Questo articolo propone alcune riflessioni sull’educazione al paesaggio in caso di disabilità visiva. Dopo quattro anni di ricerca dedicati a questo tema, desideriamo condividere con la comunità scientifica una questione per noi cruciale, ma sostanzialmente ancora ignorata in letteratura. L’educatore può omettere o ha il dovere di comunicare il significato visivo del concetto di paesaggio? Quali responsabilità, quali rischi e quali benefici possono emergere da una o dall’altra scelta? Crediamo che si tratti di un problema delicato e affatto banale, che non può essere aggirato semplicemente ricorrendo a forme di percezione e significazione non visuali. Per qualsiasi scelta si protenda, riteniamo che si tratti di un problema che investe la deontologia educativa, che determina e quindi precede ogni eventuale speculazione teorica o soluzione metodologica. Per questa ragione, desideriamo fornire al lettore alcuni strumenti concettuali utili a inquadrare la questione e le sue possibili implicazioni attraverso differenti punti di vista. Nella fattispecie, la riflessione su tali implicazioni sarà sviluppata adottando e comparando tre tipologie di fonti: fonti normative nazionali e internazionali; fonti etimologiche e linguistiche; fonti della teoria geografica sul paesaggio. L’esito di queste riflessioni ci porta a ipotizzare che, anche in caso di disabilità visiva, l’educatore non possa sottrarsi al dovere di trovare gli strumenti per comunicare il valore visivo del paesaggio e, di conseguenza, a tutti i rischi che questa scelta comporta.

La didattica del paesaggio in caso di disabilità visiva: alcune riflessioni per una deontologia dell’educazione geografica

Michele Piccolo
;
Benedetta Castiglioni
Supervision
2022

Abstract

Questo articolo propone alcune riflessioni sull’educazione al paesaggio in caso di disabilità visiva. Dopo quattro anni di ricerca dedicati a questo tema, desideriamo condividere con la comunità scientifica una questione per noi cruciale, ma sostanzialmente ancora ignorata in letteratura. L’educatore può omettere o ha il dovere di comunicare il significato visivo del concetto di paesaggio? Quali responsabilità, quali rischi e quali benefici possono emergere da una o dall’altra scelta? Crediamo che si tratti di un problema delicato e affatto banale, che non può essere aggirato semplicemente ricorrendo a forme di percezione e significazione non visuali. Per qualsiasi scelta si protenda, riteniamo che si tratti di un problema che investe la deontologia educativa, che determina e quindi precede ogni eventuale speculazione teorica o soluzione metodologica. Per questa ragione, desideriamo fornire al lettore alcuni strumenti concettuali utili a inquadrare la questione e le sue possibili implicazioni attraverso differenti punti di vista. Nella fattispecie, la riflessione su tali implicazioni sarà sviluppata adottando e comparando tre tipologie di fonti: fonti normative nazionali e internazionali; fonti etimologiche e linguistiche; fonti della teoria geografica sul paesaggio. L’esito di queste riflessioni ci porta a ipotizzare che, anche in caso di disabilità visiva, l’educatore non possa sottrarsi al dovere di trovare gli strumenti per comunicare il valore visivo del paesaggio e, di conseguenza, a tutti i rischi che questa scelta comporta.
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