B-cell chronic lymphocytic leukemia (B-CLL) is the most common leukemia in adults and it is characterized by the accumulation of monoclonal small CD5+ B lymphocytes, in peripheral blood, bone marrow and lymphoid organs. The clinical course encompasses indolent to aggressive disorders, the latter requiring intensive therapeutic intervention. In the past, several clinical and biological prognostic factors have been proposed, including clinical stage, lymphocyte doubling time, bone marrow infiltration, percentage of prolymphocytes, serum β2 microglobulin, tymidine kinase and soluble CD23 levels. Even if these factors correlate with the clinical outcome of the CLL, they were not able to predict the evolution of the disease in patients at the earliest stages of disease. For this reason novel prognostic factors able to predict at diagnosis the clinical evolution of the disease and stratifying patients into groups with a different risk degree have been recently identified. During the three years of this project we collected pheripheral blood samples from 247 patients affected by B-CLL referring to our Hematology and Clinical Immunology Unit and we evaluated the prognostic role of some new factors, including: somatic hypermutations of the Ig variable region genes (SHM), BCR VH repertoire, expression of CD38, CD305 and ZAP-70 in leukemic cells. By flow cytometry, we compared two techniques for ZAP-70 analysis: the isotype control and the ratiometric method. Between the two methods we selected the second one because it was indipendent of the operator and more reproducible. Then we standardized this method for our laboratory instruments. We optimized threshold value for ZAP-70 expression and we selected the cut-off that had greatest sensitivity and specificity. Finally we compared the results obtained from 4 different monoclonal antibodies (MoAb) anti-ZAP-70, identifying two MoAb for the detection of ZAP-70: the anti-ZAP70 Alexa Fluor 488, Caltag Laboratories and anti-ZAP70 FITC, Upstate Cell Signaling Solution. The analysis of LAIR-1 showed that it was reduced in CLL patients (41% ± 32) with respect to in healthy subjects (84% ± 1) and, in particular high-risk patients (stage 3 and 4) had less protein expression than lower-risk group (stage 0-2). Our data confirmed the prognostic role of SHM in CLL: the median survival times for mutated and unmutated patients were 260 and 99 months, respectively (p<0,001). The evaluation of the VH repertoire highlighted a prevalent expression of the gene families VH3 (58% of the patients), VH1 (18% of the sample) and VH4 (18%). The expression of VH1 genes was associated with an unmutated IgVH status (58% of CLL patients); the expression of VH4 family was associated to a mutated status (SHM≥2%) and to a median global survival of 220 months, significantly higher when compared to the average of the whole sample (p<0,001). We also demostrated a prognostic role for CD38 and ZAP-70 expression: the median overall survival for CD38 negative and positive patients was 123 and 250 months, respectively (p<0,01); the median survival for the ZAP-70 positive and negative patients was 135 and 220 months (p<0,01). We analyzed the correlations between these prognostic factors. Statistical analysis showed a significant correlation between CD38 expression and the unmutated IgVH status (p<0,01) and between ZAP-70 expression and the absence of hypersomatic mutation (p<0,05). LAIR-1 was less expressed in both SHM negative patients and in CD38 positive patients. Our data confirm the utility of new prognostic factors as far as they may predict the clinical evolution of the disease. However, the mutational status of variable heavy chain Ig genes at present represents the most reliable and mandatory prognostic factor. ZAP-70 evaluation by flow cytometry tecnology is promising but every laboratory should standardize appropriate methods according to the instruments and reagents available in their setting.

