l contributo intende esplorare le risposte di policy in tema di contrasto del- la violenza contro le donne in Italia attraverso una prospettiva orientata ai diritti umani in chiave femminista. Lo sviluppo del diritto dei diritti umani sul piano internazionale e la sua trasposizione nel diritto interno degli Stati, in questi anni hanno un ancoramento simbolico e materiale importante nel discorso della «tutela delle donne» e in particolare nella «lotta alla vio- lenza» che sempre più marcatamente, si rifanno alla necessità di utilizzare strumenti di tipo regolativo agendo sulle leve della «diligenza dovuta» e della «responsabilità dello Stato», anche oltre la dimensione giudiziaria. E’ evidente infatti come il richiamo all’inadeguatezza delle scelte di politics operate in termini di policy emerga soprattutto nelle attività di advocacy e di mobilitazione che il movimento femminista e i Centri Antiviolenza hanno costruito attorno all’esigenza di contrastare la violenza a partire da un discorso di eguaglianza sostanziale e di giustizia sociale mettendo in discussione logiche patriarcali e di esercizio del potere che sempre di più rendono evidente la «guerra» che le donne combattono in primis dentro le case, ma anche negli spazi pubblici e nei luoghi di lavoro per rispondere ad Paola Degani192 aggressioni fisiche, sessuali, psicologiche e economiche. Mai come in questa fase storica il continuum tra violenza in tempo di pace e violenza in tempo di guerra contro le donne costituisce un assioma, peraltro in un momen- to storico in cui il «donnismo» nella politica ha acquisito un peso di non poco conto. Il corpo delle donne continua di fatto a costituire un terreno di conflitto politico (basti pensare alla legge 40 sulla procreazione assistita e all’ingresso dei movimenti pro-vita nei consultori), e un ambito da regolare, ma anche un simbolo di resilienza e di lotta. Non c’è insomma un diritto alla pace per le donne neppure in assenza di «conflitti»! A prevalere è infatti la logica della violenza come esercizio della forza. La violenza è sicuramente un’arma usata contro le donne, ma la capacità di trasformare questa sof- ferenza in «potere» e perciò in “possibilità reali di autodeterminarsi” è un dato che non può essere ignorato soprattutto oggi in cui la rappresentazio- ne della «vittima», anche nei processi che concernono i reati inerenti alla violenza, è certamente il prodotto di una narrazione politica e culturale che non risponde propriamente ai vissuti delle donne che continuano a dover battagliare per un riconoscimento effettivo della loro dignità e della loro libertà, ovvero per una piena affermazione del diritto all’autodeterminazione e a vivere libere dalla violenza e in pace.

Non c'è tempo di pace per le donne. Sul contrasto alla violenza basata sul genere

Paola Degani
2025

Abstract

l contributo intende esplorare le risposte di policy in tema di contrasto del- la violenza contro le donne in Italia attraverso una prospettiva orientata ai diritti umani in chiave femminista. Lo sviluppo del diritto dei diritti umani sul piano internazionale e la sua trasposizione nel diritto interno degli Stati, in questi anni hanno un ancoramento simbolico e materiale importante nel discorso della «tutela delle donne» e in particolare nella «lotta alla vio- lenza» che sempre più marcatamente, si rifanno alla necessità di utilizzare strumenti di tipo regolativo agendo sulle leve della «diligenza dovuta» e della «responsabilità dello Stato», anche oltre la dimensione giudiziaria. E’ evidente infatti come il richiamo all’inadeguatezza delle scelte di politics operate in termini di policy emerga soprattutto nelle attività di advocacy e di mobilitazione che il movimento femminista e i Centri Antiviolenza hanno costruito attorno all’esigenza di contrastare la violenza a partire da un discorso di eguaglianza sostanziale e di giustizia sociale mettendo in discussione logiche patriarcali e di esercizio del potere che sempre di più rendono evidente la «guerra» che le donne combattono in primis dentro le case, ma anche negli spazi pubblici e nei luoghi di lavoro per rispondere ad Paola Degani192 aggressioni fisiche, sessuali, psicologiche e economiche. Mai come in questa fase storica il continuum tra violenza in tempo di pace e violenza in tempo di guerra contro le donne costituisce un assioma, peraltro in un momen- to storico in cui il «donnismo» nella politica ha acquisito un peso di non poco conto. Il corpo delle donne continua di fatto a costituire un terreno di conflitto politico (basti pensare alla legge 40 sulla procreazione assistita e all’ingresso dei movimenti pro-vita nei consultori), e un ambito da regolare, ma anche un simbolo di resilienza e di lotta. Non c’è insomma un diritto alla pace per le donne neppure in assenza di «conflitti»! A prevalere è infatti la logica della violenza come esercizio della forza. La violenza è sicuramente un’arma usata contro le donne, ma la capacità di trasformare questa sof- ferenza in «potere» e perciò in “possibilità reali di autodeterminarsi” è un dato che non può essere ignorato soprattutto oggi in cui la rappresentazio- ne della «vittima», anche nei processi che concernono i reati inerenti alla violenza, è certamente il prodotto di una narrazione politica e culturale che non risponde propriamente ai vissuti delle donne che continuano a dover battagliare per un riconoscimento effettivo della loro dignità e della loro libertà, ovvero per una piena affermazione del diritto all’autodeterminazione e a vivere libere dalla violenza e in pace.
2025
Pace Diritto Umano Idee, progetti, raccomandazioni per realizzare l'unico futuro possibile
9788869384912
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