Archaeological sites in arid and semi-arid environments have mostly suffered from strong erosion that results in the removal of the anthropic deposits incorporating artifacts produced and discarded by human beings. Artifacts, after this process, accumulate on the surface representing the only witness of human activities. The principal issue for an archaeologist, in this context, is establishing which moment in the past these artifacts had been produced by human beings to be able, afterwards, to try inferring on more general aspects of the economic and social sphere. Thermoluminescence has been used in different occasion in Saharan Africa for dating fragments of pottery found in surface contexts, disturbed ones or where nothing else could be used to apply the more common radiocarbon dating technique. The results have always been highly debated as they usual appeared incongruent and problems inherent to the thermoluminescence technique itself not entirely tackled. It seemed, for this reason, appropriate to resume work on this technique as well as to compare different protocols (Multiple Aliquot Additive Dose, MAAD and Single Aliquot Regenerative dose, SAR) of dating techniques for the measurement of prehistoric pottery coming from a desert environment. These methods are based on the accumulation of charges in the defects present in crystals of some minerals, like quartz, as a consequence of the natural radioactivity. The number of defect centers depends on the time elapsed form the starting moment of the irradiation, thus the radiation dose absorbed by the materials is directly proportional to the age of the potsherd. The techniques of luminescence (TL: Thermoluminescence, OSL: Optically Stimulated Luminescence) and of EPR spectrometry (Electron Paramagnetic Resonance) are methods of dosimetric dating and have been applied in this work with different aims. In the case of luminescence, the goal was to select a protocol in order to obtain the highest precision. In fact, the dating of prehistoric pottery by luminescence is generally affected by a substantial error if compared to other methods. On the other hand, while the radiocarbon technique is more precise but applicable only to the organic material found together with the potsherd, the luminescence analyzes the intrinsic characteristics of the material. Moreover, the majority of the potsherds found in desert environments undergo erosive processes that irreparably alter the stratigraphy. In these situations where is not possible to collect information about the relative chronology, the dating by luminescence allows a first chronological framework. For this reason the research work was focused on the optimization of the experimental protocols to reduce the error associated to the results. In the case of EPR spectrometry, the goal was to evaluate its potential as a method for dating recent materials as pottery. EPR spectrometry is in fact widely used in geology and paleontology, but its application in archaeology is still experimental. An important advantage of EPR is the repeatability of the measurements, because the spectrum acquisition does not reset the signal as occurs in the luminescence procedure. The employ of the pulsed technique (EchoEPR) allowed isolating the signals of the defects induced by the irradiation that are not visible with the traditional method of continuous wave (CW EPR) due to the strong signal of iron present in all the potsherds. The study is also supported by a petrographic characterization of the materials, with particular attention for grain size inclusion, a parameter that was demonstrated to be crucial for the dosimetry. The potsherds analyzed for this project were selected on the basis of their provenance from an undisturbed stratigraphy, as well as for the simple ceramic fabrics. They have a limited typology of inclusions, thus minimizing variables which could negatively influence dosimetric studies. Samples come from the 16D5 site at Al Khiday (Omdurman, central Sudan), excavated by the Italian archaeological mission directed by D. Usai and co-directed by S. Salvatori (Centro Studi Sudanesi e Sub-Sahariani and Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente). The site presents a rare case in a semi-desert environment of a preserved stratigraphy. The selected samples come from radiocarbon dated stratigraphic units, whose determinations are a necessary reference for the comparison with the experimental results. Moreover, the high quartz content characterizing these potsherds is a suitable feature for applying dosimetric dating techniques. The luminescence dating was performed at the Archaeometry Laboratory at the Department of Material Sciences of the University of Milan Bicocca; the study by EPR spectroscopy and the petrographic analysis at the University of Padua, at the Departments of Chemical Sciences and Geosciences respectively.
