Soil loss of organic carbon is a widely recognised global threat. In this view, the study on management practices which precisely focus on soil C is a pressing need for the research community. The incorporation of crop residues at the end of the growing season to reintegrate organic matter losses has been currently jeopardised by their alternative use for bioenergy (mostly biogas production). In north-eastern Italy the fast spread of biogas production has generated two major drawbacks: firstly it has deprived soils from an important source of organic carbon utilizing plant parts which would otherwise be left in the field; secondly, it has produced huge quantities of digestates which need to be safely disposed. The return of digestates to soils as amendants has some disadvantages (i.e. increased GHGs emissions, nitrogen leaching and scarce contribution to stable soil organic matter, spread of pathogenic bacteria). An alternative disposal-valorisation route would be to use them as feedstocks for biochar production. However, to soundly evaluate the environmental value of this alternative pathway, information about the effects on soil properties of the head-of-the-chain product (crop residues) and of the final material (biochar) need to be comparatively evaluated. For these reasons, the objectives of this thesis are to clarify the effects of these two very different forms of carbon (crop residues as a source of mostly labile C, and biochar as a source of mostly stabile C) on: (i) crop productivity, (ii) soil organic carbon dynamics and (iii) selected indicators of soil physical fertility. These parameters have been studied considering soils with contrasting textures: clay, sandy-loam and sandy. For crop residues, a corpus of data deriving from a long-term (43 years) field rotation was used. Biochar effects were analysed after two years of field application. The results showed that biochar application had positive effects on crop yields and aggregate porosity and stability indexes. Furthermore, it resulted useful in increasing the carbon content of the soils. All the effects were clearly visible after one year of application and on all the soils considered, even if with different intensities. Indeed, soil properties were affected in a more pronounced way in sandy-loam, while crop yield was especially boosted in sandy soil. On the contrary, residue effects in the short-term were slighter, indeed our results showed that soil organic carbon was significantly affected only by the long-term (43 years) incorporation of crop residues with effects quantitatively more evident in clay soil and high relative increments in sandy soil. The effects were not limited to the upper soil layer, but extended to lower depths especially for sandy and sandy-loam soil. The residue-induced effects on soil organic carbon were not accompanied by a relevant change in soil pore size distribution from nano to macro scale, even though residues induced an increase in total porosity. In addition, even if only slightly influenced in quantitative terms, the pore network showed a rearrangement towards a more elongated and irregular structure. On the contrary, residue influence on crop yields was relatively low, with modest increments of biomass in the most fertile soils, and their effect could be compensated by N fertilization. In conclusion, the use of biochar emerges as a recommendable practice to increase soil fertility in the climatic conditions of North-Eastern Italy, while its long-term effects remain a knowledge gap that needs to be investigated to prevent possible side-effects and elaborate effective application and management guidelines. Conversely crop residue effects, although present, design this practice as effective only with a long-term perspective.
