La Death Education è una realtà che, negli Stati Uniti, nell’Europa settentrionale ed in Israele, ha già assunto una consistenza significativa, e, che, da qualche tempo, si sta diffondendo anche in Italia. Se nel secolo scorso i temi inerenti al morire venivano rubricati – come sottolineava in un celebre articolo Geoffrey Gorer del 1955 “The pornography of death” – tra gli argomenti osceni, con il nuovo millennio sembra che stia lentamente tramontando la volontà di occultare l’evidenza della morte e la sua inevitabilità. Possiamo infatti annoverare un numero sempre crescente di iniziative artistiche e di occasioni scientifiche che discutono di questo per promuoverne la presa di coscienza individuale e collettiva, alla ricerca dei linguaggi da adottare e dei contenuti su cui soffermarsi per descrivere la finitudine umana e i vissuti di perdita che la caratterizzano. L’allungamento del lifespan garantito dallo sviluppo della medicina ha prodotto un ulteriore effetto consistente nel prolungamento delle fasi finali e terminali della vita e della malattia, esponendo quindi le persone a dover fare i conti con l’evidenza del dover morire. La linea culturale, sviluppata a partire dal secondo dopoguerra caratterizzata da censura e negazionismo rispetto a questa necessità, ha prodotto infatti un esito fortemente disfunzionale che oggi richiede di essere gestito e risolto, perché ha reso intere generazioni abituate all’agio, al benessere, alla ricchezza e alla pace, a non sapere come gestire il momento più difficile ma anche forse più importante della vita: quello del congedo dal mondo. L’attuale mancanza di linguaggi appropriati per comunicare con chi muore e con i dolenti, come pure l’assenza di una cultura che illustri i significati che hanno caratterizzato la storia dell’umanità per affrontare la prova esistenziale più difficile è l’esito appunto di mezzo secolo di scotomizzazioni sistematiche che non possono più essere ammesse, data l’istanza diffusa di riconquistare categorie in grado di farci assumere la morte come elemento essenziale del significare la vita.
Presentazione di Ines Testoni
TESTONI, INES
2014
Abstract
La Death Education è una realtà che, negli Stati Uniti, nell’Europa settentrionale ed in Israele, ha già assunto una consistenza significativa, e, che, da qualche tempo, si sta diffondendo anche in Italia. Se nel secolo scorso i temi inerenti al morire venivano rubricati – come sottolineava in un celebre articolo Geoffrey Gorer del 1955 “The pornography of death” – tra gli argomenti osceni, con il nuovo millennio sembra che stia lentamente tramontando la volontà di occultare l’evidenza della morte e la sua inevitabilità. Possiamo infatti annoverare un numero sempre crescente di iniziative artistiche e di occasioni scientifiche che discutono di questo per promuoverne la presa di coscienza individuale e collettiva, alla ricerca dei linguaggi da adottare e dei contenuti su cui soffermarsi per descrivere la finitudine umana e i vissuti di perdita che la caratterizzano. L’allungamento del lifespan garantito dallo sviluppo della medicina ha prodotto un ulteriore effetto consistente nel prolungamento delle fasi finali e terminali della vita e della malattia, esponendo quindi le persone a dover fare i conti con l’evidenza del dover morire. La linea culturale, sviluppata a partire dal secondo dopoguerra caratterizzata da censura e negazionismo rispetto a questa necessità, ha prodotto infatti un esito fortemente disfunzionale che oggi richiede di essere gestito e risolto, perché ha reso intere generazioni abituate all’agio, al benessere, alla ricchezza e alla pace, a non sapere come gestire il momento più difficile ma anche forse più importante della vita: quello del congedo dal mondo. L’attuale mancanza di linguaggi appropriati per comunicare con chi muore e con i dolenti, come pure l’assenza di una cultura che illustri i significati che hanno caratterizzato la storia dell’umanità per affrontare la prova esistenziale più difficile è l’esito appunto di mezzo secolo di scotomizzazioni sistematiche che non possono più essere ammesse, data l’istanza diffusa di riconquistare categorie in grado di farci assumere la morte come elemento essenziale del significare la vita.Pubblicazioni consigliate
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