Il concetto dell’armonia del cosmo, nella sua valenza di modello etico di comportamento, può essere assunto a interpretare lo sviluppo del rapporto unitario tra ethos e natura, affermatosi storicamente a sua volta grazie al comporsi in unità di due diversi concetti di natura (quello platonico e quello aristotelico), che trovarono la possibilità di integrarsi grazie alla loro convergenza in un’unica prospettiva fisico-teologica. Tolomeo mostra concretamente questo aspetto di unità, realizzato nella sua concezione cosmologica, nella quale l’ordine del cielo contemplato dall’astronomo diviene così anche paradigma della vita etica. Dopo la lunga fase di apparente estremo rafforzamento, interpretata dal neoplatonismo ed in particolare da Proclo, l’unità fa ethos e natura, ed il concetto stesso che era giunto ad esprimerla, entrano in crisi nel momento nel quale, con la rivoluzione scientifica in ambito cosmologico, l’ordine e la regolarità del cielo e dell’intera natura non possono più essere interpretatati a partire da un principio teologico, ma sulla base del riferimento ad una legge intrinsecamente presente nella natura stessa. L’affermarsi del ruolo della legge, cosi concepita, è manifestato caratteristicamente nel primo sviluppo della modernità da Copernico e Galileo, ma con più nitida consapevolezza concettuale da Decartes. Kant, e l’abisso che nel suo pensiero si scava fra l’ambito della natura e quello dell’ethos in quanto governati da leggi potenzialmente antinomiche, può essere considerato l’espressione in qualche modo conclusiva di questo processo: ma ciò anzitutto in quanto egli si propone come interprete consapevole del significato metafisico della “rivoluzione copernicana”.

Dall'armonia del cosmo alla legge

OLIVIERI, LUIGI ANTONIO
2008

Abstract

Il concetto dell’armonia del cosmo, nella sua valenza di modello etico di comportamento, può essere assunto a interpretare lo sviluppo del rapporto unitario tra ethos e natura, affermatosi storicamente a sua volta grazie al comporsi in unità di due diversi concetti di natura (quello platonico e quello aristotelico), che trovarono la possibilità di integrarsi grazie alla loro convergenza in un’unica prospettiva fisico-teologica. Tolomeo mostra concretamente questo aspetto di unità, realizzato nella sua concezione cosmologica, nella quale l’ordine del cielo contemplato dall’astronomo diviene così anche paradigma della vita etica. Dopo la lunga fase di apparente estremo rafforzamento, interpretata dal neoplatonismo ed in particolare da Proclo, l’unità fa ethos e natura, ed il concetto stesso che era giunto ad esprimerla, entrano in crisi nel momento nel quale, con la rivoluzione scientifica in ambito cosmologico, l’ordine e la regolarità del cielo e dell’intera natura non possono più essere interpretatati a partire da un principio teologico, ma sulla base del riferimento ad una legge intrinsecamente presente nella natura stessa. L’affermarsi del ruolo della legge, cosi concepita, è manifestato caratteristicamente nel primo sviluppo della modernità da Copernico e Galileo, ma con più nitida consapevolezza concettuale da Decartes. Kant, e l’abisso che nel suo pensiero si scava fra l’ambito della natura e quello dell’ethos in quanto governati da leggi potenzialmente antinomiche, può essere considerato l’espressione in qualche modo conclusiva di questo processo: ma ciò anzitutto in quanto egli si propone come interprete consapevole del significato metafisico della “rivoluzione copernicana”.
2008
La valenza ethica del cosmo, a cura di G. Erle
9788871155982
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