The research focuses on the analysis of the second part of the procedure per formulas of the classical era. It intends to investigate the relationship between the jurists and the judge during this second segment of the proceedings. The first chapter investigates certain sources that define the boundary of the relationship between the judge and the jurist. Gaius and Pomponius are both very explicit in indicating the existence of a close link between legal science and judges. This relationship appears to be confirmed by the literary testimonies of the last century of the Republic, which show the assiduous presence of jurists alongside judges in the resolution of famous cases. The following chapters deal with showing some concrete examples of legal science’s thinking addressed to the judge of the per formulas trial. The second chapter, in particular, concerns two very important topics that directly involved the work of the private judge. On the one hand, the arbitratus de restituendo is analysed, showing how the determination of its concrete content was specifically left to legal science. The latter, in fact, was engaged in defining the perimeter of the arbitratus present in the formulae which the judge had to apply in the performance of his duties. On the other, it addresses the issue of cautiones iudiciales which were stipulationes that the judge could impose on the parties and that derived from a careful analysis of the officium iudicis in relation to the specific content of the formula. In the third chapter, the issue of the officium iudicis within the context of the iudicia bonae fidei is examined in a rapid and necessarily limited manner. The analysis is limited to the study of some texts of Cicero in which clues can be found concerning the peculiarities of the role of the judge in these iudicia. Recalling the thesis according to which the interpretatio of the oportere ex fide bona was entrusted to jurisprudence, which also determined the powers of the judge, deducing them from the formula, the theory according to which the bona fides is a technical and specialist concept appears to be confirmed. Attention is then focused on the compensatio and on the usurae, as examples arising within the context of the iudicia bonae fidei thanks to the work of the scientia iuris. Finally, the last chapter focuses on the study of the scientific elaboration of legal science concerning the onus probandi. In particular, the problem concerning the existence of a reflection of the prudentes in a field which is traditionally excluded from the scope of activity of legal science of the classical period is analysed. The investigation is carried out based on an analysis of literary and technical texts which demonstrate the procedures followed by jurists. Finally, the presence of a scientific thought in this regard is confirmed by reading a very famous chapter of Aulus Gellius’s Noctes Atticae.
La ricerca si incentra sull’analisi della seconda parte del processo per formulas di epoca classica. Essa intende indagare il rapporto esistente tra i giuristi ed il giudice proprio durante questo secondo segmento processuale. Il primo capitolo si occupa di indagare alcune fonti che definiscono il perimetro del rapporto tra il giudice ed il giurista. Gaio e Pomponio appaiono entrambi molto espliciti nell’indicare la sussistenza di uno stretto legame tra la scienza giuridica e i giudici. Tale rapporto appare confermato dalle testimonianze letterarie dell’ultimo secolo della repubblica che mostrano l’assidua presenza dei giuristi accanto ai giudici nella risoluzione di casi celebri. I capitoli che seguono si occupano di mostrare alcuni esempi concreti dell’elaborazione giurisprudenziale rivolta al giudice del processo per formulas. Il secondo capitolo riguarda, nello specifico, due istituti assai importanti che coinvolgevano direttamente l’operare del giudice privato. Da una parte si analizza l’arbitratus de restituendo, mostrando come la determinazione della suo concreto contenuto fosse demandata in modo specifico proprio alla giurisprudenza. Essa, infatti, si è occupata di definire il perimetro delle clausole presenti nelle formulae che il giudice doveva applicare nell’esplicazione del proprio incarico. Dall’altra si è affrontato il tema delle cautiones iudiciales, stipulationes che il giudice poteva imporre alle parti e che derivavano da un’attenta analisi dell’officium iudicis in relazione allo specifico tenore della formula. Nel terzo capitolo si esamina in modo rapido e necessariamente limitato il tema dell’officium iudicis nell’ambito dei iudicia bonae fidei. A fronte dell’ampiezza sconfinata del tema, l’analisi si limita allo studio di alcuni testi ciceroniani nei quali sono ravvisabili indizi circa le peculiarità del ruolo del giudice in questi giudizi. Ricordata la tesi secondo la quale l’interpretatio dell’oportere ex fide bona fosse affidata alla giurisprudenza, che determinava altresì i poteri di cui godeva il giudice desumendoli dalla formula, appare confermata la teoria per la quale la bona fides risulta essere un concetto tecnico e specialistico. Si concentra poi l’attenzione sulla compensatio e sulle usurae, quali istituti sorti nell’ambito dei iudicia bonae fidei grazie all’operato della scientia iuris. In essi si misura la presenza dei giuristi a favore dei giudici che dovevano applicare concretamente la clausola ex fide bona. L’ultimo capitolo si concentra, infine, sullo studio dell’elaborazione scientifica della giurisprudenza circa l’onus probandi. In particolare, si analizza il problema riguardante l’esistenza di una riflessione dei prudentes in un campo che viene tradizionalmente escluso dall’ambito di attività della giurisprudenza del periodo classico. L’indagine si svolge sulla base dell’analisi di testi letterari e tecnici che dimostrano quali fossero i procedimenti seguiti dai giuristi. La presenza di un pensiero scientifico in merito, trova infine conferma dalla lettura di un celeberrimo capitolo delle Noctes Atticae di Aulo Gellio.
