La condivisione dei saperi e dei linguaggi ampiamente intesi è presupposto imprescindibile di ogni dialogo. Non vi può, poi, essere continuità di comprensione nel tempo e, dunque, un’utile interazione tra interlocutori se quelli non si preoccupino d’aggiornarsi e le modalità di formazione non siano tali da tenere in adeguata considerazione la situazione dei soggetti con cui si dialoga. Infatti, l’incomprensione o la incomunicabilità può essere anche la conseguenza di una disattenzione successiva per il costante, inarrestabile, mutamento che interessa la società e, individualmente, ciascuno dei suoi componenti e la loro sensibilità. La necessaria condivisione di saperi e linguaggi, risulta innegabile quando diverse categorie di soggetti -caratterizzate da aspetti differenziali per ruolo ed obbiettivi- devono concorrere alla realizzazione di un fine comune d’interesse pubblico, come accade per l’amministrazione della giustizia. La condivisione di un patrimonio culturale comune -costantemente aggiornato- risulta fondamentale per garantire la più efficiente ed efficace interazione tra giudici e avvocati, soprattutto, per consentire, che nel contraddittorio, vengano adeguatamente considerate le peculiarità del caso concreto in vista dell’individuazione della regola applicabile e poi per dirimere la lite con una soluzione comprensibile e condivisibile, ma prima ragionevolmente prevedibile. In considerazione di quel rapporto di strumentalità tra cultura e giustizia la legislazione vigente impone una serie di obblighi di formazione e di aggiornamento, rispettivamente, a magistrati ed avvocati, tramite disposizioni che non appaiono adeguatamente coordinate e che non sembrano idonee a garantire quella pluralità di saperi condivisi, necessari per un efficace dialogo. Lo studio analizza le principali prescrizioni legislative per poi verificarne la capacità di raggiungere l’obiettivo indicato. Quindi, rilevata l’inadeguatezza delle soluzioni predisposte propone di ovviare alle carenze attraverso la rivalutazione del ruolo delle istituzioni di alta cultura, tra cui le Università. In particolare, tramite il coinvolgimento nell’attività di approfondimento e di aggiornamento di quelle realtà in cui tutti i giuristi -avvocati e magistrati- hanno ottenuto la loro prima formazione. Dunque, attraverso un pieno ricoinvolgimento, nella fase successiva, di quelle istituzioni qualificate per individuare percorsi comuni di accrescimento culturale di avvocati e magistrati e, quindi, superare, almeno in parte, alcune criticità che affliggono il contenzioso domestico.

IL PROBLEMA. LA DIVARICAZIONE DELLA FORMAZIONE DEI GIURISTI E DELLA LORO CULTURA

gianluca romagnoli
2023

Abstract

La condivisione dei saperi e dei linguaggi ampiamente intesi è presupposto imprescindibile di ogni dialogo. Non vi può, poi, essere continuità di comprensione nel tempo e, dunque, un’utile interazione tra interlocutori se quelli non si preoccupino d’aggiornarsi e le modalità di formazione non siano tali da tenere in adeguata considerazione la situazione dei soggetti con cui si dialoga. Infatti, l’incomprensione o la incomunicabilità può essere anche la conseguenza di una disattenzione successiva per il costante, inarrestabile, mutamento che interessa la società e, individualmente, ciascuno dei suoi componenti e la loro sensibilità. La necessaria condivisione di saperi e linguaggi, risulta innegabile quando diverse categorie di soggetti -caratterizzate da aspetti differenziali per ruolo ed obbiettivi- devono concorrere alla realizzazione di un fine comune d’interesse pubblico, come accade per l’amministrazione della giustizia. La condivisione di un patrimonio culturale comune -costantemente aggiornato- risulta fondamentale per garantire la più efficiente ed efficace interazione tra giudici e avvocati, soprattutto, per consentire, che nel contraddittorio, vengano adeguatamente considerate le peculiarità del caso concreto in vista dell’individuazione della regola applicabile e poi per dirimere la lite con una soluzione comprensibile e condivisibile, ma prima ragionevolmente prevedibile. In considerazione di quel rapporto di strumentalità tra cultura e giustizia la legislazione vigente impone una serie di obblighi di formazione e di aggiornamento, rispettivamente, a magistrati ed avvocati, tramite disposizioni che non appaiono adeguatamente coordinate e che non sembrano idonee a garantire quella pluralità di saperi condivisi, necessari per un efficace dialogo. Lo studio analizza le principali prescrizioni legislative per poi verificarne la capacità di raggiungere l’obiettivo indicato. Quindi, rilevata l’inadeguatezza delle soluzioni predisposte propone di ovviare alle carenze attraverso la rivalutazione del ruolo delle istituzioni di alta cultura, tra cui le Università. In particolare, tramite il coinvolgimento nell’attività di approfondimento e di aggiornamento di quelle realtà in cui tutti i giuristi -avvocati e magistrati- hanno ottenuto la loro prima formazione. Dunque, attraverso un pieno ricoinvolgimento, nella fase successiva, di quelle istituzioni qualificate per individuare percorsi comuni di accrescimento culturale di avvocati e magistrati e, quindi, superare, almeno in parte, alcune criticità che affliggono il contenzioso domestico.
2023
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