Abstract tesi di laurea: Alla Vigilia della 180. L’ospedale psichiatrico di Arezzo. Negli anni settanta l’amministrazione provinciale di Arezzo, in armonia con il dibattito nazionale sul problema della salute mentale, si dimostrava intenzionata a modificare l’assistenza psichiatrica tradizionale. Nel 1969 la Giunta provinciale aveva deliberato per impedire la costruzione di un nuovo ospedale psichiatrico e istituire nel territorio i servizi di igiene mentale. Alcuni amministratori, che una volta ricevuto l’incarico erano rimasti particolarmente sconvolti dalle condizioni in cui si trovavano i ricoverati, vedevano nel pensionamento del vecchio direttore, Marino Benvenuti, la possibilità di costituire una significativa alleanza con una nuova direzione disponibile al cambiamento. In questo quadro, gli assessori alla sanità e all’istruzione, Bruno Benigni e Italo Galastri, presero i contatti con l’ospedale psichiatrico di Gorizia, dove nel decennio precedente il medico Franco Basaglia aveva dato vita al più avanzato esperimento di psichiatria alternativa del Paese. Il candidato ideale per l’incarico di nuovo Direttore dell’ospedale neuropsichiatrico di Arezzo risultò essere Agostino Pirella che lavorava a Gorizia dal 1965 ed era unito da un forte legame personale a Basaglia. Pirella arrivò ad Arezzo nel 1971 insieme a una squadra di giovani collaboratori. Da subito cominciò il dialogo con tutti gli operatori sanitari, il cambiamento poteva avvenire solo con il loro sostegno. Dopo di che cominciò a lavorare al processo di trasformazione istituzionale volto in primo luogo a trasformare l’ospedale psichiatrico in una comunità terapeutica, fino ad arrivare alla totale chiusura della struttura e alla, dove possibile , completa acquisizione dell’autonomia dei pazienti. La tesi consiste in una prima analisi di questi processi di cambiamento, i quali resero la città di Arezzo una capitale del movimento antimanicomiale. Qui si sono affermati importanti principi prima ancora che questi venissero sanciti dalla legge 180 del 1978 e dalla Riforma sanitaria dello stesso anno, che hanno dichiarato i pazienti psichiatrici cittadini detentori dei diritti garantiti dalla Costituzione. Arezzo, come le altre città in cui si il movimento di psichiatria radicale ha potuto dar vita a metodi di assistenza alternativi, rappresenta un significativo modello a cui molte realtà si sono inspirate per un'applicazione corretta della nuova legislazione.
Pratiche sperimentali di liberazione. La dismissione dell'ospedale psichiatrico di Arezzo / Pesce, Caterina. - (2020 Aug 27).
Pratiche sperimentali di liberazione. La dismissione dell'ospedale psichiatrico di Arezzo
Pesce, Caterina
2020
Abstract
Abstract tesi di laurea: Alla Vigilia della 180. L’ospedale psichiatrico di Arezzo. Negli anni settanta l’amministrazione provinciale di Arezzo, in armonia con il dibattito nazionale sul problema della salute mentale, si dimostrava intenzionata a modificare l’assistenza psichiatrica tradizionale. Nel 1969 la Giunta provinciale aveva deliberato per impedire la costruzione di un nuovo ospedale psichiatrico e istituire nel territorio i servizi di igiene mentale. Alcuni amministratori, che una volta ricevuto l’incarico erano rimasti particolarmente sconvolti dalle condizioni in cui si trovavano i ricoverati, vedevano nel pensionamento del vecchio direttore, Marino Benvenuti, la possibilità di costituire una significativa alleanza con una nuova direzione disponibile al cambiamento. In questo quadro, gli assessori alla sanità e all’istruzione, Bruno Benigni e Italo Galastri, presero i contatti con l’ospedale psichiatrico di Gorizia, dove nel decennio precedente il medico Franco Basaglia aveva dato vita al più avanzato esperimento di psichiatria alternativa del Paese. Il candidato ideale per l’incarico di nuovo Direttore dell’ospedale neuropsichiatrico di Arezzo risultò essere Agostino Pirella che lavorava a Gorizia dal 1965 ed era unito da un forte legame personale a Basaglia. Pirella arrivò ad Arezzo nel 1971 insieme a una squadra di giovani collaboratori. Da subito cominciò il dialogo con tutti gli operatori sanitari, il cambiamento poteva avvenire solo con il loro sostegno. Dopo di che cominciò a lavorare al processo di trasformazione istituzionale volto in primo luogo a trasformare l’ospedale psichiatrico in una comunità terapeutica, fino ad arrivare alla totale chiusura della struttura e alla, dove possibile , completa acquisizione dell’autonomia dei pazienti. La tesi consiste in una prima analisi di questi processi di cambiamento, i quali resero la città di Arezzo una capitale del movimento antimanicomiale. Qui si sono affermati importanti principi prima ancora che questi venissero sanciti dalla legge 180 del 1978 e dalla Riforma sanitaria dello stesso anno, che hanno dichiarato i pazienti psichiatrici cittadini detentori dei diritti garantiti dalla Costituzione. Arezzo, come le altre città in cui si il movimento di psichiatria radicale ha potuto dar vita a metodi di assistenza alternativi, rappresenta un significativo modello a cui molte realtà si sono inspirate per un'applicazione corretta della nuova legislazione.File | Dimensione | Formato | |
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