In the 1894 the Italian minister of the navy Enrico Costantino Morin modified the law for the access in Italian naval academy. In force of that law the formation of the navy officers was strongly oriented for the technical aspect of the officer profession. Consequently the Italian world of navy culture was broken in two part: the first that defend the priority of the liberal culture and the second prefers the technical aspects of the military profession. Those groups fought a long battle between 1896 and 1911, when the minister of the navy Pasquale Leonardi Cattolica decided for a new change of the educational system. The heart of the matter was the formation of the navy officers; the officers of the navy had to be commanders or technicians? Should be the liberal skills (as history or literature), or the scientific skills (as maths or science) the professional skills of an officer? The problem was very important in those years and it is even more important today because it is connected to the questions of “efficiency/efficacy” of the military. At the end of the XIX century and in the first decade of the XX century in Italy, a group of historians and sea scholars like Camillo Manfroni, Augusto Vittorio Vecchj, Cristoforo Manfredi, David Levi Morenos, Gaetano Limo, and some other tried to explain to the country - through the pages of a lot of magazines - that an officer who doesn’t know the history, the traditions, the literature of his country, isn’t a military officer but only a navy driver, or an engineer; neither a commander nor an admiral. This work will try to reconstruct this discussion. In the same time I’ll try to insert the problem of “education/formation” of the officer in the most large discussion on the military officer like a “professional man”. At the end I’ll compare the results obtained by the Italians high command “Supermarina” and by the commanders of the battle fleet during the second world war, with the results obtained by the British officers during the war in the Mediterranean sea.
Nei quindici anni compresi tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX la formazione degli ufficiali della Regia Marina Italiana venne profondamente modificata, in seguito all’azione legislativa del ministro Costantino Enrico Morin. A seguito dell’applicazione dei Regi Decreti 28 gennaio 1894 n. 33, “Nuovo Ordinamento della Regia Accademia Navale” e Regio Decreto 17 dicembre 1896 n. 589, “Riordinamento dell’accademia navale”, conosciuti come “Riforma Morin”, il mondo culturale italiano di carattere navale conobbe una spaccatura e vide aprirsi un lungo scontro tra i fautori e gli oppositori della riforma. Il nocciolo della questione venne individuato nell’eccessivo spostamento dell’asse formativo verso le discipline scientifiche in generale e matematiche in particolare. Gli oppositori obiettarono che la formazione matematica non fosse utile alla creazione di comandanti ed ammiragli e lamentarono un profondo e pericoloso disinteresse verso il lato umano ed emotivo della professione di ufficiale. Nel contempo in campo civile le correzioni del sistema educativo spinsero gli istituti tecnici – tra cui figuravano anche i nautici – verso una sempre maggiore presenza delle materie umanistiche, come la storia e la letteratura, nei curricola così da rafforzare la preparazione “umana” e “liberale” degli studenti. Nel 1940 quegli stessi ufficiali, formati secondo le linee della riforma Morin, si trovarono impegnati nel secondo conflitto mondiale in posizioni di comando e alta responsabilità; e la querelle di inizio secolo trovò nei fatti la sua risposta. Negli anni conclusivi del secondo conflitto mondiale e nel secondo dopoguerra gli scienziati sociali si interrogarono sui grandi temi legati alla domanda: “perché gli uomini combattono?” e svilupparono un concetto di “professionalità” e di “professione” finalmente riferito allo specifico mondo militare. Alla luce di questa teoria è finalmente possibile inserire le problematiche della formazione all’interno di un più generale dibattito, e posizionare un ennesimo tassello all’interno del mosaico di motivazioni che hanno dato luogo alla performance militare navale italiana nella seconda guerra mondiale. Nello specifico rende possibile la formulazione di una prima risposta alla domanda circa il perché del verificarsi di prestazioni operative tanto differenti tra la flotta pesante da battaglia e le unità sottili e mercantili a cui fu affidata la conduzione della “battaglia dei convogli”. Mettere in luce questa differente prestazione “professionale”, rispondere alla domanda “erano professionisti quegli uomini?” allargando il dibattito sul binomio “Efficacia/Efficienza” sulla base di rilevamenti di carattere non tecnico è lo scopo di questo lavoro.
"Quando il timore vince l'abilità" Formazione e professionalità dell'ufficialità della Marina Militare italiana nell'età giolittiana. 1895-1910(2009).
"Quando il timore vince l'abilità" Formazione e professionalità dell'ufficialità della Marina Militare italiana nell'età giolittiana. 1895-1910
-
2009
Abstract
Nei quindici anni compresi tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX la formazione degli ufficiali della Regia Marina Italiana venne profondamente modificata, in seguito all’azione legislativa del ministro Costantino Enrico Morin. A seguito dell’applicazione dei Regi Decreti 28 gennaio 1894 n. 33, “Nuovo Ordinamento della Regia Accademia Navale” e Regio Decreto 17 dicembre 1896 n. 589, “Riordinamento dell’accademia navale”, conosciuti come “Riforma Morin”, il mondo culturale italiano di carattere navale conobbe una spaccatura e vide aprirsi un lungo scontro tra i fautori e gli oppositori della riforma. Il nocciolo della questione venne individuato nell’eccessivo spostamento dell’asse formativo verso le discipline scientifiche in generale e matematiche in particolare. Gli oppositori obiettarono che la formazione matematica non fosse utile alla creazione di comandanti ed ammiragli e lamentarono un profondo e pericoloso disinteresse verso il lato umano ed emotivo della professione di ufficiale. Nel contempo in campo civile le correzioni del sistema educativo spinsero gli istituti tecnici – tra cui figuravano anche i nautici – verso una sempre maggiore presenza delle materie umanistiche, come la storia e la letteratura, nei curricola così da rafforzare la preparazione “umana” e “liberale” degli studenti. Nel 1940 quegli stessi ufficiali, formati secondo le linee della riforma Morin, si trovarono impegnati nel secondo conflitto mondiale in posizioni di comando e alta responsabilità; e la querelle di inizio secolo trovò nei fatti la sua risposta. Negli anni conclusivi del secondo conflitto mondiale e nel secondo dopoguerra gli scienziati sociali si interrogarono sui grandi temi legati alla domanda: “perché gli uomini combattono?” e svilupparono un concetto di “professionalità” e di “professione” finalmente riferito allo specifico mondo militare. Alla luce di questa teoria è finalmente possibile inserire le problematiche della formazione all’interno di un più generale dibattito, e posizionare un ennesimo tassello all’interno del mosaico di motivazioni che hanno dato luogo alla performance militare navale italiana nella seconda guerra mondiale. Nello specifico rende possibile la formulazione di una prima risposta alla domanda circa il perché del verificarsi di prestazioni operative tanto differenti tra la flotta pesante da battaglia e le unità sottili e mercantili a cui fu affidata la conduzione della “battaglia dei convogli”. Mettere in luce questa differente prestazione “professionale”, rispondere alla domanda “erano professionisti quegli uomini?” allargando il dibattito sul binomio “Efficacia/Efficienza” sulla base di rilevamenti di carattere non tecnico è lo scopo di questo lavoro.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Quando_il_timore_vince_l'abilità.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Tesi di dottorato
Licenza:
Accesso gratuito
Dimensione
1.5 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.5 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.