Il contributo analizza la complessa questione relativa all'applicazione della procedura accelerata di frontiera nell'esame delle domande di protezione internazionale, con particolare riferimento alla definizione di «paese sicuro» da parte degli Stati membri dell'Unione Europea. Viene esaminata l'ordinanza interlocutoria n. 34898/2024 della Corte di Cassazione italiana, emessa in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea su alcuni rinvii pregiudiziali proposti da diversi tribunali italiani. L’analisi ripercorre le origini dello scontro istituzionale, esaminando le decisioni dei tribunali di Roma e Catania che hanno disapplicato la normativa nazionale ritenendola contrastante con il diritto dell'Unione, e del Tribunale di Bologna che ha rinviato la questione alla CGUE, alla luce della sentenza C-406/22 del 4 ottobre 2024, nella quale i giudici del Lussemburgo avevano escluso la possibilità di designare come sicuro un paese non integralmente sicuro. L’articolo solleva alcuni interrogativi relativi alla compatibilità dell'attuale disciplina sia con i principi costituzionali (art. 3, 10, 117 Cost.), sia con gli obblighi internazionali (principio di non-refoulement) cui l’Italia è vincolata. Infine, si sottolinea la necessità di un'armonizzazione della disciplina sulla corretta gestione del fenomeno migratorio a livello europeo e di una definizione comune del concetto di «paese sicuro», tenendo conto dei valori fondanti dell'Unione Europea, tra cui il rispetto dei diritti umani e delle minoranze.
Paesi «sicuri» e discrezionalità dei giudici: una questione (europea) ancora aperta
michele di bari
2025
Abstract
Il contributo analizza la complessa questione relativa all'applicazione della procedura accelerata di frontiera nell'esame delle domande di protezione internazionale, con particolare riferimento alla definizione di «paese sicuro» da parte degli Stati membri dell'Unione Europea. Viene esaminata l'ordinanza interlocutoria n. 34898/2024 della Corte di Cassazione italiana, emessa in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea su alcuni rinvii pregiudiziali proposti da diversi tribunali italiani. L’analisi ripercorre le origini dello scontro istituzionale, esaminando le decisioni dei tribunali di Roma e Catania che hanno disapplicato la normativa nazionale ritenendola contrastante con il diritto dell'Unione, e del Tribunale di Bologna che ha rinviato la questione alla CGUE, alla luce della sentenza C-406/22 del 4 ottobre 2024, nella quale i giudici del Lussemburgo avevano escluso la possibilità di designare come sicuro un paese non integralmente sicuro. L’articolo solleva alcuni interrogativi relativi alla compatibilità dell'attuale disciplina sia con i principi costituzionali (art. 3, 10, 117 Cost.), sia con gli obblighi internazionali (principio di non-refoulement) cui l’Italia è vincolata. Infine, si sottolinea la necessità di un'armonizzazione della disciplina sulla corretta gestione del fenomeno migratorio a livello europeo e di una definizione comune del concetto di «paese sicuro», tenendo conto dei valori fondanti dell'Unione Europea, tra cui il rispetto dei diritti umani e delle minoranze.Pubblicazioni consigliate
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