The Tephritidae family, commonly known as “fruit flies”, is a large Dipteran family. It includes many notorious agricultural pests, as the olive fly (Bactrocera oleae), the cherry fruit fly (Rhagoletis cerasi) and the walnut husk fly (R. completa). The importance of bacteria in the life history of fruit flies is well-known. In the beginning of last century Petri (1909) was the first to report the presence of symbiotic bacteria within the olive fruit fly (Bactrocera oleae); recently it was designated as “Candidatus Erwinia dacicola”. In Tephritids flies, the bacteria are housed in the midgut and in a specialized intestinal diverticulum, located in the fly head, called oesophageal bulb. In this thesis, some aspects of the relationship between the above mentioned Tephritid flies and bacteria has been investigated, such as the microflora composition, the symbiont genetic variability and the bacterial transmission. The thesis is composed of five studies. The first study analyzes in details the genetic variability of Ca. E. dacicola in various Italian olive fly populations, studying the 16S rRNA gene. The presence of only two symbiont lineages, not coexisting in the same fly individual, was clearly noticed. Interestingly, the olive fly populations of the two main Italian islands, Sicily and Sardinia, are exclusively represented by one of the two lineages, which could suggest a non-random distribution. On the other hand, the peninsular populations show both bacterial haplotypes, in different proportions. No significant correlation was found between the two symbiont haplotypes and the observed host fly haplotypes, providing evidences for a mixed model of vertical and horizontal transmission of the symbiont during the fly life cycle. The second study extends the previous study to a wider range. The presence of only two symbiont haplotypes was still confirmed for the Mediterranean and African populations. Surprisingly the symbiont haplotypes seem to be more related to the territory than the numerous host haplotypes. The third study deals with the identification of the microflora composition of R. completa and R. cerasi. All the life stages of the cherry fruit fly and the adult stage in R. completa have been taken into account, using both culture dependent and independent methods. Bacteria detected within the oesophageal bulbs of both species are affiliated to Enterobacteriaceae family. The results on the bacterial transmission show a different mechanisms respect to the olive fly and the subfamily Tephritinae symbionts. In the fourth study, the Klebsiella spp. strains isolated from the oesophageal bulb of R. completa and Ceratitis capitata were examined for their ability to incorporate the gene encoding green fluorescent protein (GFP). These bacteria were successfully labelled by conjugation with the gfp gene and the gfp gene was stably maintained in the transgenic strains. Moreover, the colonizing ability of gfp-tagged bacteria in the original host was tested. Here a non-invasive technique to monitor the bacterial fate during the fly life stages was used. Gfp-tagged bacteria were successfully ingested by walnut husk flies where they established a stable population in the fly gut over time and throughout developmental stages. This is the first report in Tephritid flies of native engineered bacteria re-introduced in its original host and the shuttle system used in this study could be a useful tool to expand and strengthen the possibility of biological control of the insect pest. The last study is part of Isabel Martinez-Sañudo PhD thesis, for which I contributed to experimental works. The main goal of this study was to analyse the phylogenetic relationships between flies of the Tephritinae subfamily and their symbiotic bacteria. Some species of this subfamily are in effect known to host specific non-culturable symbiont bacteria (‘‘Candidatus Stammerula spp.”) in their midgut. The cophylogenetic analysis reveals the presence of congruence, even if imperfect, between hosts and symbionts. This non-strict congruence is probably due to events such as losses, duplications and hosts switching, which are likely to arise during the biological cycle of the fly in consideration of the extracellular status of these symbionts.
