This work critically confronts some of the most significant contributions to the political-philosophical and juridical debate over the “constitution” of Europe since the 1990s. The aim of this inquiry is to analyze and problematize the juridical and philosophical categories that have been proposed in attempts to conceive of the constitution beyond the State. I begin by inquiring into a conviction – widespread in jurisprudence, political sciences, sociology and philosophy – that the European Union is characterized by processes which can no longer be captured by relying on the political and juridical categories proper of modern national States. To fulfill the task of re-thinking the European constitution, scholars have brought two concepts into the spotlight: “political unity” and democratic legitimation. I turn this aforementioned approach around, seeking first to answer the question in the title: Which political and legal concepts need to be considered for a “constitution” of Europe? This question will be taken up from the perspective of historical-conceptual analysis. Such an approach is concerned primarily with the concepts and values that underpin the Constitution and its procedure, taking as secondary an analysis of constitutional mechanisms. Each chapter of the thesis is mainly dedicated to a single author except for the fourth, which is dedicated to an established theory. The first two chapters revisit the so-called Grimm-Habermas debate of the mid-90s, named after its most prominent voices, constitutionalist Dieter Grimm and philosopher Jürgen Habermas. Based also on the most recent developments in this debate, these chapters will inquire into Habermas’ and Grimm’s positions on the European Constitution against the backdrop of their analyses of modern constitutionalism and democratic legitimacy. Dieter Grimm’s contribution on the European Constitution has been correlated both with his historical conceptual inquiries on the genesis of modern constitutionalism and with the topic of the “future of the constitution” in light of the erosion of the national State. The aim of this analysis is to determine the structural link between the modern Constitution and the national State, as it represents the primary obstacle to translating the categories into a Constitution beyond the State. If unity is essentially part of the modern Constitution in relation to its function of constituting and limiting political power, the obstacle to project it into a constitution which has States as its members consists in the impossibility of conserving the plurality and individuality of different political subjects, while simultaneously producing their union. Chapter 2 addresses Jürgen Habermas’ contribution on the European Constitution from the point of view of Habermas’ masterpiece Fact and Norms (1992). I argue that Habermas’ attempt to rethink political identity and democratic citizenship at the European level is a sort of extension of his analysis in Facts and Norms, because his use of the notion of “solidarity among strangers” represents an attempt to find a new dimension for those categories (or for the political participation) within the post-national constellation. Moreover, Habermas’ recent appeal to the concept of “divided sovereignty” and “pouvoir constituant mixte” in theorizing a federal non-statal community reveals (in)consistencies when coupled with the assumption of democratic self-determination. Chapter 3 is dedicated to Ingolf Pernice’s theorization of the Verfassungsverbund. On one hand, the chapter individuates the positive elements of Pernice’s theory of constitutionalism (multilevel structure/plurality, dynamicity, etc.), for these elements avoid any reduction of this form of constitutionalism both to statal constitutionalism, and to alternative forms such as the Staatenverbund. On the other hand, my analysis shows the difficulties that arise from grounding this model on a social contract-like theory, especially if at bottom there is a pact among citizens and not the constitution of the body politic. Chapter 4 inquires into those attempts to rethink the political union within the EU which move from the political and juridical category of “Bund”. Olivier Beaud’s contribution to develop the category of federation also receives a critical analysis, for it clearly insists on the necessity of categories which radically differ from those proper of the State to conceive of politics at the European level. Only radically new categories can help in attributing political dimension to a plurality of subjects whose aim is grounding a new horizon of political action through their political participation. Towards this aim, a relevant role is assumed by the “contractual” dimension of politics and law. This chapter demonstrates why such theories must meet the challenge of relativizing the category of democratic legitimation at the European level; their challenge consists instead in re-thinking the political command not in terms of modern representation. Only this new form of command can warrant the political character of the members constituting a Union, whilst affirming a form of control over it.