La leucemia linfatica cronica di tipo B (LLC-B) è la forma più comune di leucemia dell'adulto ed è caratterizzata dall’accumulo nel sangue periferico, nel midollo osseo e negli organi linfatici di piccoli linfociti B monoclonali esprimenti il marcatore CD5. È una patologia eterogenea, la cui evoluzione varia da un decorso clinico indolente, che non necessita di alcuna terapia, ad una rapida progressione che richiede un trattamento. L’identificazione di fattori che permettano di stratificare pazienti a prognosi differente fin dalle fasi iniziali della malattia è uno dei principali obiettivi degli studi riguardanti la LLC-B. Negli anni sono stati definiti fattori di prognosi classici (il tempo di raddoppiamento linfocitario, l’infiltrazione del midollo osseo, la percentuale di prolinfociti, i livelli di β2 microglobulina, di timidina chinasi e di CD23 solubile), e, più recentemente, fattori prognostici correlati a caratteristiche molecolari del clone leucemico, tra i quali la presenza di alterazioni citogenetiche, lo stato mutazionale dei geni della catena pesante delle immunoglobuline (SHM), l’espressione dell’enzima telomerasi e di molecole quali CD38 e ZAP-70. Un possibile fattore prognostico, ancora in fase di valutazione, è infine il leucocyte-associated Ig-like receptor-1 (LAIR-1 o CD305), un recettore inibitorio, espresso sulla superficie delle cellule B, che può indurre la defosforilazione di diverse chinasi. Il progetto di ricerca sviluppato nei tre anni di dottorato mirava a definire il valore di alcuni fattori prognostici di recente definizione (CD38, CD305, ZAP-70 e SHM) e le possibili correlazioni esistenti tra essi. In particolare, poiché le modalità di determinazione dell’espressione della chinasi ZAP-70 sono oggetto di discussione a livello internazionale, una parte rilevante del triennio di questo dottorato di ricerca è stata dedicata alla valutazione ed alla comparazione di diversi metodi sperimentali, al fine di identificare un procedimento affidabile e ripetibile per la quantificazione di questa proteina. L’individuazione di un metodo affidabile e riproducibile per l’analisi di ZAP-70 mediante analisi citofluorimetrica ha portato alla scelta del metodo raziometrico, che valuta l’intensità media di fluorescenza di ZAP-70 nei linfociti B patologici in rapporto all’intensità media di fluorescenza della proteina nei linfociti T. Il metodo si è rivelato infatti più indipendente dall’operatore rispetto alle altre metodiche analizzate. Una volta stabilito il metodo più appropriato, abbiamo adeguato la metodica alla strumentazione del nostro laboratorio di Ematologia e Immunologia Clinica. Abbiamo quindi stabilito il valore soglia che meglio distingueva tra pazienti positivi e negativi e che ci permetteva di ottenere le maggiori specificità e sensibilità e abbiamo infine confrontato i dati ottenuti dall’utilizzo di diversi anticorpi monoclonali in grado di riconoscere la proteina ZAP-70 dimostrando che i due anticorpi che davano risultati maggiormente riproducibili e più simili tra loro erano l’anticorpo anti-ZAP70 Alexa Fluor 488, Caltag Laboratories e l’anticorpo anti-ZAP70 FITC, Upstate cell signaling solution. Per quanto riguarda gli altri fattori prognostici esaminati, abbiamo innanzitutto confermano il ruolo prognostico delle SHM nei 247 pazienti da noi analizzati e afferenti all’Unità operativa di Ematologia e Immunologia Clinica. Infatti il valore medio di sopravvivenza globale per i pazienti con SHM≥2% rispetto alle sequenze germline è risultato pari a 260 mesi e 99 mesi rispettivamente (p<0,001). La valutazione del repertorio VH ha evidenziato una prevalente espressione della famiglia VH3 (58% del campione). Le altre famiglie VH più rappresentate erano la famiglia VH1 (18% del campione) e VH4 (18%). L’espressione della famiglia VH1, era associata ad un’elevata probabilità di avere uno stato mutazionale <2% delle IgVH (58%). L’espressione della famiglia VH4, invece, si associa ad uno