La prevenzione, nella conservazione dei beni culturali, raggruppa tutta una serie di procedure che spaziano dalla riduzione dei fattori di rischio alle adeguate modalità di diagnostica. Queste azioni possono essere eseguite a diversi livelli e in tempistiche differenti ma passano per una conoscenza accurata del bene sia dal punto di vista dei materiali costitutivi che dei diversi interventi e delle condizioni di conservazione dell’opera lungo tutto l’arco della sua esistenza. In questo senso le tecniche diagnostiche non distruttive sono uno strumento particolarmente utile per una corretta progettazione dell’azione preventiva. Queste tecniche permettono infatti di individuare i materiali costitutivi, in modo da valutare le condizione ottimali di conservazione o, nel caso occorresse un intervento, di proporre i materiali adeguati per questa operazione. Questa applicazione delle tecniche d’indagine non distruttive è quella più nota quando si affronta la problematica della prevenzione, ma non l’unica. Alcune di queste tecniche permettono anche di monitorare nel tempo l’evoluzione del bene culturale, in modo da rilevare i cambiamenti che possono essere dovuti ad eventuali patologie che, se rilevate per tempo, possono essere risanate prevenendo i possibili effetti dovuti alle alterazioni e al degrado. Se a queste potenzialità si aggiunge la possibilità di “mappare” sia i materiali costitutivi che le diverse alterazioni dell’intera superficie dell’opera, ci troviamo davanti a degli strumenti estremamente validi nell’ambito della prevenzione. E’ dunque compito degli esperti degli ambiti disciplinari coinvolti (soprintendenze, restauratori, scienziati…), arrivare alla massima fruizione di questi strumenti. A tale scopo è indispensabile un dialogo attivo su cosa si vuole e su cosa è possibile ottenere. Il lavoro che si intende proporre presenta una serie di indagini eseguite con la tecnica della spettroscopia ad immagine (IS), realizzate in stretta collaborazione tra il Dipartimento di Scienze Chimiche, il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova e il Laboratorio LUXOR dell’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie. Si intende mostrare la capacità di tale tecnica per identificare, monitorare e mappare materiali riguardanti i beni culturali, come ad esempio i pigmenti. Grazie alle informazioni ottenute con la metodologia di analisi proposta è possibile caratterizzare questi materiali e monitorarli nel tempo rilevando cambiamenti di colore impercettibili ad occhio nudo. Lo strumento utilizzato registra gli spettri in riflettanza diffusa nel visibile dei singoli pixel dell’immagine digitale fornendo quindi informazioni sul colore e permettendo di caratterizzare i pigmenti presenti. Oltre a ciò, attraverso le elaborazioni dei dati è possibile ricostruire l’immagine RGB del campione sotto analisi riproducendo il colore dei singoli pixel in maniera asettica e fedele. Il sistema proposto ha il vantaggio di essere trasportabile e di realizzare mappature non distruttive in modo da studiare l’intera superficie dell’oggetto sotto analisi in situ. Infine si proporrà un sistema di gestione dei dati che può essere il punto di partenza per la progettazione della prevenzione. Il metodo di lavoro sarà illustrato mediante prove realizzate in laboratorio e indagini realizzate su un dipinto murale presso la biblioteca della Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università di Padova.

POTENTIALITIES OF THE IMAGING SPECTROSCOPY TO DEAL WITH THE PREVENTION IN THE CULTURAL HERITAGE FIELD

REBOLLO SAN MIGUEL, ELENA PAZ;BERTONCELLO, RENZO;CORTELAZZO, GUIDO MARIA
2010

Abstract

La prevenzione, nella conservazione dei beni culturali, raggruppa tutta una serie di procedure che spaziano dalla riduzione dei fattori di rischio alle adeguate modalità di diagnostica. Queste azioni possono essere eseguite a diversi livelli e in tempistiche differenti ma passano per una conoscenza accurata del bene sia dal punto di vista dei materiali costitutivi che dei diversi interventi e delle condizioni di conservazione dell’opera lungo tutto l’arco della sua esistenza. In questo senso le tecniche diagnostiche non distruttive sono uno strumento particolarmente utile per una corretta progettazione dell’azione preventiva. Queste tecniche permettono infatti di individuare i materiali costitutivi, in modo da valutare le condizione ottimali di conservazione o, nel caso occorresse un intervento, di proporre i materiali adeguati per questa operazione. Questa applicazione delle tecniche d’indagine non distruttive è quella più nota quando si affronta la problematica della prevenzione, ma non l’unica. Alcune di queste tecniche permettono anche di monitorare nel tempo l’evoluzione del bene culturale, in modo da rilevare i cambiamenti che possono essere dovuti ad eventuali patologie che, se rilevate per tempo, possono essere risanate prevenendo i possibili effetti dovuti alle alterazioni e al degrado. Se a queste potenzialità si aggiunge la possibilità di “mappare” sia i materiali costitutivi che le diverse alterazioni dell’intera superficie dell’opera, ci troviamo davanti a degli strumenti estremamente validi nell’ambito della prevenzione. E’ dunque compito degli esperti degli ambiti disciplinari coinvolti (soprintendenze, restauratori, scienziati…), arrivare alla massima fruizione di questi strumenti. A tale scopo è indispensabile un dialogo attivo su cosa si vuole e su cosa è possibile ottenere. Il lavoro che si intende proporre presenta una serie di indagini eseguite con la tecnica della spettroscopia ad immagine (IS), realizzate in stretta collaborazione tra il Dipartimento di Scienze Chimiche, il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Padova e il Laboratorio LUXOR dell’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie. Si intende mostrare la capacità di tale tecnica per identificare, monitorare e mappare materiali riguardanti i beni culturali, come ad esempio i pigmenti. Grazie alle informazioni ottenute con la metodologia di analisi proposta è possibile caratterizzare questi materiali e monitorarli nel tempo rilevando cambiamenti di colore impercettibili ad occhio nudo. Lo strumento utilizzato registra gli spettri in riflettanza diffusa nel visibile dei singoli pixel dell’immagine digitale fornendo quindi informazioni sul colore e permettendo di caratterizzare i pigmenti presenti. Oltre a ciò, attraverso le elaborazioni dei dati è possibile ricostruire l’immagine RGB del campione sotto analisi riproducendo il colore dei singoli pixel in maniera asettica e fedele. Il sistema proposto ha il vantaggio di essere trasportabile e di realizzare mappature non distruttive in modo da studiare l’intera superficie dell’oggetto sotto analisi in situ. Infine si proporrà un sistema di gestione dei dati che può essere il punto di partenza per la progettazione della prevenzione. Il metodo di lavoro sarà illustrato mediante prove realizzate in laboratorio e indagini realizzate su un dipinto murale presso la biblioteca della Facoltà di Scienze Statistiche dell’Università di Padova.
2010
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