Attraverso il confronto critico con alcuni dei contributi più significativi emersi all’interno del vastissimo dibattito sulla “costituzione” dell’Europa a partire dagli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo, il presente lavoro intende offrire un’analisi riflessiva delle categorie che sono state messe in campo per cercare di (ri)pensarla. Punto di partenza del lavoro è la problematizzazione dell’opinione diffusa e largamente condivisa nell’ambito degli studi giuridici, ma anche, politologici, storico-sociali e filosofici, secondo cui i processi in atto che determinano la realtà dell’Unione Europea presentano un carattere in larga parte inedito e non decifrabile sulla base degli schemi categoriali che hanno avuto come proprio referente privilegiato lo Stato (nazionale) moderno. Per cercare di comprendere da un punto di vista filosofico-politico l’integrazione europea e la sua “costituzione”, è stata rivolta attenzione particolare ai concetti di unità politica e di legittimazione democratica. Su di essi si è focalizzato il presente contributo al fine di provare a rispondere all’interrogativo posto dal titolo (Quali concetti politici e giuridici per una “costituzione” dell’Europa?). La modalità di indagine impiegata è stata di tipo storico-concettuale. Essa non intende muoversi immediatamente sul piano dei meccanismi costituzionali, bensì su quello dei concetti e dei valori, che stanno alla base della costituzione e delle sue procedure. Il lavoro si suddivide in quattro capitoli, ciascuno dei quali è dedicato principalmente ad un autore o, nel caso dell’ultimo capitolo, ad una ben precisa linea interpretativa. I primi due capitoli propongono una rivisitazione complessiva di quello che è stato presto chiamato Grimm-Habermas debate, che a metà degli anni Novanta ha visto come protagonisti il filosofo Jürgen Habermas e il costituzionalista Dieter Grimm. Il tentativo intrapreso nell’ambito del presente lavoro è quello di situare la loro riflessione sull’Europa, anche alla luce dei più recenti sviluppi, nel contesto più ampio della loro riflessione su temi quali il costituzionalismo moderno e la questione della legittimazione democratica. Nel caso di Grimm (Capitolo I), i contributi sull’Europa sono stati posti in risonanza sia con le sue indagini storico-concettuali sulla genesi del costituzionalismo moderno sia con la questione del “futuro della costituzione” alla luce dei processi di erosione della statalità. L’obiettivo è stato di determinare il nesso che lega strutturalmente la costituzione moderna allo Stato e di individuare le difficoltà che derivano da una proiezione dei concetti tradizionali oltre di esso. Se la cifra unitaria connota la costituzione moderna in relazione alla sua funzione, l’ostacolo principale a una sua proiezione oltre lo Stato consiste nell’impossibilità di pensare a una pluralità di soggetti politici. Nel caso di Jürgen Habermas (Capitolo II), i contributi sull’Europa del filosofo tedesco sono interpretati in relazione ad alcuni degli snodi teorici del capolavoro del 1992, Fatti e norme, su cui fa leva il suo sforzo di ripensare il tema dell’identità e della cittadinanza democratiche a livello europeo nell’ambito della costellazione postnazionale mediante la valorizzazione del concetto di solidarietà tra estranei. La proposta recente di concetti come quelli di “sovranità (con)divisa” e “pouvoir constituant mixte” per pensare una comunità federale sovranazionale non-statale è analizzata nella sua (in)consistenza con l’assunzione dell’idea di autodeterminazione democratica. Il capitolo III è dedicato alla teoria del Verfassungsverbund nella configurazione che esso ha assunto nella riflessione del “giurista europeo” Ingolf Pernice. Per un verso, sono stati individuati gli elementi che connotano positivamente questo tipo di costituzionalismo (“multilivellarità”/pluralità, dinamicità ecc.), tali da renderlo differente e irriducibile sia al costituzionalismo statale, sia a costruzioni dottrinarie alternative quali quella dello Staatenverbund. Per altro verso, si è mostrata la difficoltà di pensarlo sulla base del modello del contratto sociale specie se alla base si situa la dimensione dell’accordo tra cittadini. Il quarto ed ultimo capitolo è dedicato a quei tentativi di ripensare l’Europa oltre lo Stato che hanno assunto come punto privilegiato di riferimento la categoria di Bund. In un tale contesto teorico, analizzato sulla scorta del contributo di Olivier Beaud in particolare, si presenta l’esigenza di pensare la politica e il diritto sulla base di premesse radicalmente diverse da quelle solitamente adottate nell’ambito dello Stato e che risultano necessarie per poter pensare produttivamente ad una pluralità di soggetti politici che intendono dare vita, attraverso la loro partecipazione, ad un nuovo orizzonte comune di interazione. In tal senso, viene ad assumere un ruolo di primo piano la dimensione pattizia come dimensione costitutiva della politica e del diritto. Si è cercato dimostrare perché la questione che pone una modalità di intendere la politica di questo tipo non è quella di una sua legittimazione democratica, bensì, se si intende garantire il carattere politico delle parti e la possibilità del controllo, di indurre ad un ripensamento del comando politico che non può essere inteso come comando rappresentativo.
Quali concetti politici e giuridici per una "costituzione" dell'Europa? / Bozzon, Matteo. - (2017 Jan 30).
Quali concetti politici e giuridici per una "costituzione" dell'Europa?
