeguate all’ordinamento in cui si voglia realmente rafforzare la democrazia diretta nel segno della sua complementarietà con quella rappresentativa. Credo che al proposito si possano individuare almeno tre spunti di riflessione: separazione dei poteri, concreta efficacia degli strumenti partecipativi, valore pedagogico della democrazia.
Note sparse sulla democrazia e i suoi limiti. Ovvero, del perché la Svizzera ha qualcosa da insegnare in tema di democrazia diretta
Sergio Gerotto
2019
Abstract
CONCLUSIONI DEL LAVORO Trattandosi di note sparse le conclusioni non possono essere definitive. Quanto ho esposto, in modo finanche troppo superficiale, è suscettibile di ulteriori approfondimenti ed integrazioni, e spero che questi possano venire dal confronto con chi vorrà criticarmi o anche solo puntualizzare qualche mia incoerenza o dimenticanza. Credo che una bozza di conclusione si possa comunque estrapolare. Il sistema svizzero è congegnato in modo tale da forzare la ricerca del compromesso. Le quattro variabili che ho isolato – ma ce ne sono sicuramente altre – interagiscono fra loro spingendo nella direzione del compromesso. La fase consultiva pre-parlamentare non si spiegherebbe fuori dal contesto di un sistema di democrazia semi-diretta come quella svizzera. Le autorità consultano (e ascoltano) i cittadini perché essi hanno il potere di opporsi alle decisioni prese nel circuito della democrazia rappresentativa. I cittadini accettano poi anche le decisioni che non condividono perché sanno che non è mai detta l’ultima parola. Ha poco senso guardare agli strumenti di democrazia diretta svizzeri isolandoli dall’ambiente in cui operano, come fa, ad esempio la proposta di revisione dell’art. 71 Cost. avanzata in Italia dai deputati del M5S. Prendiamo ad esempio una delle variabili che ho isolato, quella relativa all’assenza pressoché totale di limiti posti alle decisioni che possono essere prese direttamente dai cittadini. È difficile, da una prospettiva esterna alla Svizzera, accettare l’idea di una tale estensione della democrazia diretta. Ma quale è la giusta prospettiva da assumere? Il problema è legato alle possibili derive plebiscitarie della democrazia diretta. Contestualizzare la questione significa chiedersi, ad esempio, se la previsione di limiti materiali stringenti inibisce l’uso strumentalmente politico della democrazia diretta, e quindi la possibilità di un impiego in forma plebiscitaria. Credo che la risposta sia di segno negativo. La storia recente mostra come in Italia l’istituto referendario sia usato per la ricerca del consenso politico più che come strumento partecipativo. Bisogna però anche chiedersi se l’assenza di limiti aumenti il rischio di derive plebiscitarie. Qui, a mio parere la risposta non è più negativa, anzi, è molto probabile che laddove sia possibile pronunciarsi su tutto, il rischio di utilizzi strumentali della democrazia diretta aumenti. Certo, sempre tenendo conto della complessità di ciascun contesto. Non esiste infatti un nesso di causalità diretta unico ed inequivocabile tra una sola variabile ed un effetto prodotto nel sistema. Ma la Svizzera ha qualcosa da insegnare in tema di democrazia diretta. Qualche buona pratica da tradurre in istituti o formule organizzative adeguate all’ordinamento in cui si voglia realmente rafforzare la democrazia diretta nel segno della sua complementarietà con quella rappresentativa. Credo che al proposito si possano individuare almeno tre spunti di riflessione: separazione dei poteri, concreta efficacia degli strumenti partecipativi, valore pedagogico della democrazia.Pubblicazioni consigliate
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