L’articolo prende spunto da alcuni provvedimenti normativi emanati a livello regionale rispetto alle attività di piercing e tatuaggio, inserendosi nel dibattito sviluppatosi a livello europeo, che ha portato, tra l’altro, all’adozione della Risoluzione ResAp (2003)2 sui tatuaggi e il trucco permanente. Si tenta, anzitutto, di dare una definizione giuridica di dette attività, avendo cura di distinguerle, in particolare, dalle «attività sanitarie», ed inquadrandole come «forme d’arte» che si concretizzano in un atto di intervento sul corpo altrui. Tale particolare caratteristica induce ad affrontare il problema giuridico dei limiti alla disponibilità del corpo umano e la conseguente liceità delle attività stesse. La questione è, di conseguenza, valutata dal più generale angolo visuale della libertà di autodeterminazione con riferimento alla gestione del corpo dell’individuo, a partire dalla necessaria rilettura dell’art. 5 cod. civ., alla luce degli artt. 32, 2 e 13 Cost. In quest’ottica si accenna ai profili di responsabilità civile e penale degli operatori, soffermandosi da ultimo anche sulle conseguenze del mancato rispetto delle prescrizioni amministrative, sottolineandone il rapporto con il profilo della colpa e del rispetto delle regole dell’arte. Si affronta, infine, la questione di particolare rilevanza della posizione del minore, considerato nella sua peculiarità di soggetto in fase di formazione della propria personalità, cui è necessario riconoscere spazi di autonomia, senza pregiudicarne le esigenze di protezione. Nel valutare chi ed in che limiti può autorizzare l’intervento di piercing o tatuaggio sul corpo del minore, si tiene conseguentemente conto del rapporto tra capacità del minore e potestà dei genitori, considerando anche le esigenze di affidamento da parte degli operatori.

Le attività di piercing e tatuaggio tra libertà di autodeterminazione e limiti alla disponibilità del proprio corpo

PICCINNI, MARIASSUNTA
2005

Abstract

L’articolo prende spunto da alcuni provvedimenti normativi emanati a livello regionale rispetto alle attività di piercing e tatuaggio, inserendosi nel dibattito sviluppatosi a livello europeo, che ha portato, tra l’altro, all’adozione della Risoluzione ResAp (2003)2 sui tatuaggi e il trucco permanente. Si tenta, anzitutto, di dare una definizione giuridica di dette attività, avendo cura di distinguerle, in particolare, dalle «attività sanitarie», ed inquadrandole come «forme d’arte» che si concretizzano in un atto di intervento sul corpo altrui. Tale particolare caratteristica induce ad affrontare il problema giuridico dei limiti alla disponibilità del corpo umano e la conseguente liceità delle attività stesse. La questione è, di conseguenza, valutata dal più generale angolo visuale della libertà di autodeterminazione con riferimento alla gestione del corpo dell’individuo, a partire dalla necessaria rilettura dell’art. 5 cod. civ., alla luce degli artt. 32, 2 e 13 Cost. In quest’ottica si accenna ai profili di responsabilità civile e penale degli operatori, soffermandosi da ultimo anche sulle conseguenze del mancato rispetto delle prescrizioni amministrative, sottolineandone il rapporto con il profilo della colpa e del rispetto delle regole dell’arte. Si affronta, infine, la questione di particolare rilevanza della posizione del minore, considerato nella sua peculiarità di soggetto in fase di formazione della propria personalità, cui è necessario riconoscere spazi di autonomia, senza pregiudicarne le esigenze di protezione. Nel valutare chi ed in che limiti può autorizzare l’intervento di piercing o tatuaggio sul corpo del minore, si tiene conseguentemente conto del rapporto tra capacità del minore e potestà dei genitori, considerando anche le esigenze di affidamento da parte degli operatori.
2005
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