La perdita di sostanza organica da parte dei suoli è ampiamente riconosciuta come una minaccia a livello globale. Per questo motivo, lo studio riguardante le pratiche di gestione del suolo che si focalizzano sul carbonio rappresenta una necessità molto urgente per la comunità scientifica. La pratica di restituire a fine stagione i residui colturali al suolo al fine di reintegrare le perdite di carbonio organico è stata recentemente messa a repentaglio a causa del loro alternativo uso per la produzione di biocombustibili (specialmente biogas). Nell’area del Nord-Est italiano la diffusione degli impianti per la produzione di biogas ha generato due principali effetti negativi: in primo luogo ha privato i suoli di un’importante fonte di carbonio organico, utilizzando biomassa che altrimenti sarebbe stata lasciata in campo; secondariamente ha fatto sì che ci sia la necessità di smaltire in modo sicuro una grande quantità di digestati. L’utilizzo di questi ultimi come ammendanti ha tuttavia degli svantaggi (ad es. aumento della produzione di gas serra, lisciviazione dell’azoto e scarso contributo al carbonio stabile del suolo, diffusione di batteri patogeni). Una via alternativa di smaltimento-valorizzazione potrebbe consistere nel loro utilizzo per la produzione di biochar. Tuttavia, per dare una robusta valutazione sul valore ambientale di questa proposta alternativa, è necessario comparare gli effetti sul suolo dei residui colturali e del biochar. Per questo motivo, gli obiettivi di questa tesi sono quelli di valutare gli effetti di queste due forme molto diverse di input carboniosi su: i) la produttività delle colture; ii) le dinamiche del carbonio organico del suolo; e iii) alcuni parametri di fertilità fisica del suolo. Questi studi sono stati fatti utilizzando suoli con tessiture molto differenti: un argilloso, un franco-limoso ed un sabbioso. Inoltre, per quanto riguarda i residui colturali, è stato utilizzato un corpus di dati proveniente da una prova di campo di lungo periodo (43 anni), mentre nel caso del biochar i suoi effetti sono stati studiati dopo due anni di applicazione in campo. I risultati hanno dimostrato che il biochar ha influenzato positivamente le rese delle colture, nonché il contenuto di carbonio e la stabilità degli aggregati dei suoli. Tutti gli effetti si sono verificati già dopo un anno dall’applicazione, ma con diverse intensità per i diversi suoli. Infatti, la fertilità è stata influenzata in modo maggiore nel medio-limoso, mentre gli effetti sulla produttività si sono verificati prevalentemente nel suolo sabbioso. Al contrario, l’influenza dei residui colturali nel breve periodo è stata meno pronunciata, infatti i risultati hanno mostrato che i contenuti di carbonio organico dei suoli sono stati modificati solo nel lungo periodo (43 anni), con effetti quantitativamente maggiori nel suolo argilloso e alti incrementi relativi nel sabbioso. Inoltre questi cambiamenti non sono rimasti circoscritti allo strato più superficiale del suolo, ma si sono verificati anche a profondità maggiori, specialmente nel caso del franco-limoso e del sabbioso. I sopra descritti effetti sul carbonio organico non sono stati accompagnati da cambiamenti rilevanti nella distribuzione dei pori (dalla nano- fino alla macro-porosità), anche se è stato osservato un aumento della porosità totale. In aggiunta, anche se poco influenzata a livello quantitativo, l’architettura dei pori ha mostrato un ri-arrangiamento verso una struttura più allungata ed irregolare. In aggiunta, l’influenza dei residui sulla produttività delle colture è stata generalmente bassa, con incrementi modesti di biomassa nei suoli più fertili, ed un effetto ampiamente compensabile dalla fertilizzazione azotata. In conclusione, l’utilizzo del biochar si configura come una pratica raccomandabile per incrementare la fertilità dei suoli nelle condizioni pedo-climatiche specifiche del Nord-Est italiano, con risultati immediatamente visibili. Tuttavia i suoi effetti nel lungo periodo rimangono per ora sconosciuti, ed il loro studio è di fondamentale importanza per prevenire possibili conseguenze negative sull’ambiente ed elaborare linee guida riguardanti la sua applicazione e gestione. L’utilizzo dei residui colturali al contrario si configura come una pratica, seppur utile, applicabile solo con una prospettiva di lungo periodo.
Soil carbon management for future challenges in agriculture: the role of crop residues and biochar / Pituello, Chiara. - (2016 Jan 26).
