La pala, un tempo sull’altare maggiore della chiesa di San Domenico a Brescia, oggi scomparsa, è riconosciuta a Girolamo Romanino già dalle fonti antiche che ne apprezzano la qualità della condotta pittorica. Inizialmente datata ai primi anni venti, poi al quarto decennio del Cinquecento, è stata ricondotta negli studi moderni agli anni intorno o dopo il 1545. Alle opere degli anni quaranta rimanda in particolare il raffinato luminismo dei tessuti, in dialogo con gli esempi di Moretto e di Savoldo sul tema. Manti argentei, verdi e rosati connotano nella parte alta della tela i protagonisti divini dell’Incoronazione della Vergine, assisi, contro un alone dorato, su una nuvola vaporosa attorniata da energici angioletti. All’ombra di questa, intorno a un monumentale san Domenico, si compone il gruppo affollato dei santi, introdotto dai due cavalieri Faustino e Giovita che spiccano con le loro vesti preziose e con le lucenti armature in primo piano. Tra le figure retrostanti si identificano i santi Paolo e, dall’altro lato, Pietro, Antonino vescovo e i domenicani Tommaso d’Aquino, Pietro martire e Ambrogio Sansedoni, le cui vesti, bianche tonache e manti scuri, sono rese con diverse modulazioni di luce e di spessore, tra zone più corpose in primo piano e campiture più leggere verso il fondo. L’intervento di restauro, rimuovendo la vecchia vernice, ha restituito una più chiara lettura di tali valori e ha evidenziato modifiche, dovute sia a interventi originali in corso d’opera sia a successivi processi di alterazione, di estremo interesse per la comprensione del dipinto. Tra questi, l’azzurro del cielo, che è risultato condotto a smaltino e oggi degradato verso il grigio, si deve immaginare in origine più intenso e profondo, come suggeriscono anche i ritocchi in azzurrite ancora visibili in corrispondenza di alcuni pentimenti, suggerendo un maggiore contrasto sia con la zona dei santi e del paesaggio sia con la nube nella parte celeste, trattata con una stesura più morbida e velata. Un utile confronto è offerto dalla pala per la chiesa di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo, sostanzialmente contemporanea e vicina anche nelle dimensioni e nell’assetto compositivo.
49. Girolamo Romani, detto Romanino, Incoronazione della Vergine e san Domenico tra i santi Faustino, Paolo, Tommaso d’Aquino, Pietro martire, Antonino da Firenze, Ambrogio Sansedoni, Pietro e Giovita
Savy
2022
Abstract
La pala, un tempo sull’altare maggiore della chiesa di San Domenico a Brescia, oggi scomparsa, è riconosciuta a Girolamo Romanino già dalle fonti antiche che ne apprezzano la qualità della condotta pittorica. Inizialmente datata ai primi anni venti, poi al quarto decennio del Cinquecento, è stata ricondotta negli studi moderni agli anni intorno o dopo il 1545. Alle opere degli anni quaranta rimanda in particolare il raffinato luminismo dei tessuti, in dialogo con gli esempi di Moretto e di Savoldo sul tema. Manti argentei, verdi e rosati connotano nella parte alta della tela i protagonisti divini dell’Incoronazione della Vergine, assisi, contro un alone dorato, su una nuvola vaporosa attorniata da energici angioletti. All’ombra di questa, intorno a un monumentale san Domenico, si compone il gruppo affollato dei santi, introdotto dai due cavalieri Faustino e Giovita che spiccano con le loro vesti preziose e con le lucenti armature in primo piano. Tra le figure retrostanti si identificano i santi Paolo e, dall’altro lato, Pietro, Antonino vescovo e i domenicani Tommaso d’Aquino, Pietro martire e Ambrogio Sansedoni, le cui vesti, bianche tonache e manti scuri, sono rese con diverse modulazioni di luce e di spessore, tra zone più corpose in primo piano e campiture più leggere verso il fondo. L’intervento di restauro, rimuovendo la vecchia vernice, ha restituito una più chiara lettura di tali valori e ha evidenziato modifiche, dovute sia a interventi originali in corso d’opera sia a successivi processi di alterazione, di estremo interesse per la comprensione del dipinto. Tra questi, l’azzurro del cielo, che è risultato condotto a smaltino e oggi degradato verso il grigio, si deve immaginare in origine più intenso e profondo, come suggeriscono anche i ritocchi in azzurrite ancora visibili in corrispondenza di alcuni pentimenti, suggerendo un maggiore contrasto sia con la zona dei santi e del paesaggio sia con la nube nella parte celeste, trattata con una stesura più morbida e velata. Un utile confronto è offerto dalla pala per la chiesa di Sant’Alessandro in Colonna a Bergamo, sostanzialmente contemporanea e vicina anche nelle dimensioni e nell’assetto compositivo.Pubblicazioni consigliate
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