La meraviglia o “maraviglia” che compare nel titolo ha volutamente molti significati. Forse quello colto immediatamente dal pubblico è la nostra ammirazione per l’opera di Galileo. Ma è anche la “maraviglia” che coglie Galileo e gli scienziati di fronte ai fenomeni naturali. Proprio questa capacità di meravigliarsi è per altro uno dei caratteri fondamentali dello scienziato. Come ben osserva Benedetto Castelli in una lettera a Galileo del 15 agosto del 1637: lo scienziato parte dalla maraviglia per un risultato inatteso, poi “quando, mediante il progresso demostrativo, si conclude ciò essere verissimo, non solo cessa la maraviglia nostra, ma ci sarebbe molto più maraviglioso se la verità fosse in contrario […] E in tal modo allhora pare che l'intelletto nostro si quieti, quando gionge, per dir così, ad evacuare affatto quella maraviglia che prima ci haveva ingombrata la fantasia”. Tre secoli dopo, nella sua “Autobiografia Scientifica” del 1949, Albert Einstein esprime idee molto simili a quelle di Galileo e Castelli. Secondo Einstein, lo scienziato è come un bambino che riesce a “meravigliarsi di certe esperienze in modo spontaneo”. “Questa `meraviglia’, prosegue Einstein, si manifesta quando un’esperienza entra in conflitto con un mondo di concetti già in noi sufficientemente stabile. Ogniqualvolta sperimentiamo in modo aspro e intenso un simile conflitto, il nostro mondo intellettuale reagisce in modo decisivo. Lo sviluppo di questo mondo intellettuale è in un certo senso una continua fuga dalla `meraviglia’”. In qualche modo di meraviglia parla anche Marie Curie nel 1933, al Congresso di Madrid su “L’avvenire della Cultura” organizzato da Paul Valery: “Io sono tra le persone che pensano che la scienza abbia una grande bellezza. Uno scienziato nel suo laboratorio non è solo un tecnico, è anche un bambino posto di fronte ai fenomeni naturali che lo impressionano come una fiaba”. La scienza della natura non è fatta dagli opportunisti, dai voltagabbana, da coloro che cercano il successo effimero seguendo le mode del momento, è fatta da coloro che riescono a meravigliarsi come i bambini e hanno gli strumenti per andare oltre la meraviglia. Il testo riproduce la lettera a Cristina di Lorena, moglie del Granduca di Toscana Ferdinando I, l’ultima di quattro fondamentali lettere scritte da Galileo tra il 1613 e il 1615 in difesa del sistema copernicano, una sorta di compendio e approfondimento dei principali temi affrontati nelle tre lettere precedenti. Per capirne il significato e la portata la prefazione ripercorre il contesto che motiva Galileo a scrivere queste lettere.

Prefazione [al testo della lettera di Galileo Galilei A Madama Cristina di Lorena Granduchessa di Toscana]

Giulio Peruzzi
2018

Abstract

La meraviglia o “maraviglia” che compare nel titolo ha volutamente molti significati. Forse quello colto immediatamente dal pubblico è la nostra ammirazione per l’opera di Galileo. Ma è anche la “maraviglia” che coglie Galileo e gli scienziati di fronte ai fenomeni naturali. Proprio questa capacità di meravigliarsi è per altro uno dei caratteri fondamentali dello scienziato. Come ben osserva Benedetto Castelli in una lettera a Galileo del 15 agosto del 1637: lo scienziato parte dalla maraviglia per un risultato inatteso, poi “quando, mediante il progresso demostrativo, si conclude ciò essere verissimo, non solo cessa la maraviglia nostra, ma ci sarebbe molto più maraviglioso se la verità fosse in contrario […] E in tal modo allhora pare che l'intelletto nostro si quieti, quando gionge, per dir così, ad evacuare affatto quella maraviglia che prima ci haveva ingombrata la fantasia”. Tre secoli dopo, nella sua “Autobiografia Scientifica” del 1949, Albert Einstein esprime idee molto simili a quelle di Galileo e Castelli. Secondo Einstein, lo scienziato è come un bambino che riesce a “meravigliarsi di certe esperienze in modo spontaneo”. “Questa `meraviglia’, prosegue Einstein, si manifesta quando un’esperienza entra in conflitto con un mondo di concetti già in noi sufficientemente stabile. Ogniqualvolta sperimentiamo in modo aspro e intenso un simile conflitto, il nostro mondo intellettuale reagisce in modo decisivo. Lo sviluppo di questo mondo intellettuale è in un certo senso una continua fuga dalla `meraviglia’”. In qualche modo di meraviglia parla anche Marie Curie nel 1933, al Congresso di Madrid su “L’avvenire della Cultura” organizzato da Paul Valery: “Io sono tra le persone che pensano che la scienza abbia una grande bellezza. Uno scienziato nel suo laboratorio non è solo un tecnico, è anche un bambino posto di fronte ai fenomeni naturali che lo impressionano come una fiaba”. La scienza della natura non è fatta dagli opportunisti, dai voltagabbana, da coloro che cercano il successo effimero seguendo le mode del momento, è fatta da coloro che riescono a meravigliarsi come i bambini e hanno gli strumenti per andare oltre la meraviglia. Il testo riproduce la lettera a Cristina di Lorena, moglie del Granduca di Toscana Ferdinando I, l’ultima di quattro fondamentali lettere scritte da Galileo tra il 1613 e il 1615 in difesa del sistema copernicano, una sorta di compendio e approfondimento dei principali temi affrontati nelle tre lettere precedenti. Per capirne il significato e la portata la prefazione ripercorre il contesto che motiva Galileo a scrivere queste lettere.
2018
Galileo Maraviglia
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