stato mutato (≥2%) delle IgVH (67%) e ad una sopravvivenza globale media di 220 mesi, significativamente superiore rispetto alla media dell’intero campione (p<0,001). Anche CD38 e ZAP-70 hanno dimostrato un ruolo prognostico importante: la sopravvivenza globale media per i pazienti CD38 positivi e negativi era pari rispettivamente a 123 mesi e 250 mesi (p=0,002); la sopravvivenza globale media per i pazienti ZAP-70 positivi e negativi era pari a 135 e 220 mesi (p=0,009). Lo studio dell’espressione di LAIR-1 ha dimostrato che questo recettore è espresso mediamente in quantità minore (41%±32) rispetto ai soggetti sani (84%±1), ed in particolare i pazienti ad alto rischio (stadio 3 e 4) avevano un’espressione minore della proteina rispetto al gruppo a minor rischio (stadio 0-2). Abbiamo valutato l’esistenza di correlazioni tra i diversi fattori prognostici. Abbiamo così rilevato una correlazione statisticamente significativa tra l’espressione di CD38 e l’assenza di ipermutazioni somatiche (p<0,01). Analogamente, abbiamo osservato una correlazione tra la positività di espressione di ZAP-70 e la mancanza di SHM (p<0,05). Per quanto riguarda LAIR-1, il recettore risulta espresso in quantità minore sia nei pazienti con SHM<2% sia in quelli CD38 positivi, mentre non è emersa alcuna differenza quando si sono considerati i pazienti per l’espressione di ZAP-70. I risultati ottenuti confermano l’efficacia dei fattori prognostici innovativi nel predire fin dal momento della diagnosi il possibile decorso clinico della malattia. Lo stato mutazionale rimane il fattore prognostico di riferimento e attualmente non sostituibile. Per quanto riguarda la proteina ZAP-70, promettente per la praticità e la rapidità della metodica impiegata per la sua valutazione, va sottolineato che ogni laboratorio deve standardizzare la metodica adeguandola agli strumenti ed ai reagenti in dotazione.

Fattori prognostici nella leucemia linfatica cronica di tipo B / Boscaro, Elisa. - (2010 Jan 27).

Fattori prognostici nella leucemia linfatica cronica di tipo B

Boscaro, Elisa
2010

Abstract

La leucemia linfatica cronica di tipo B (LLC-B) è la forma più comune di leucemia dell'adulto ed è caratterizzata dall’accumulo nel sangue periferico, nel midollo osseo e negli organi linfatici di piccoli linfociti B monoclonali esprimenti il marcatore CD5. È una patologia eterogenea, la cui evoluzione varia da un decorso clinico indolente, che non necessita di alcuna terapia, ad una rapida progressione che richiede un trattamento. L’identificazione di fattori che permettano di stratificare pazienti a prognosi differente fin dalle fasi iniziali della malattia è uno dei principali obiettivi degli studi riguardanti la LLC-B. Negli anni sono stati definiti fattori di prognosi classici (il tempo di raddoppiamento linfocitario, l’infiltrazione del midollo osseo, la percentuale di prolinfociti, i livelli di β2 microglobulina, di timidina chinasi e di CD23 solubile), e, più recentemente, fattori prognostici correlati a caratteristiche molecolari del clone leucemico, tra i quali la presenza di alterazioni citogenetiche, lo stato mutazionale dei geni della catena pesante delle immunoglobuline (SHM), l’espressione dell’enzima telomerasi e di molecole quali CD38 e ZAP-70. Un possibile fattore prognostico, ancora in fase di valutazione, è infine il leucocyte-associated Ig-like receptor-1 (LAIR-1 o CD305), un recettore inibitorio, espresso sulla superficie delle cellule B, che può indurre la defosforilazione di diverse chinasi. Il progetto di ricerca sviluppato nei tre anni di dottorato mirava a definire il valore di alcuni fattori prognostici di recente definizione (CD38, CD305, ZAP-70 e SHM) e le possibili correlazioni esistenti tra essi. In particolare, poiché le modalità di determinazione dell’espressione della chinasi ZAP-70 sono oggetto di discussione a livello internazionale, una parte rilevante del triennio di questo dottorato di ricerca è stata dedicata alla