Bozzon, Matteo
2017
Abstract
Attraverso il confronto critico con alcuni dei contributi più significativi emersi all’interno del vastissimo dibattito sulla “costituzione” dell’Europa a partire dagli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo, il presente lavoro intende offrire un’analisi riflessiva delle categorie che sono state messe in campo per cercare di (ri)pensarla. Punto di partenza del lavoro è la problematizzazione dell’opinione diffusa e largamente condivisa nell’ambito degli studi giuridici, ma anche, politologici, storico-sociali e filosofici, secondo cui i processi in atto che determinano la realtà dell’Unione Europea presentano un carattere in larga parte inedito e non decifrabile sulla base degli schemi categoriali che hanno avuto come proprio referente privilegiato lo Stato (nazionale) moderno. Per cercare di comprendere da un punto di vista filosofico-politico l’integrazione europea e la sua “costituzione”, è stata rivolta attenzione particolare ai concetti di unità politica e di legittimazione democratica. Su di essi si è focalizzato il presente contributo al fine di provare a rispondere all’interrogativo posto dal titolo (Quali concetti politici e giuridici per una “costituzione” dell’Europa?). La modalità di indagine impiegata è stata di tipo storico-concettuale. Essa non intende muoversi immediatamente sul piano dei meccanismi costituzionali, bensì su quello dei concetti e dei valori, che stanno alla base della costituzione e delle sue procedure. Il lavoro si suddivide in quattro capitoli, ciascuno dei quali è dedicato principalmente ad un autore o, nel caso dell’ultimo capitolo, ad una ben precisa linea interpretativa. I primi due capitoli propongono una rivisitazione complessiva di quello che è stato presto chiamato Grimm-Habermas debate, che a metà degli anni Novanta ha visto come protagonisti il filosofo Jürgen Habermas e il costituzionalista Dieter Grimm. Il tentativo intrapreso nell’ambito del presente lavoro è quello di situare la loro riflessione sull’Europa, anche alla luce dei più recenti sviluppi, nel contesto più ampio della loro riflessione su temi quali il costituzionalismo moderno e la questione della legittimazione democratica. Nel caso di Grimm (Capitolo I), i contributi sull’Europa sono stati posti in risonanza sia con le sue indagini storico-concettuali sulla genesi del costituzionalismo moderno sia con la questione del “futuro della costituzione” alla luce dei processi di erosione della statalità. L’obiettivo è stato di determinare il nesso che lega strutturalmente la costituzione moderna allo Stato e di individuare le difficoltà che derivano da una proiezione dei concetti tradizionali oltre di esso. Se la cifra unitaria connota la costituzione moderna in relazione alla sua funzione, l’ostacolo principale a una sua proiezione oltre lo Stato consiste nell’impossibilità di pensare a una pluralità di soggetti politici. Nel caso di Jürgen Habermas (Capitolo II), i contributi sull’Europa del filosofo tedesco sono interpretati in relazione ad alcuni degli snodi teorici del capolavoro del 1992, Fatti e norme, su cui fa leva il suo sforzo di ripensare il tema dell’identità e della cittadinanza democratiche a livello europeo nell’ambito della costellazione postnazionale mediante la valorizzazione del concetto di solidarietà tra estranei. La proposta recente di concetti come quelli di “sovranità (con)divisa” e “pouvoir constituant mixte” per pensare una comunità federale sovranazionale non-statale è analizzata nella sua (in)consistenza con l’assunzione dell’idea di autodeterminazione democratica. Il capitolo III è dedicato alla teoria del Verfassungsverbund nella configurazione che esso ha assunto nella riflessione del “giurista europeo” Ingolf Pernice. Per un verso, sono stati individuati gli elementi che connotano positivamente questo tipo di costituzionalismo (“multilivellarità”/pluralità, dinamicità ecc.), tali da renderlo differente e irriducibile sia al costituzionalismo statale, sia a costruzioni dottrinarie alternative quali quella dello Staatenverbund. Per altro verso, si è mostrata la difficoltà di pensarlo sulla base del modello del contratto sociale specie se alla base si situa la dimensione dell’accordo tra cittadini. Il quarto ed ultimo capitolo è dedicato a quei tentativi di ripensare l’Europa oltre lo Stato che hanno assunto come punto privilegiato di riferimento la categoria di Bund. In un tale contesto teorico, analizzato sulla scorta del contributo di Olivier Beaud in particolare, si presenta l’esigenza di pensare la politica e il diritto sulla base di premesse radicalmente diverse da quelle solitamente adottate nell’ambito dello Stato e che risultano necessarie per poter pensare produttivamente ad una pluralità di soggetti politici che intendono dare vita, attraverso la loro partecipazione, ad un nuovo orizzonte comune di interazione. In tal senso, viene ad assumere un ruolo di primo piano la dimensione pattizia come dimensione costitutiva della politica e del diritto. Si è cercato dimostrare perché la questione che pone una modalità di intendere la politica di questo tipo non è quella di una sua legittimazione democratica, bensì, se si intende garantire il carattere politico delle parti e la possibilità del controllo, di indurre ad un ripensamento del comando politico che non può essere inteso come comando rappresentativo.File | Dimensione | Formato | |
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