La funzione originale attribuita alle matricine di un ceduo è quella di assicurare la rinnovazione naturale da seme per sostituire le ceppaie esaurite. Nel tempo si sono aggiunte le funzioni produttive (legname da lavoro e frutti per il pascolo), protettive (copertura del suolo e protezione dei versanti) ed ecologiche-ambientali (conservazione biodiversità). Nel caso dei cedui castanili la maggior parte di queste funzioni non trova un effettivo riscontro nella realtà poiché risultano già assicurate dalla capacità pollonifera elevata, dal rapido accrescimento, dalla precoce fruttificazione e dall’elevata disponibilità di seme al suolo. In aggiunta, nel caso dei turni selvicolturali lunghi per la produzione di legname di qualità, il rilascio a fine turno di matricine con chiome particolarmente sviluppate ha effetti negativi rilevanti sia sulla quantità e qualità dei polloni, sia sullo sviluppo della rinnovazione da seme. Non a caso nei più importanti paesi castanicoli europei non esistono - se non in casi particolari - obblighi specifici di rilascio delle matricine. Le prime sperimentazioni sulla reale utilità delle matricine risalgono agli inizi degli anni 2000. L’analisi ha messo a confronto la reazione delle ceppaie di cedui semplici e matricinati in condizioni di buona fertilità stazionale a partire da 10 anni di età, considerando quali variabili di risposta la densità dei polloni sulla ceppaia, il loro accrescimento in altezza, l’incremento di area basimetrica e l’area della chioma. I risultati della sperimentazione concordano nell’indicare che nei cedui di castagno la sola presenza delle matricine (già a partire da poche unità ad ettaro) condiziona negativamente la struttura e l’accrescimento dei polloni, limitando lo sviluppo, la produttività e la dominanza delle ceppaie. In particolare, la percentuale di ceppaie dominanti, significativamente più bassa nel ceduo matricinato rispetto al ceduo semplice, ha notevoli ripercussioni negative sia per la produzione di paleria, sia nell’applicazione di modelli selvicolturali articolati per la produzione di assortimenti di maggior valore commerciale. Inoltre, la presenza di matricine ha effetti negativi sulla morfologia dei fusti, sulla struttura delle chiome, sulla vitalità e suscettibilità alle avversità fitosanitarie dei polloni. Nonostante ciò, il rilascio di matricine, in ogni caso in numero limitato, potrebbe trovare giustificazione per valorizzare particolari strutture economiche, sociali e/o ambientali, per conservare la biodiversità arborea, per assicurare la protezione di versanti particolarmente scoscesi. Purtroppo, le indicazioni emerse dalla ricerca non trovano supporto in molti regolamenti regionali che obbligano sempre al rilascio di matricine; questo vincolo normativo condiziona le scelte selvicolturali possibili, non garantisce una corretta gestione dei cedui castanili e non permette una efficace valorizzazione della risorsa. I contenuti trattati in questo contributo sono parte del Dossier “Castanicoltura da legno: stato dell’arte e criticità” pubblicato dagli autori stessi su Sherwood Foreste ed Alberi Oggi n. 266.
Il ruolo delle matricine nei cedui di castagno
samuele pellizzariWriting – Review & Editing
;mario pividoriWriting – Review & Editing
;enrico marcolinWriting – Review & Editing
2024
Abstract
La funzione originale attribuita alle matricine di un ceduo è quella di assicurare la rinnovazione naturale da seme per sostituire le ceppaie esaurite. Nel tempo si sono aggiunte le funzioni produttive (legname da lavoro e frutti per il pascolo), protettive (copertura del suolo e protezione dei versanti) ed ecologiche-ambientali (conservazione biodiversità). Nel caso dei cedui castanili la maggior parte di queste funzioni non trova un effettivo riscontro nella realtà poiché risultano già assicurate dalla capacità pollonifera elevata, dal rapido accrescimento, dalla precoce fruttificazione e dall’elevata disponibilità di seme al suolo. In aggiunta, nel caso dei turni selvicolturali lunghi per la produzione di legname di qualità, il rilascio a fine turno di matricine con chiome particolarmente sviluppate ha effetti negativi rilevanti sia sulla quantità e qualità dei polloni, sia sullo sviluppo della rinnovazione da seme. Non a caso nei più importanti paesi castanicoli europei non esistono - se non in casi particolari - obblighi specifici di rilascio delle matricine. Le prime sperimentazioni sulla reale utilità delle matricine risalgono agli inizi degli anni 2000. L’analisi ha messo a confronto la reazione delle ceppaie di cedui semplici e matricinati in condizioni di buona fertilità stazionale a partire da 10 anni di età, considerando quali variabili di risposta la densità dei polloni sulla ceppaia, il loro accrescimento in altezza, l’incremento di area basimetrica e l’area della chioma. I risultati della sperimentazione concordano nell’indicare che nei cedui di castagno la sola presenza delle matricine (già a partire da poche unità ad ettaro) condiziona negativamente la struttura e l’accrescimento dei polloni, limitando lo sviluppo, la produttività e la dominanza delle ceppaie. In particolare, la percentuale di ceppaie dominanti, significativamente più bassa nel ceduo matricinato rispetto al ceduo semplice, ha notevoli ripercussioni negative sia per la produzione di paleria, sia nell’applicazione di modelli selvicolturali articolati per la produzione di assortimenti di maggior valore commerciale. Inoltre, la presenza di matricine ha effetti negativi sulla morfologia dei fusti, sulla struttura delle chiome, sulla vitalità e suscettibilità alle avversità fitosanitarie dei polloni. Nonostante ciò, il rilascio di matricine, in ogni caso in numero limitato, potrebbe trovare giustificazione per valorizzare particolari strutture economiche, sociali e/o ambientali, per conservare la biodiversità arborea, per assicurare la protezione di versanti particolarmente scoscesi. Purtroppo, le indicazioni emerse dalla ricerca non trovano supporto in molti regolamenti regionali che obbligano sempre al rilascio di matricine; questo vincolo normativo condiziona le scelte selvicolturali possibili, non garantisce una corretta gestione dei cedui castanili e non permette una efficace valorizzazione della risorsa. I contenuti trattati in questo contributo sono parte del Dossier “Castanicoltura da legno: stato dell’arte e criticità” pubblicato dagli autori stessi su Sherwood Foreste ed Alberi Oggi n. 266.Pubblicazioni consigliate
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