Fin dal XIII secolo il tessuto urbano di Venezia è costellato da un diffuso numero di confraternite laiche, note con il termine di “Scuole”. Oggi nella definizione di “Scuole Piccole” si fanno rientrare le antiche associazioni “di nazionalità”, “di devozione” e di “arti e mestieri”, attive non solo nelle forme tangibili di devozione religiosa, ma soprattutto nello svolgimento di essenziali funzioni sociali. Nelle Scuole Piccole sono infatti regolarmente accolte donne e stranieri e tra i loro compiti rientra la protezione di categorie sociali deboli – quali indigenti, vedove, orfani e infermi – tramite la regolare attività assistenziale da svolgere presso gli “ospitali” disseminati nel territorio. In questo contesto, la Scuola dei Varoteri – e cioè la congregazione che riunisce pellicciai e commercianti di pellicce – si presenta come un osservatorio privilegiato per la comprensione di un complesso fenomeno sociale tanto radicato e caratterizzante della realtà lagunare da determinare gli spazi e le funzioni urbane. La fondazione della Scuola risale al 1271 e viene posta sotto l’intitolazione della Vergine Maria e di Santa Elisabetta. Il luogo scelto per ospitare la corporazione è un’area periferica della città, altamente strategica per la sua posizione: la Scuola sorgeva infatti presso gli spazi dell’attuale Campo dei Gesuiti nel sestiere di Cannaregio, al primo piano di un edificio indipendente posto nelle immediate circostanze della chiesa e dell’annesso monastero dei Crociferi, ai quali nel 1657 sarebbero subentrati i Gesuiti. Fin dal XIII secolo quest’area si era costituita come il distretto manifatturiero dedicato al confezionamento degli abiti: difatti, contigue alla chiesa dei Crociferi, sorgono le Scuole dei Sartori (sarti), dei Passamaneri (fabbricanti e venditori di passamanerie) e dei Tessitori di panni di seta. Per quanto concerne la Scuola dei Varoteri di nostro precipuo interesse, importanti informazioni sul suo spazio fisico pervengono dalle guide storiche, che trattano sia degli ambienti interni della nostra confraternita, che più in generale del limitrofo polo manifatturiero. Tuttavia, un brusco mutamento nell’assetto di questo distretto urbano viene a interferire con il normale svolgimento della vita della Scuola dei Varoteri, in seguito all’avvio dei lavori per il rifacimento della facciata della chiesa dei Gesuiti (dal 1715). Tale operazione offre l’opportunità alla famiglia Manin, casato friulano da poco entrato a far parte del patriziato veneziano e – per questo motivo – in cerca di affermazione sociale, di partecipare al finanziamento dell’operazione. Dai documenti settecenteschi emergono gli attriti tra la Compagnia del Gesù e l’antica istituzione – che nella chiesa possedeva un altare –, che culmineranno con la definitiva e ineludibile estromissione di quest’ultima dalla sua sede secolare. Nuovi rapporti di potere sono in atto ed è così che nel 1725 la Scuola dei Varoteri si trasferisce in Campo Santa Margherita, presso l’edificio che oggi appare in una posizione apparentemente incongrua – poiché al centro e isolato rispetto al resto dell’abitato –, ma all’epoca giustificata dall’affaccio sul Rio della Scoazzera, oggi interrato. È, questo, un contesto popolare e, come sottolineato dalla toponomastica del rio che attraversa il campo, adibito alla raccolta della spazzatura. Al fine di conservare il ricordo della loro storia, i confratelli staccano l’antico bassorilievo e le lapidi provenienti dalla prima sede e li portano nel nuovo edificio. Qui essi continuano a svolgere le normali attività della loro vita associata fino al 1808, quando le soppressioni napoleoniche colpiscono anche la nostra istituzione e la sede subisce un destino comune a molti altri locali, venendo prestata a diverse funzioni di utilità civile. Nella Venezia post-napoleonica, con le Scuole oramai definitivamente soppresse, l’edificio si fa così testimone del mutare dei tempi e dei cambiamenti urbani. Nella prima metà degli anni Venti del XX secolo l’ambiente viene adibito a “Scuola di mistica fascista”: un insediamento di natura simbolica, poiché in quegli anni Campo Santa Margherita è, nella geografia urbana di Venezia, un quartiere dal forte carattere popolare e operaio. Nella sua storia novecentesca, questa “roccaforte rossa” – reputazione che deve alla presenza fin dal 1910 della sede della Camera del Lavoro nei locali della ex Chiesa di Santa Margherita – diviene così teatro di scontri tra le fazioni socialiste e fasciste. Seguendo le vicende che hanno contraddistinto la vita della Scuola dei Varoteri, dalla fondazione ai Crociferi fino al suo trasferimento a Santa Margherita, ci proponiamo dunque di presentare gli sviluppi, le continuità e i cambiamenti che contraddistinguono la storia urbana di una realtà stratificata come Venezia, che è capace di mantenersi viva proprio in qualità di palinsesto dalla secolare tradizione in continuo mutamento.
