Questo saggio discute il rapporto fra cattolicesimo e sovranità nella costruzione dell’immagine pubblica dell’antiquario inglese Elias Ashmole (1617-1692). La tesi che si intende dimostrare è duplice. In primo luogo, l’assenza di riferimenti espliciti all’interesse di Ashmole per il cattolicesimo nelle successive scritture pseudo-autobiografiche rispecchia la correlazione fra successo sociale e identità religiosa conforme alla fede di Stato nell’Inghilterra di età moderna. In secondo luogo, e in contrasto con questo fenomeno pubblico, la presenza, fra le carte private di Ashmole, di una serie di stampe relative alla devozione al Sacro Cuore di Gesù, oltre ad altri scritti problematici, suggerisce con forza l’interesse se non l’adesione intima di Ashmole al cattolicesimo dal punto di vista teologico. Il patriottismo dell’antiquario, tuttavia, fu incontrovertibile, e contribuisce, insieme alla volontà di successo sociale, a spiegarne la scelta di restare nella Chiesa d’Inghilterra. Da un punto di vista storiografico, il caso di studio in esame si posiziona nel solco dei lavori di John Morrill, Anthony Milton e Alexandra Walsham, contro la storiografia emanante dalla Compagnia di Gesù, la quale insiste a considerare come veri cattolici britannici solo coloro i quali scelsero il martirio per il potere politico del Papa. Il caso di Ashmole vuole attirare l’attenzione su quei sudditi della Corona inglese che, pur teologicamente affini al cattolicesimo, scelsero l’adesione alla Chiesa d’Inghilterra, perché l’insistenza romana sul primato petrino non lasciava loro altra scelta: la sovranità del loro Paese rappresentava la migliore garanzia di libertà e di ascesa sociale. Questo implica la volontà di vivere la fede non nicodemisticamente ma intimisticamente, contrariamente a quanto argomentato da storici cattolici.

Cattolicesimo e sovranità nella costruzione dell'immagine pubblica di Elias Ashmole (1617-1692)

Vittoria Feola
2024

Abstract

Questo saggio discute il rapporto fra cattolicesimo e sovranità nella costruzione dell’immagine pubblica dell’antiquario inglese Elias Ashmole (1617-1692). La tesi che si intende dimostrare è duplice. In primo luogo, l’assenza di riferimenti espliciti all’interesse di Ashmole per il cattolicesimo nelle successive scritture pseudo-autobiografiche rispecchia la correlazione fra successo sociale e identità religiosa conforme alla fede di Stato nell’Inghilterra di età moderna. In secondo luogo, e in contrasto con questo fenomeno pubblico, la presenza, fra le carte private di Ashmole, di una serie di stampe relative alla devozione al Sacro Cuore di Gesù, oltre ad altri scritti problematici, suggerisce con forza l’interesse se non l’adesione intima di Ashmole al cattolicesimo dal punto di vista teologico. Il patriottismo dell’antiquario, tuttavia, fu incontrovertibile, e contribuisce, insieme alla volontà di successo sociale, a spiegarne la scelta di restare nella Chiesa d’Inghilterra. Da un punto di vista storiografico, il caso di studio in esame si posiziona nel solco dei lavori di John Morrill, Anthony Milton e Alexandra Walsham, contro la storiografia emanante dalla Compagnia di Gesù, la quale insiste a considerare come veri cattolici britannici solo coloro i quali scelsero il martirio per il potere politico del Papa. Il caso di Ashmole vuole attirare l’attenzione su quei sudditi della Corona inglese che, pur teologicamente affini al cattolicesimo, scelsero l’adesione alla Chiesa d’Inghilterra, perché l’insistenza romana sul primato petrino non lasciava loro altra scelta: la sovranità del loro Paese rappresentava la migliore garanzia di libertà e di ascesa sociale. Questo implica la volontà di vivere la fede non nicodemisticamente ma intimisticamente, contrariamente a quanto argomentato da storici cattolici.
2024
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