'Apud iudicem'. Giuristi e giudici nell'epilogo del processo formulare / Zini, Alberto. - (2017 Dec 15).
'Apud iudicem'. Giuristi e giudici nell'epilogo del processo formulare
Zini, Alberto
2017
Abstract
La ricerca si incentra sull’analisi della seconda parte del processo per formulas di epoca classica. Essa intende indagare il rapporto esistente tra i giuristi ed il giudice proprio durante questo secondo segmento processuale. Il primo capitolo si occupa di indagare alcune fonti che definiscono il perimetro del rapporto tra il giudice ed il giurista. Gaio e Pomponio appaiono entrambi molto espliciti nell’indicare la sussistenza di uno stretto legame tra la scienza giuridica e i giudici. Tale rapporto appare confermato dalle testimonianze letterarie dell’ultimo secolo della repubblica che mostrano l’assidua presenza dei giuristi accanto ai giudici nella risoluzione di casi celebri. I capitoli che seguono si occupano di mostrare alcuni esempi concreti dell’elaborazione giurisprudenziale rivolta al giudice del processo per formulas. Il secondo capitolo riguarda, nello specifico, due istituti assai importanti che coinvolgevano direttamente l’operare del giudice privato. Da una parte si analizza l’arbitratus de restituendo, mostrando come la determinazione della suo concreto contenuto fosse demandata in modo specifico proprio alla giurisprudenza. Essa, infatti, si è occupata di definire il perimetro delle clausole presenti nelle formulae che il giudice doveva applicare nell’esplicazione del proprio incarico. Dall’altra si è affrontato il tema delle cautiones iudiciales, stipulationes che il giudice poteva imporre alle parti e che derivavano da un’attenta analisi dell’officium iudicis in relazione allo specifico tenore della formula. Nel terzo capitolo si esamina in modo rapido e necessariamente limitato il tema dell’officium iudicis nell’ambito dei iudicia bonae fidei. A fronte dell’ampiezza sconfinata del tema, l’analisi si limita allo studio di alcuni testi ciceroniani nei quali sono ravvisabili indizi circa le peculiarità del ruolo del giudice in questi giudizi. Ricordata la tesi secondo la quale l’interpretatio dell’oportere ex fide bona fosse affidata alla giurisprudenza, che determinava altresì i poteri di cui godeva il giudice desumendoli dalla formula, appare confermata la teoria per la quale la bona fides risulta essere un concetto tecnico e specialistico. Si concentra poi l’attenzione sulla compensatio e sulle usurae, quali istituti sorti nell’ambito dei iudicia bonae fidei grazie all’operato della scientia iuris. In essi si misura la presenza dei giuristi a favore dei giudici che dovevano applicare concretamente la clausola ex fide bona. L’ultimo capitolo si concentra, infine, sullo studio dell’elaborazione scientifica della giurisprudenza circa l’onus probandi. In particolare, si analizza il problema riguardante l’esistenza di una riflessione dei prudentes in un campo che viene tradizionalmente escluso dall’ambito di attività della giurisprudenza del periodo classico. L’indagine si svolge sulla base dell’analisi di testi letterari e tecnici che dimostrano quali fossero i procedimenti seguiti dai giuristi. La presenza di un pensiero scientifico in merito, trova infine conferma dalla lettura di un celeberrimo capitolo delle Noctes Atticae di Aulo Gellio.File | Dimensione | Formato | |
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