I Tefritidi, noti anche come “fruit fly”, rappresentano una vasta famiglia di Ditteri comprendenti specie dannose per l’agricoltura quali la mosca dell’olivo (Bactrocera oleae), la mosca del ciliegio (Rhagoletis cerasi), la mosca del noce (R. completa) e la mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata). L’importanza delle associazioni batteriche nella famiglia dei Tefritidi è nota sin da quando Petri, all’inizio del secolo scorso, riportò la presenza di un battere simbionte, in seguito designato “Candidatus Erwinia dacicola”, in un diverticolo del capo della mosca dell’olivo chiamato bulbo esofageo. I successivi studi hanno evidenziato, sia con metodi tradizionali, sia con un approccio di tipo molecolare, lo stretto legame esistente tra batteri e tefritidi, siano essi simbionti ereditari e coevoluti e non coltivabili o semplici batteri associati. Nel presente lavoro sono stati analizzati in dettaglio alcuni aspetti delle relazioni batteriche in alcune specie di tefritidi, quali la variabilità genetica dei simbionti, la composizione della microflora batterica e la presenza di trasmissione attraverso i diversi stadi di sviluppo dell’ospite. La tesi si articola in cinque capitoli. Il primo lavoro analizza la variabilità genetica nel battere simbionte di B. oleae “Ca. Erwinia dacicola” in diverse popolazioni italiane della mosca dell’olivo, usando il gene ribosomale 16S come marcatore. Lo studio ha evidenziato la presenza di soli due aplotipi del simbionte, evidenziando anche che la loro presenza contemporanea all’interno di uno stesso ospite sembra in base a tutti i reperti non essere non essere probabile. La distribuzione di queste due linee batteriche nelle popolazioni di B. oleae sembra inoltre non essere casuale, poiché le popolazioni delle due maggiori isole italiane (Sardegna e Sicilia) ospitano uno o l’altro dei due aplotipi. Al contrario, le popolazioni della penisola ospitano, in proporzioni significativamente diverse, entrambi gli aplotipi del simbionte. Non è emersa una correlazione tra gli aplotipi di “Ca. E. dacicola” e gli aplotipi mitocondriali del loro ospite. Tale risultato potrebbe essere spiegato ammettendo l’esistenza, oltre alla prevalente trasmissione verticale, di accidentali passaggi orizzontali del simbionte. Nel secondo lavoro l’indagine è stata estesa a un areale più ampio circummediterraneo della mosca dell’olivo. I due aplotipi di “Ca Erwinia dacicola” rinvenuti in Italia sono stati riscontrati con frequenze diverse anche in Africa. Inaspettatamente gli aplotipi del simbionte risultano essere più correlati al territorio di quanto non lo siano i numerosi aplotipi mitocondriali dell’ospite. Nel terzo lavoro è stata indagata la composizione della microflora di R. completa e R. cerasi prelevate in natura, analizzandone i diversi stadi di sviluppo sia con approccio tradizionale coltura-dipendente che con approccio molecolare coltura-indipendente. Dal lavoro è emerso che le entità batteriche predominanti presenti nel bulbo esofageo appartengono alla famiglia delle Enterobacteriaceae. I risultati ottenuti evidenziano un meccanismo di trasmissione dei batteri diverso da quello evidenziato per i simbionti della mosca dell’olivo e della sottofamiglia Tephritinae. Nel quarto lavoro è stata studiata l’abilità di ceppi di Klebsiella isolati originariamente dal bulbo esofageo di R. completa e C. capitata di incorporare il gene per l’espressione di una proteina fluorescente (GFP) e quindi la capacità del battere cosi modificato di ri-colonizzare l’ospite originario. Questa tecnica non distruttiva ha consentito il monitoraggio del destino dei batteri nel corso degli stadi di sviluppo dell’insetto. I batteri modificati sono stai ingeriti con successo dalle mosche del noce e ne hanno colonizzato in modo stabile l’intestino medio allo stadio di larva e quindi nella pupa. Si tratta del primo caso in cui un battere tipico della microflora di un tefritide è stato ingegnerizzato con successo e quindi introdotto nell’ospite nativo. La tecnica utilizzata in questo studio potrebbe costituire un valido strumento per espandere questo tipo di ricerca anche al controllo biologico di altre specie dannose in agricoltura. L’ultimo lavoro fa parte parzialmente della tesi di dottorato della Dott.ssa Isabel Martinez-Sañudo, per il quale ho contribuito nella parte sperimentale. L’obbiettivo principale di questo studio è stato quello di indagare le relazioni filogenetiche tra le mosche della sottofamiglia delle Tefritine e i loro batteri simbionti. Alcune specie di questa sottofamiglia sono infatti note per ospitare un simbionte specifico ereditario e non coltivabile (‘‘Candidatus Stammerula spp.”) nell’intestino medio. Tali batteri simbionti sono presenti solo in due delle cinque tribù della sottofamiglia studiate. L’analisi della cofilogenesi ha rivelato la presenza di una congruenza, seppure imperfetta, tra ospiti e simbionti.
Symbiotic and associated bacteria in Tephritid flies / Savio, Claudia. - (2011 Jan 31).
