The dissertation concerns on the notion of thought in Hegelian philosophy, with particular reference to the Encyclopaedia of Philosophical Sciences in Outline (1830). More specifically, I have focused on the matter of the "objective thought". The theory of ‘objective thought’ can be characterized as an essential core of the Hegelian philosophy and, at the same time, as one of its most indigestible kernels. This theory, at the intersection of ontological and epistemological problems, on the one hand, is outlined as the particular way in which Hegel solves the problem of the relation between being and thought. On the other hand, it is the result of a powerful conceptual torsion carried out by Hegel on the notion of thought. This torsion consists, in a first approximation, in a strong enlargement of the extension of such a notion, articulated principally in two steps. In the first step, we have an enlargement within the finite subject, inside the mental, through which thought is declined in different ways. In the second step, we have the enlargement of thought to reality in all of its different spheres, natural and spiritual; here, thought, or its determinations, is conceived as its logic-rational structure. Following some recent readings of Hegelian philosophy, I have argued for a non-aprioristic interpretation of this structure, which intends it as essentially opened to transformation: as an immanent structure of the world opened to its transformations. In this perspective, I have underlined the importance of empiric sciences work for Hegelian philosophy. Philosophy would work on the material offered by the scientific disciplines a fit operation of change of categories to insert its results in a more comprehensive context, determined as an holistic system of conceptual determinations. I have held up that to admit a non-aprioristic rational structure of the world means to recognize that the transformation of the world can implicate the transformation of the determinations of its order, and therefore that it must implicate some transformations of the categories turned to its formulation. For this reason I have made reference to the importance of the auto-corrective element of sciences and of the reason in general. Beginning from this reading, I have argued that with the expression "objective thought", Hegel doesn't want to attribute the term “thought” to what is not spiritual, as, for instance, to point at a petrified intelligence in the nature, but to point at a rational form that constitutes the reality and which thought can reach. In other terms, the theory of the objective thought affirm the unity of thought and the objectivity through the form of the rational, form of the rational that the philosophical thought has the task to gather through its own justificatory process.
La dissertazione verte sulla nozione di pensiero nella filosofia hegeliana, con particolare riferimento all’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio del 1830. In particolare, mi sono concentrato sulla questione del «pensiero oggettivo». La cosiddetta teoria del «pensiero oggettivo» è indicabile come un nucleo essenziale della filosofia hegeliana e, al contempo, come uno dei suoi noccioli più indigesti. Essa, infatti, all’incrocio di problemi di carattere ontologico e epistemologico, si profila da un lato come la particolare risposta della filosofia hegeliana alla questione del rapporto tra pensiero ed essere, e dall’altro come il risultato di una potente torsione concettuale attuata sulla nozione di pensiero. Tale torsione consiste, in prima approssimazione, in un deciso ampliamento dell’estensione di tale nozione che si scandisce essenzialmente in due passi. In primo luogo, abbiamo un ampliamento nel soggetto finito, all’interno del mentale, attraverso cui il pensiero viene declinato nei suoi differenti modi. In secondo luogo, abbiamo un’estensione del pensiero al reale, nelle sue differenti sfere, naturale e spirituale, secondo le loro modalità proprie, come loro trama logico-razionale. Appoggiandomi ad alcune letture recenti della filosofia hegeliana, ho sostenuto la possibilità di leggere tale struttura razionale come una struttura non-aprioristica, ma come essenzialmente aperta alla trasformazione: struttura immanente al mondo e dunque aperta alle sue trasformazioni. In questa prospettiva ho sottolineato l’importanza del lavoro delle scienze empiriche per la filosofia hegeliana. La filosofia compierebbe sul materiale offerto dalle discipline scientifiche particolari un’operazione di cambiamento di categorie atta a inserirne i risultati in un contesto più comprensivo, determinato come un sistema olistico di determinazioni concettuali. Ho sostenuto che ammettere una struttura razionale non-aprioristica del mondo significa riconoscere che la trasformazione del mondo può implicare la trasformazione delle determinazioni del suo stesso ordine, e dunque che deve implicare delle trasformazioni delle categorie volte alla sua formulazione. Per questo motivo ho fatto più volte riferimento all’importanza dell’elemento auto-correttivo delle scienze, alla rivedibilità delle teorie scientifiche, e della ragione in genere. A partire da questa lettura, ho cercato di sostenere che con l’espressione «pensiero oggettivo», Hegel non voglia attribuire il termine pensiero a quanto non è spirituale, come, p. e., indicare un’intelligenza pietrificata nella natura, ma indicare una forma razionale che costituisce il reale e a cui il pensiero può pervenire. In altri termini, la teoria del pensiero oggettivo affermerebbe l’unione del pensiero e dell’oggettivo attraverso la forma del razionale, forma del razionale che al pensiero filosofico spetta il compito di cogliere mediante il proprio processo giustificatorio.
