ABSTRACT Il contributo muove dalla convinzione che, come evidenziato in dottrina da Gustavo Zagrebelsky, l’osservanza delle “norme della correttezza costituzionale” è di cruciale importanza per garantire il buon funzionamento di ogni organizzazione: ivi compresa quella costituzionale. Dopo aver sviluppato alcuni cenni critici sulla supposta estraneità all’ordinamento (e al diritto) di tali “norme della correttezza costituzionale”, l’Autore osserva che anche la magistratura é soggetta al «dovere di correttezza costituzionale»: dal quale discendono – perlomeno, e sicuramente, di fatto – una serie di limiti non già alla titolarità quanto piuttosto all’esercizio di determinati diritti di libertà che competono anche ai magistrati (fra i quali il diritto costituzionale di manifestare liberamente il proprio pensiero). Conclusivamente, sottolinea che l’adempimento del dovere in parola (nelle sue varie e flessibili declinazioni) dovrebbe essere inteso e vissuto dai magistrati (ivi compresi i giudici costituzionali) non già come una eteronoma costrizione, bensì come un corollario naturale della pubblica funzione rivestita: un dovere che, in quanto tale, merita spontaneo rispetto.
Sulla soggezione dei magistrati al dovere di correttezza costituzionale
DE NARDI SANDRO
2025
Abstract
ABSTRACT Il contributo muove dalla convinzione che, come evidenziato in dottrina da Gustavo Zagrebelsky, l’osservanza delle “norme della correttezza costituzionale” è di cruciale importanza per garantire il buon funzionamento di ogni organizzazione: ivi compresa quella costituzionale. Dopo aver sviluppato alcuni cenni critici sulla supposta estraneità all’ordinamento (e al diritto) di tali “norme della correttezza costituzionale”, l’Autore osserva che anche la magistratura é soggetta al «dovere di correttezza costituzionale»: dal quale discendono – perlomeno, e sicuramente, di fatto – una serie di limiti non già alla titolarità quanto piuttosto all’esercizio di determinati diritti di libertà che competono anche ai magistrati (fra i quali il diritto costituzionale di manifestare liberamente il proprio pensiero). Conclusivamente, sottolinea che l’adempimento del dovere in parola (nelle sue varie e flessibili declinazioni) dovrebbe essere inteso e vissuto dai magistrati (ivi compresi i giudici costituzionali) non già come una eteronoma costrizione, bensì come un corollario naturale della pubblica funzione rivestita: un dovere che, in quanto tale, merita spontaneo rispetto.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.




