This PhD thesis is an edition of the first section of Cicero's Aratea, including the proemium (frr. 1-2) and the star map (frr. 3-34,222), with an Italian translation and commentary. The linguistic and stylistic analysis highlights the way in which Cicero translates his model, creating thus an original work of poetry. One of the main feature of Cicero's version is the marginalization of the divine providence which Aratus, accordingly to Stoicism, associates to Zeus: this operation could reflect Cicero's first contacts with philosophy, especially with the Epicurean thought. The Aratea represent a clear effort to build up a poetic language for astronomy: in doing this the author adopts different solutions (transliteration, periphrasis, semantic equivalence), often associated with veritable translator's notes. But more meaningfully, the meta- and translinguistic reflection fits the poem without discontinuity, using resources typical of of the poetic language (such as etymology and polysemy). Cicero constantly adds pathos to his model emphasising the brightness of the stars and above all personifying the constellations, which became alive: in this way he lends a vivid movement to Aratus' ekphrasis innervating the descriptive structure with narrative elements. Finally, in the passages of most programmatic relevance (the proemium and the myth of Dike) Cicero's translation shows the mechanism of windows references, trough which the poet alludes to the hesiodic hypotext hidden by Arartus' variations.
Questo lavoro di ricerca ha portato all'edizione, traduzione e commento delle sezioni degli Aratea ciceroniani relative al proemio (frr. 1-2) e alla mappa delle costellazioni (frr. 3-34,222). L'analisi linguistica e stilistica mette in evidenza le modalità con cui Cicerone traduce il proprio modello, arrivando a creare un'opera poetica dotata di una sua originalità. Una delle caratteristiche più interessanti della traduzione ciceroniana è la marginalizzazione della provvidenza divina che Arato, in accordo con lo stoicismo, associa a Zeus: in questa operazione è possibile ravvisare i primi contatti di Cicerone con la filosofia, in particolare con il pensiero epicureo. Gli Aratea rappresentano un chiaro sforzo verso la costruzione di una lingua astronomica di levatura poetica: nel fare questo l'autore ricorre a varie soluzioni (traslitterazione, perifrasi, equivalenza semantica), spesso associandole a vere e proprie note del traduttore. Ma ancor più significativamente la riflessione meta- e translinguistica si inserisce nel tessuto del poema senza creare discontinuità, utilizzando risorse proprie della lingua poetica (come l'etimologia e la polisemia). Cicerone aggiunge pathos al proprio modello enfatizzando la luminosità delle stelle ma soprattutto personificando le costellazioni, che diventano corpi vivi: in questo modo conferisce alla ekphrasis di Arato un vivido movimento, innervando la struttura descrittiva con elementi narrativi. Infine, nei passi di maggior rilevanza programmatica (il proemio e il mito di Dike) la traduzione ciceroniana segue meccanismi di window reference, grazie ai quali il poeta allude all'ipotesto esiodeo sotteso alle variazioni di Arato.
Gli Aratea di Cicerone. Per un commento al proemio (frr. 1-2) e alla mappa delle costellazioni (frr. 3-34,222) / Pellacani, Daniele. - (2013 Feb 25).
Gli Aratea di Cicerone. Per un commento al proemio (frr. 1-2) e alla mappa delle costellazioni (frr. 3-34,222).
Pellacani, Daniele
2013
Abstract
Questo lavoro di ricerca ha portato all'edizione, traduzione e commento delle sezioni degli Aratea ciceroniani relative al proemio (frr. 1-2) e alla mappa delle costellazioni (frr. 3-34,222). L'analisi linguistica e stilistica mette in evidenza le modalità con cui Cicerone traduce il proprio modello, arrivando a creare un'opera poetica dotata di una sua originalità. Una delle caratteristiche più interessanti della traduzione ciceroniana è la marginalizzazione della provvidenza divina che Arato, in accordo con lo stoicismo, associa a Zeus: in questa operazione è possibile ravvisare i primi contatti di Cicerone con la filosofia, in particolare con il pensiero epicureo. Gli Aratea rappresentano un chiaro sforzo verso la costruzione di una lingua astronomica di levatura poetica: nel fare questo l'autore ricorre a varie soluzioni (traslitterazione, perifrasi, equivalenza semantica), spesso associandole a vere e proprie note del traduttore. Ma ancor più significativamente la riflessione meta- e translinguistica si inserisce nel tessuto del poema senza creare discontinuità, utilizzando risorse proprie della lingua poetica (come l'etimologia e la polisemia). Cicerone aggiunge pathos al proprio modello enfatizzando la luminosità delle stelle ma soprattutto personificando le costellazioni, che diventano corpi vivi: in questo modo conferisce alla ekphrasis di Arato un vivido movimento, innervando la struttura descrittiva con elementi narrativi. Infine, nei passi di maggior rilevanza programmatica (il proemio e il mito di Dike) la traduzione ciceroniana segue meccanismi di window reference, grazie ai quali il poeta allude all'ipotesto esiodeo sotteso alle variazioni di Arato.File | Dimensione | Formato | |
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