Modi e articolazioni del pensiero nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1830) di G.W.F. Hegel / Soresi, Sergio. - (2009 Jul 29).
Modi e articolazioni del pensiero nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1830) di G.W.F. Hegel
Soresi, Sergio
2009
Abstract
La dissertazione verte sulla nozione di pensiero nella filosofia hegeliana, con particolare riferimento all’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio del 1830. In particolare, mi sono concentrato sulla questione del «pensiero oggettivo». La cosiddetta teoria del «pensiero oggettivo» è indicabile come un nucleo essenziale della filosofia hegeliana e, al contempo, come uno dei suoi noccioli più indigesti. Essa, infatti, all’incrocio di problemi di carattere ontologico e epistemologico, si profila da un lato come la particolare risposta della filosofia hegeliana alla questione del rapporto tra pensiero ed essere, e dall’altro come il risultato di una potente torsione concettuale attuata sulla nozione di pensiero. Tale torsione consiste, in prima approssimazione, in un deciso ampliamento dell’estensione di tale nozione che si scandisce essenzialmente in due passi. In primo luogo, abbiamo un ampliamento nel soggetto finito, all’interno del mentale, attraverso cui il pensiero viene declinato nei suoi differenti modi. In secondo luogo, abbiamo un’estensione del pensiero al reale, nelle sue differenti sfere, naturale e spirituale, secondo le loro modalità proprie, come loro trama logico-razionale. Appoggiandomi ad alcune letture recenti della filosofia hegeliana, ho sostenuto la possibilità di leggere tale struttura razionale come una struttura non-aprioristica, ma come essenzialmente aperta alla trasformazione: struttura immanente al mondo e dunque aperta alle sue trasformazioni. In questa prospettiva ho sottolineato l’importanza del lavoro delle scienze empiriche per la filosofia hegeliana. La filosofia compierebbe sul materiale offerto dalle discipline scientifiche particolari un’operazione di cambiamento di categorie atta a inserirne i risultati in un contesto più comprensivo, determinato come un sistema olistico di determinazioni concettuali. Ho sostenuto che ammettere una struttura razionale non-aprioristica del mondo significa riconoscere che la trasformazione del mondo può implicare la trasformazione delle determinazioni del suo stesso ordine, e dunque che deve implicare delle trasformazioni delle categorie volte alla sua formulazione. Per questo motivo ho fatto più volte riferimento all’importanza dell’elemento auto-correttivo delle scienze, alla rivedibilità delle teorie scientifiche, e della ragione in genere. A partire da questa lettura, ho cercato di sostenere che con l’espressione «pensiero oggettivo», Hegel non voglia attribuire il termine pensiero a quanto non è spirituale, come, p. e., indicare un’intelligenza pietrificata nella natura, ma indicare una forma razionale che costituisce il reale e a cui il pensiero può pervenire. In altri termini, la teoria del pensiero oggettivo affermerebbe l’unione del pensiero e dell’oggettivo attraverso la forma del razionale, forma del razionale che al pensiero filosofico spetta il compito di cogliere mediante il proprio processo giustificatorio.File | Dimensione | Formato | |
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