I siti archeologici in ambienti aridi e semi-aridi sono soggetti ad una forte erosione che comporta la rimozione dei depositi antropici in cui si trovano i manufatti prodotti e scartati dall’uomo. I reperti si trovano perciò in superficie, privi di stratigrafia, come unica testimonianza dell’attività umana. In questo contesto, la questione principale che un archeologo deve affrontare è stabilire in quale momento del passato tali manufatti siano stati prodotti, per poter poi essere in grado di ricavare informazioni generali legate alla sfera economica e sociale. In diverse occasioni si è ricorsi alla termoluminescenza per la datazione di materiali provenienti dall’Africa sahariana. Si tratta di ceramica rinvenuta in superficie, in contesti disturbati o in assenza di condizioni ideali per l’impiego di altre tecniche, come la più comune datazione al radiocarbonio. I risultati sono sempre stati molto discussi e spesso considerati incongruenti, ma le problematiche relative alla tecnica non sono state affrontate pienamente. Per questo motivo si è considerato di primaria importanza approfondire le tematiche legate a questa tecnica, in particolare con il confronto di diversi protocolli di misura (Multiple Aliquot Additive Dose, MAAD e Single Aliquot Regenerative dose, SAR) con diversi metodi dosimetrici finalizzati alla datazione di ceramica preistorica proveniente da ambiente desertico. Questi metodi si basano sull’accumulo di cariche nei difetti presenti nei cristalli di alcuni minerali (come ad esempio il quarzo) per effetto della radioattività naturale. Il numero dei centri difettivi dipende dal tempo trascorso dall’inizio dell’irraggiamento, perciò la dose di radiazione assorbita dai materiali è direttamente proporzionale all’età del reperto ceramico. Le tecniche di luminescenza (TL: Thermoluminescence, OSL: Optically Stimulated Luminescence) e la spettroscopia EPR (Electron Paramagnetic Resonance) sono metodi di datazione dosimetrica e sono qui impiegati con diversi scopi. Nel caso della luminescenza, si tratta di individuare un protocollo di misura che consenta di ottenere la maggiore precisione possibile. Infatti, la datazione di materiale ceramico preistorico mediante luminescenza è affetta in genere da un elevato errore rispetto ad altri metodi. Tuttavia, rispetto alla tecnica del radiocarbonio che è più precisa, ma applicabile solo a sostanze organiche trovate in associazione al reperto, analizza caratteristiche intrinseche del materiale. Inoltre, i materiali rinvenuti in ambiente desertico sono nella maggior parte affetti da processi erosivi che disturbano irrimediabilmente la stratigrafia. In tali situazioni di mancanza di caratteri utili alla costruzione di cronologie relative, la datazione con le tecniche di luminescenza fornisce un primo inquadramento cronologico. Per questo motivo il lavoro di ricerca mira all’ottimizzazione dei protocolli sperimentali per ridurre l’errore associato alle datazioni. Nel caso della spettroscopia EPR, invece, l’obiettivo è quello di valutarne le potenzialità applicative per la datazione di un materiale recente come la ceramica. La spettroscopia EPR è utilizzata ampiamente in campo geologico e paleontologico, ma è ancora in fase sperimentale in archeologia. Un vantaggio notevole dell’EPR è la ripetibilità della misura, poiché l’acquisizione dello spettro non comporta la cancellazione del segnale, che invece viene azzerato dalla procedura di datazione con la luminescenza. L’impiego della tecnica impulsata (EchoEPR) ha permesso di isolare i segnali dei difetti indotti da irraggiamento, che con il metodo tradizionale in onda continua (CW EPR) non sono visibili a causa del forte segnale del ferro contenuto in tutte le ceramiche. Lo studio è anche supportato da una caratterizzazione petrografica dei materiali, con particolare attenzione per la granulometria, che si è rivelata un parametro importante per lo studio dosimetrico. Le ceramiche analizzate in questo progetto sono state selezionate per l’appartenenza ad una serie stratigrafica non disturbata, nonché per la semplicità degli impasti. Questi infatti hanno un numero molto limitato di tipologie di inclusi, minimizzando eventuali variabili che influiscono negativamente sullo studio dosimetrico. I materiali ceramici provengono dal sito 16D5 di Al Khiday (Omdurman, Sudan centrale), scavato dalla missione archeologica italiana diretta dalla dott.sa D. Usai e co-diretta dal dott. S. Salvatori (Centro Studi Sudanesi e Sub-Sahariani ed Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente). Il sito rappresenta un raro caso di stratigrafia preservata in ambiente desertico. I materiali qui analizzati provengono da unità stratigrafiche datate al radiocarbonio, le cui età rappresentano un necessario ed assoluto riferimento per il confronto dei risultati sperimentali. Inoltre, l’elevato contenuto in quarzo che caratterizza questi campioni li rende particolarmente adatti per testare le tecniche di datazione dosimetrica. La datazione con le tecniche di luminescenza è stata realizzata presso il laboratorio di Archeometria del Dipartimento di Scienze dei Materiali dell’Università di Milano Bicocca; lo studio con Risonanza di Spin Elettronico e la caratterizzazione petrografica presso l’Università di Padova rispettivamente nei dipartimenti di Scienze Chimiche e Geoscienze.
Dosimetric dating techniques applied to desert prehistoric pottery / Bortolussi, Claudia. - (2013 Jan 28).