valutazione ed alla comparazione di diversi metodi sperimentali, al fine di identificare un procedimento affidabile e ripetibile per la quantificazione di questa proteina. L’individuazione di un metodo affidabile e riproducibile per l’analisi di ZAP-70 mediante analisi citofluorimetrica ha portato alla scelta del metodo raziometrico, che valuta l’intensità media di fluorescenza di ZAP-70 nei linfociti B patologici in rapporto all’intensità media di fluorescenza della proteina nei linfociti T. Il metodo si è rivelato infatti più indipendente dall’operatore rispetto alle altre metodiche analizzate. Una volta stabilito il metodo più appropriato, abbiamo adeguato la metodica alla strumentazione del nostro laboratorio di Ematologia e Immunologia Clinica. Abbiamo quindi stabilito il valore soglia che meglio distingueva tra pazienti positivi e negativi e che ci permetteva di ottenere le maggiori specificità e sensibilità e abbiamo infine confrontato i dati ottenuti dall’utilizzo di diversi anticorpi monoclonali in grado di riconoscere la proteina ZAP-70 dimostrando che i due anticorpi che davano risultati maggiormente riproducibili e più simili tra loro erano l’anticorpo anti-ZAP70 Alexa Fluor 488, Caltag Laboratories e l’anticorpo anti-ZAP70 FITC, Upstate cell signaling solution. Per quanto riguarda gli altri fattori prognostici esaminati, abbiamo innanzitutto confermano il ruolo prognostico delle SHM nei 247 pazienti da noi analizzati e afferenti all’Unità operativa di Ematologia e Immunologia Clinica. Infatti il valore medio di sopravvivenza globale per i pazienti con SHM≥2% rispetto alle sequenze germline è risultato pari a 260 mesi e 99 mesi rispettivamente (p<0,001). La valutazione del repertorio VH ha evidenziato una prevalente espressione della famiglia VH3 (58% del campione). Le altre famiglie VH più rappresentate erano la famiglia VH1 (18% del campione) e VH4 (18%). L’espressione della famiglia VH1, era associata ad un’elevata probabilità di avere uno stato mutazionale <2% delle IgVH (58%). L’espressione della famiglia VH4, invece, si associa ad uno stato mutato (≥2%) delle IgVH (67%) e ad una sopravvivenza globale media di 220 mesi, significativamente superiore rispetto alla media dell’intero campione (p<0,001). Anche CD38 e ZAP-70 hanno dimostrato un ruolo prognostico importante: la sopravvivenza globale media per i pazienti CD38 positivi e negativi era pari rispettivamente a 123 mesi e 250 mesi (p=0,002); la sopravvivenza globale media per i pazienti ZAP-70 positivi e negativi era pari a 135 e 220 mesi (p=0,009). Lo studio dell’espressione di LAIR-1 ha dimostrato che questo recettore è espresso mediamente in quantità minore (41%±32) rispetto ai soggetti sani (84%±1), ed in particolare i pazienti ad alto rischio (stadio 3 e 4) avevano un’espressione minore della proteina rispetto al gruppo a minor rischio (stadio 0-2). Abbiamo valutato l’esistenza di correlazioni tra i diversi fattori prognostici. Abbiamo così rilevato una correlazione statisticamente significativa tra l’espressione di CD38 e l’assenza di ipermutazioni somatiche (p<0,01). Analogamente, abbiamo osservato una correlazione tra la positività di espressione di ZAP-70 e la mancanza di SHM (p<0,05). Per quanto riguarda LAIR-1, il recettore risulta espresso in quantità minore sia nei pazienti con SHM<2% sia in quelli CD38 positivi, mentre non è emersa alcuna differenza quando si sono considerati i pazienti per l’espressione di ZAP-70. I risultati ottenuti confermano l’efficacia dei fattori prognostici innovativi nel predire fin dal momento della diagnosi il possibile decorso clinico della malattia. Lo stato mutazionale rimane il fattore prognostico di riferimento e attualmente non sostituibile. Per quanto riguarda la proteina ZAP-70, promettente per la praticità e la rapidità della metodica impiegata per la sua valutazione, va sottolineato che ogni laboratorio deve standardizzare la metodica adeguandola agli strumenti ed ai reagenti in dotazione.