Soil carbon management for future challenges in agriculture: the role of crop residues and biochar
Pituello, Chiara
2016
Abstract
La perdita di sostanza organica da parte dei suoli è ampiamente riconosciuta come una minaccia a livello globale. Per questo motivo, lo studio riguardante le pratiche di gestione del suolo che si focalizzano sul carbonio rappresenta una necessità molto urgente per la comunità scientifica. La pratica di restituire a fine stagione i residui colturali al suolo al fine di reintegrare le perdite di carbonio organico è stata recentemente messa a repentaglio a causa del loro alternativo uso per la produzione di biocombustibili (specialmente biogas). Nell’area del Nord-Est italiano la diffusione degli impianti per la produzione di biogas ha generato due principali effetti negativi: in primo luogo ha privato i suoli di un’importante fonte di carbonio organico, utilizzando biomassa che altrimenti sarebbe stata lasciata in campo; secondariamente ha fatto sì che ci sia la necessità di smaltire in modo sicuro una grande quantità di digestati. L’utilizzo di questi ultimi come ammendanti ha tuttavia degli svantaggi (ad es. aumento della produzione di gas serra, lisciviazione dell’azoto e scarso contributo al carbonio stabile del suolo, diffusione di batteri patogeni). Una via alternativa di smaltimento-valorizzazione potrebbe consistere nel loro utilizzo per la produzione di biochar. Tuttavia, per dare una robusta valutazione sul valore ambientale di questa proposta alternativa, è necessario comparare gli effetti sul suolo dei residui colturali e del biochar. Per questo motivo, gli obiettivi di questa tesi sono quelli di valutare gli effetti di queste due forme molto diverse di input carboniosi su: i) la produttività delle colture; ii) le dinamiche del carbonio organico del suolo; e iii) alcuni parametri di fertilità fisica del suolo. Questi studi sono stati fatti utilizzando suoli con tessiture molto differenti: un argilloso, un franco-limoso ed un sabbioso. Inoltre, per quanto riguarda i residui colturali, è stato utilizzato un corpus di dati proveniente da una prova di campo di lungo periodo (43 anni), mentre nel caso del biochar i suoi effetti sono stati studiati dopo due anni di applicazione in campo. I risultati hanno dimostrato che il biochar ha influenzato positivamente le rese delle colture, nonché il contenuto di carbonio e la stabilità degli aggregati dei suoli. Tutti gli effetti si sono verificati già dopo un anno dall’applicazione, ma con diverse intensità per i diversi suoli. Infatti, la fertilità è stata influenzata in modo maggiore nel medio-limoso, mentre gli effetti sulla produttività si sono verificati prevalentemente nel suolo sabbioso. Al contrario, l’influenza dei residui colturali nel breve periodo è stata meno pronunciata, infatti i risultati hanno mostrato che i contenuti di carbonio organico dei suoli sono stati modificati solo nel lungo periodo (43 anni), con effetti quantitativamente maggiori nel suolo argilloso e alti incrementi relativi nel sabbioso. Inoltre questi cambiamenti non sono rimasti circoscritti allo strato più superficiale del suolo, ma si sono verificati anche a profondità maggiori, specialmente nel caso del franco-limoso e del sabbioso. I sopra descritti effetti sul carbonio organico non sono stati accompagnati da cambiamenti rilevanti nella distribuzione dei pori (dalla nano- fino alla macro-porosità), anche se è stato osservato un aumento della porosità totale. In aggiunta, anche se poco influenzata a livello quantitativo, l’architettura dei pori ha mostrato un ri-arrangiamento verso una struttura più allungata ed irregolare. In aggiunta, l’influenza dei residui sulla produttività delle colture è stata generalmente bassa, con incrementi modesti di biomassa nei suoli più fertili, ed un effetto ampiamente compensabile dalla fertilizzazione azotata. In conclusione, l’utilizzo del biochar si configura come una pratica raccomandabile per incrementare la fertilità dei suoli nelle condizioni pedo-climatiche specifiche del Nord-Est italiano, con risultati immediatamente visibili. Tuttavia i suoi effetti nel lungo periodo rimangono per ora sconosciuti, ed il loro studio è di fondamentale importanza per prevenire possibili conseguenze negative sull’ambiente ed elaborare linee guida riguardanti la sua applicazione e gestione. L’utilizzo dei residui colturali al contrario si configura come una pratica, seppur utile, applicabile solo con una prospettiva di lungo periodo.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Chiara_Pituello_tesi.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Tesi di dottorato
Licenza:
Accesso gratuito
Dimensione
82.12 MB
Formato
Adobe PDF
|
82.12 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.