Symbiotic and associated bacteria in Tephritid flies
Savio, Claudia
2011
Abstract
I Tefritidi, noti anche come “fruit fly”, rappresentano una vasta famiglia di Ditteri comprendenti specie dannose per l’agricoltura quali la mosca dell’olivo (Bactrocera oleae), la mosca del ciliegio (Rhagoletis cerasi), la mosca del noce (R. completa) e la mosca mediterranea della frutta (Ceratitis capitata). L’importanza delle associazioni batteriche nella famiglia dei Tefritidi è nota sin da quando Petri, all’inizio del secolo scorso, riportò la presenza di un battere simbionte, in seguito designato “Candidatus Erwinia dacicola”, in un diverticolo del capo della mosca dell’olivo chiamato bulbo esofageo. I successivi studi hanno evidenziato, sia con metodi tradizionali, sia con un approccio di tipo molecolare, lo stretto legame esistente tra batteri e tefritidi, siano essi simbionti ereditari e coevoluti e non coltivabili o semplici batteri associati. Nel presente lavoro sono stati analizzati in dettaglio alcuni aspetti delle relazioni batteriche in alcune specie di tefritidi, quali la variabilità genetica dei simbionti, la composizione della microflora batterica e la presenza di trasmissione attraverso i diversi stadi di sviluppo dell’ospite. La tesi si articola in cinque capitoli. Il primo lavoro analizza la variabilità genetica nel battere simbionte di B. oleae “Ca. Erwinia dacicola” in diverse popolazioni italiane della mosca dell’olivo, usando il gene ribosomale 16S come marcatore. Lo studio ha evidenziato la presenza di soli due aplotipi del simbionte, evidenziando anche che la loro presenza contemporanea all’interno di uno stesso ospite sembra in base a tutti i reperti non essere non essere probabile. La distribuzione di queste due linee batteriche nelle popolazioni di B. oleae sembra inoltre non essere casuale, poiché le popolazioni delle due maggiori isole italiane (Sardegna e Sicilia) ospitano uno o l’altro dei due aplotipi. Al contrario, le popolazioni della penisola ospitano, in proporzioni significativamente diverse, entrambi gli aplotipi del simbionte. Non è emersa una correlazione tra gli aplotipi di “Ca. E. dacicola” e gli aplotipi mitocondriali del loro ospite. Tale risultato potrebbe essere spiegato ammettendo l’esistenza, oltre alla prevalente trasmissione verticale, di accidentali passaggi orizzontali del simbionte. Nel secondo lavoro l’indagine è stata estesa a un areale più ampio circummediterraneo della mosca dell’olivo. I due aplotipi di “Ca Erwinia dacicola” rinvenuti in Italia sono stati riscontrati con frequenze diverse anche in Africa. Inaspettatamente gli aplotipi del simbionte risultano essere più correlati al territorio di quanto non lo siano i numerosi aplotipi mitocondriali dell’ospite. Nel terzo lavoro è stata indagata la composizione della microflora di R. completa e R. cerasi prelevate in natura, analizzandone i diversi stadi di sviluppo sia con approccio tradizionale coltura-dipendente che con approccio molecolare coltura-indipendente. Dal lavoro è emerso che le entità batteriche predominanti presenti nel bulbo esofageo appartengono alla famiglia delle Enterobacteriaceae. I risultati ottenuti evidenziano un meccanismo di trasmissione dei batteri diverso da quello evidenziato per i simbionti della mosca dell’olivo e della sottofamiglia Tephritinae. Nel quarto lavoro è stata studiata l’abilità di ceppi di Klebsiella isolati originariamente dal bulbo esofageo di R. completa e C. capitata di incorporare il gene per l’espressione di una proteina fluorescente (GFP) e quindi la capacità del battere cosi modificato di ri-colonizzare l’ospite originario. Questa tecnica non distruttiva ha consentito il monitoraggio del destino dei batteri nel corso degli stadi di sviluppo dell’insetto. I batteri modificati sono stai ingeriti con successo dalle mosche del noce e ne hanno colonizzato in modo stabile l’intestino medio allo stadio di larva e quindi nella pupa. Si tratta del primo caso in cui un battere tipico della microflora di un tefritide è stato ingegnerizzato con successo e quindi introdotto nell’ospite nativo. La tecnica utilizzata in questo studio potrebbe costituire un valido strumento per espandere questo tipo di ricerca anche al controllo biologico di altre specie dannose in agricoltura. L’ultimo lavoro fa parte parzialmente della tesi di dottorato della Dott.ssa Isabel Martinez-Sañudo, per il quale ho contribuito nella parte sperimentale. L’obbiettivo principale di questo studio è stato quello di indagare le relazioni filogenetiche tra le mosche della sottofamiglia delle Tefritine e i loro batteri simbionti. Alcune specie di questa sottofamiglia sono infatti note per ospitare un simbionte specifico ereditario e non coltivabile (‘‘Candidatus Stammerula spp.”) nell’intestino medio. Tali batteri simbionti sono presenti solo in due delle cinque tribù della sottofamiglia studiate. L’analisi della cofilogenesi ha rivelato la presenza di una congruenza, seppure imperfetta, tra ospiti e simbionti.File | Dimensione | Formato | |
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