27-gen-2010
B-cell chronic lymphocytic leukemia (B-CLL) is the most common leukemia in adults and it is characterized by the accumulation of monoclonal small CD5+ B lymphocytes, in peripheral blood, bone marrow and lymphoid organs. The clinical course encompasses indolent to aggressive disorders, the latter requiring intensive therapeutic intervention. In the past, several clinical and biological prognostic factors have been proposed, including clinical stage, lymphocyte doubling time, bone marrow infiltration, percentage of prolymphocytes, serum β2 microglobulin, tymidine kinase and soluble CD23 levels. Even if these factors correlate with the clinical outcome of the CLL, they were not able to predict the evolution of the disease in patients at the earliest stages of disease. For this reason novel prognostic factors able to predict at diagnosis the clinical evolution of the disease and stratifying patients into groups with a different risk degree have been recently identified. During the three years of this project we collected pheripheral blood samples from 247 patients affected by B-CLL referring to our Hematology and Clinical Immunology Unit and we evaluated the prognostic role of some new factors, including: somatic hypermutations of the Ig variable region genes (SHM), BCR VH repertoire, expression of CD38, CD305 and ZAP-70 in leukemic cells. By flow cytometry, we compared two techniques for ZAP-70 analysis: the isotype control and the ratiometric method. Between the two methods we selected the second one because it was indipendent of the operator and more reproducible. Then we standardized this method for our laboratory instruments. We optimized threshold value for ZAP-70 expression and we selected the cut-off that had greatest sensitivity and specificity. Finally we compared the results obtained from 4 different monoclonal antibodies (MoAb) anti-ZAP-70, identifying two MoAb for the detection of ZAP-70: the anti-ZAP70 Alexa Fluor 488, Caltag Laboratories and anti-ZAP70 FITC, Upstate Cell Signaling Solution. The analysis of LAIR-1 showed that it was reduced in CLL patients (41% ± 32) with respect to in healthy subjects (84% ± 1) and, in particular high-risk patients (stage 3 and 4) had less protein expression than lower-risk group (stage 0-2). Our data confirmed the prognostic role of SHM in CLL: the median survival times for mutated and unmutated patients were 260 and 99 months, respectively (p<0,001). The evaluation of the VH repertoire highlighted a prevalent expression of the gene families VH3 (58% of the patients), VH1 (18% of the sample) and VH4 (18%). The expression of VH1 genes was associated with an unmutated IgVH status (58% of CLL patients); the expression of VH4 family was associated to a mutated status (SHM≥2%) and to a median global survival of 220 months, significantly higher when compared to the average of the whole sample (p<0,001). We also demostrated a prognostic role for CD38 and ZAP-70 expression: the median overall survival for CD38 negative and positive patients was 123 and 250 months, respectively (p<0,01); the median survival for the ZAP-70 positive and negative patients was 135 and 220 months (p<0,01). We analyzed the correlations between these prognostic factors. Statistical analysis showed a significant correlation between CD38 expression and the unmutated IgVH status (p<0,01) and between ZAP-70 expression and the absence of hypersomatic mutation (p<0,05). LAIR-1 was less expressed in both SHM negative patients and in CD38 positive patients. Our data confirm the utility of new prognostic factors as far as they may predict the clinical evolution of the disease. However, the mutational status of variable heavy chain Ig genes at present represents the most reliable and mandatory prognostic factor. ZAP-70 evaluation by flow cytometry tecnology is promising but every laboratory should standardize appropriate methods according to the instruments and reagents available in their setting.
Leucemia linfatica cronica B, SHM, ZAP-70, CD38, CD305
Fattori prognostici nella leucemia linfatica cronica di tipo B / Boscaro, Elisa. - (2010 Jan 27).
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