Dosimetric dating techniques applied to desert prehistoric pottery
Bortolussi, Claudia
2013
Abstract
I siti archeologici in ambienti aridi e semi-aridi sono soggetti ad una forte erosione che comporta la rimozione dei depositi antropici in cui si trovano i manufatti prodotti e scartati dall’uomo. I reperti si trovano perciò in superficie, privi di stratigrafia, come unica testimonianza dell’attività umana. In questo contesto, la questione principale che un archeologo deve affrontare è stabilire in quale momento del passato tali manufatti siano stati prodotti, per poter poi essere in grado di ricavare informazioni generali legate alla sfera economica e sociale. In diverse occasioni si è ricorsi alla termoluminescenza per la datazione di materiali provenienti dall’Africa sahariana. Si tratta di ceramica rinvenuta in superficie, in contesti disturbati o in assenza di condizioni ideali per l’impiego di altre tecniche, come la più comune datazione al radiocarbonio. I risultati sono sempre stati molto discussi e spesso considerati incongruenti, ma le problematiche relative alla tecnica non sono state affrontate pienamente. Per questo motivo si è considerato di primaria importanza approfondire le tematiche legate a questa tecnica, in particolare con il confronto di diversi protocolli di misura (Multiple Aliquot Additive Dose, MAAD e Single Aliquot Regenerative dose, SAR) con diversi metodi dosimetrici finalizzati alla datazione di ceramica preistorica proveniente da ambiente desertico. Questi metodi si basano sull’accumulo di cariche nei difetti presenti nei cristalli di alcuni minerali (come ad esempio il quarzo) per effetto della radioattività naturale. Il numero dei centri difettivi dipende dal tempo trascorso dall’inizio dell’irraggiamento, perciò la dose di radiazione assorbita dai materiali è direttamente proporzionale all’età del reperto ceramico. Le tecniche di luminescenza (TL: Thermoluminescence, OSL: Optically Stimulated Luminescence) e la spettroscopia EPR (Electron Paramagnetic Resonance) sono metodi di datazione dosimetrica e sono qui impiegati con diversi scopi. Nel caso della luminescenza, si tratta di individuare un protocollo di misura che consenta di ottenere la maggiore precisione possibile. Infatti, la datazione di materiale ceramico preistorico mediante luminescenza è affetta in genere da un elevato errore rispetto ad altri metodi. Tuttavia, rispetto alla tecnica del radiocarbonio che è più precisa, ma applicabile solo a sostanze organiche trovate in associazione al reperto, analizza caratteristiche intrinseche del materiale. Inoltre, i materiali rinvenuti in ambiente desertico sono nella maggior parte affetti da processi erosivi che disturbano irrimediabilmente la stratigrafia. In tali situazioni di mancanza di caratteri utili alla costruzione di cronologie relative, la datazione con le tecniche di luminescenza fornisce un primo inquadramento cronologico. Per questo motivo il lavoro di ricerca mira all’ottimizzazione dei protocolli sperimentali per ridurre l’errore associato alle datazioni. Nel caso della spettroscopia EPR, invece, l’obiettivo è quello di valutarne le potenzialità applicative per la datazione di un materiale recente come la ceramica. La spettroscopia EPR è utilizzata ampiamente in campo geologico e paleontologico, ma è ancora in fase sperimentale in archeologia. Un vantaggio notevole dell’EPR è la ripetibilità della misura, poiché l’acquisizione dello spettro non comporta la cancellazione del segnale, che invece viene azzerato dalla procedura di datazione con la luminescenza. L’impiego della tecnica impulsata (EchoEPR) ha permesso di isolare i segnali dei difetti indotti da irraggiamento, che con il metodo tradizionale in onda continua (CW EPR) non sono visibili a causa del forte segnale del ferro contenuto in tutte le ceramiche. Lo studio è anche supportato da una caratterizzazione petrografica dei materiali, con particolare attenzione per la granulometria, che si è rivelata un parametro importante per lo studio dosimetrico. Le ceramiche analizzate in questo progetto sono state selezionate per l’appartenenza ad una serie stratigrafica non disturbata, nonché per la semplicità degli impasti. Questi infatti hanno un numero molto limitato di tipologie di inclusi, minimizzando eventuali variabili che influiscono negativamente sullo studio dosimetrico. I materiali ceramici provengono dal sito 16D5 di Al Khiday (Omdurman, Sudan centrale), scavato dalla missione archeologica italiana diretta dalla dott.sa D. Usai e co-diretta dal dott. S. Salvatori (Centro Studi Sudanesi e Sub-Sahariani ed Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente). Il sito rappresenta un raro caso di stratigrafia preservata in ambiente desertico. I materiali qui analizzati provengono da unità stratigrafiche datate al radiocarbonio, le cui età rappresentano un necessario ed assoluto riferimento per il confronto dei risultati sperimentali. Inoltre, l’elevato contenuto in quarzo che caratterizza questi campioni li rende particolarmente adatti per testare le tecniche di datazione dosimetrica. La datazione con le tecniche di luminescenza è stata realizzata presso il laboratorio di Archeometria del Dipartimento di Scienze dei Materiali dell’Università di Milano Bicocca; lo studio con Risonanza di Spin Elettronico e la caratterizzazione petrografica presso l’Università di Padova rispettivamente nei dipartimenti di Scienze Chimiche e Geoscienze.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
bortolussi_claudia_tesi.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Tesi di dottorato
Licenza:
Non specificato
Dimensione
2.12 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.12 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.