La Scuola dei Varoteri, dai Crociferi a Santa Margherita. Trasformazioni urbane dei luoghi di una istituzione
selena spader
In corso di stampa
Abstract
Fin dal XIII secolo il tessuto urbano di Venezia è costellato da un diffuso numero di confraternite laiche, note con il termine di “Scuole”. Oggi nella definizione di “Scuole Piccole” si fanno rientrare le antiche associazioni “di nazionalità”, “di devozione” e di “arti e mestieri”, attive non solo nelle forme tangibili di devozione religiosa, ma soprattutto nello svolgimento di essenziali funzioni sociali. Nelle Scuole Piccole sono infatti regolarmente accolte donne e stranieri e tra i loro compiti rientra la protezione di categorie sociali deboli – quali indigenti, vedove, orfani e infermi – tramite la regolare attività assistenziale da svolgere presso gli “ospitali” disseminati nel territorio. In questo contesto, la Scuola dei Varoteri – e cioè la congregazione che riunisce pellicciai e commercianti di pellicce – si presenta come un osservatorio privilegiato per la comprensione di un complesso fenomeno sociale tanto radicato e caratterizzante della realtà lagunare da determinare gli spazi e le funzioni urbane. La fondazione della Scuola risale al 1271 e viene posta sotto l’intitolazione della Vergine Maria e di Santa Elisabetta. Il luogo scelto per ospitare la corporazione è un’area periferica della città, altamente strategica per la sua posizione: la Scuola sorgeva infatti presso gli spazi dell’attuale Campo dei Gesuiti nel sestiere di Cannaregio, al primo piano di un edificio indipendente posto nelle immediate circostanze della chiesa e dell’annesso monastero dei Crociferi, ai quali nel 1657 sarebbero subentrati i Gesuiti. Fin dal XIII secolo quest’area si era costituita come il distretto manifatturiero dedicato al confezionamento degli abiti: difatti, contigue alla chiesa dei Crociferi, sorgono le Scuole dei Sartori (sarti), dei Passamaneri (fabbricanti e venditori di passamanerie) e dei Tessitori di panni di seta. Per quanto concerne la Scuola dei Varoteri di nostro precipuo interesse, importanti informazioni sul suo spazio fisico pervengono dalle guide storiche, che trattano sia degli ambienti interni della nostra confraternita, che più in generale del limitrofo polo manifatturiero. Tuttavia, un brusco mutamento nell’assetto di questo distretto urbano viene a interferire con il normale svolgimento della vita della Scuola dei Varoteri, in seguito all’avvio dei lavori per il rifacimento della facciata della chiesa dei Gesuiti (dal 1715). Tale operazione offre l’opportunità alla famiglia Manin, casato friulano da poco entrato a far parte del patriziato veneziano e – per questo motivo – in cerca di affermazione sociale, di partecipare al finanziamento dell’operazione. Dai documenti settecenteschi emergono gli attriti tra la Compagnia del Gesù e l’antica istituzione – che nella chiesa possedeva un altare –, che culmineranno con la definitiva e ineludibile estromissione di quest’ultima dalla sua sede secolare. Nuovi rapporti di potere sono in atto ed è così che nel 1725 la Scuola dei Varoteri si trasferisce in Campo Santa Margherita, presso l’edificio che oggi appare in una posizione apparentemente incongrua – poiché al centro e isolato rispetto al resto dell’abitato –, ma all’epoca giustificata dall’affaccio sul Rio della Scoazzera, oggi interrato. È, questo, un contesto popolare e, come sottolineato dalla toponomastica del rio che attraversa il campo, adibito alla raccolta della spazzatura. Al fine di conservare il ricordo della loro storia, i confratelli staccano l’antico bassorilievo e le lapidi provenienti dalla prima sede e li portano nel nuovo edificio. Qui essi continuano a svolgere le normali attività della loro vita associata fino al 1808, quando le soppressioni napoleoniche colpiscono anche la nostra istituzione e la sede subisce un destino comune a molti altri locali, venendo prestata a diverse funzioni di utilità civile. Nella Venezia post-napoleonica, con le Scuole oramai definitivamente soppresse, l’edificio si fa così testimone del mutare dei tempi e dei cambiamenti urbani. Nella prima metà degli anni Venti del XX secolo l’ambiente viene adibito a “Scuola di mistica fascista”: un insediamento di natura simbolica, poiché in quegli anni Campo Santa Margherita è, nella geografia urbana di Venezia, un quartiere dal forte carattere popolare e operaio. Nella sua storia novecentesca, questa “roccaforte rossa” – reputazione che deve alla presenza fin dal 1910 della sede della Camera del Lavoro nei locali della ex Chiesa di Santa Margherita – diviene così teatro di scontri tra le fazioni socialiste e fasciste. Seguendo le vicende che hanno contraddistinto la vita della Scuola dei Varoteri, dalla fondazione ai Crociferi fino al suo trasferimento a Santa Margherita, ci proponiamo dunque di presentare gli sviluppi, le continuità e i cambiamenti che contraddistinguono la storia urbana di una realtà stratificata come Venezia, che è capace di mantenersi viva proprio in qualità di palinsesto dalla secolare tradizione in continuo mutamento.Pubblicazioni consigliate
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