Il contributo intende portare argomenti a sostegno di una critica sostanziale al concetto di "dimensione ottima dei Comuni", sostenendo che, dal punto di vista politologico, non ha molto senso parlare di dimensione “ottima” dei comuni, ma piuttosto di dimensione “adeguata” in relazione a una serie di fattori che di seguito si cercherà di specificare. Ricercare una dimensione ottima dei comuni e provare a darne una definizione “oggettiva” significa, infatti, implicitamente, privilegiare la logica della fusione dei comuni, inducendo a non valutare in modo altrettanto positivo le reti intercomunali per la gestione associata dei servizi come le unioni, le convenzioni, i consorzi. A questo riguardo va specificato che questi ambiti territoriali, o reti intercomunali, hanno un senso se rispondono ad almeno due requisiti essenziali: a) sono volontarie e non imposte per legge, ma fortemente incentivate; b) sono pensate come reti per lo sviluppo territoriale. In questa prospettiva, per un ente di secondo livello come una unione dei comuni la ragione d’essere non può essere solo quella della gestione associata dei servizi e il risparmio della spesa, ma deve essere qualcosa di più. Le unioni infatti rischiano spesso di non sopravvivere al cambio della classe politica e dei sindaci che le hanno volute, in quanto, essendo delle reti, devono risultare convenienti ed essere motivate e incentivate adeguatamente e di continuo. La domanda quindi dovrebbe essere: può essere conveniente attivare una unione di comuni? E a quali condizioni una unione di comuni, o una rete intercomunale, diventa conveniente?
OLTRE LA DIMENSIONE “OTTIMA” DEL COMUNE. COMUNI E AREE URBANE FUNZIONALI, TRA ADEGUATEZZA ISTITUZIONALE E IDENTITÀ
MESSINA P.
2021
Abstract
Il contributo intende portare argomenti a sostegno di una critica sostanziale al concetto di "dimensione ottima dei Comuni", sostenendo che, dal punto di vista politologico, non ha molto senso parlare di dimensione “ottima” dei comuni, ma piuttosto di dimensione “adeguata” in relazione a una serie di fattori che di seguito si cercherà di specificare. Ricercare una dimensione ottima dei comuni e provare a darne una definizione “oggettiva” significa, infatti, implicitamente, privilegiare la logica della fusione dei comuni, inducendo a non valutare in modo altrettanto positivo le reti intercomunali per la gestione associata dei servizi come le unioni, le convenzioni, i consorzi. A questo riguardo va specificato che questi ambiti territoriali, o reti intercomunali, hanno un senso se rispondono ad almeno due requisiti essenziali: a) sono volontarie e non imposte per legge, ma fortemente incentivate; b) sono pensate come reti per lo sviluppo territoriale. In questa prospettiva, per un ente di secondo livello come una unione dei comuni la ragione d’essere non può essere solo quella della gestione associata dei servizi e il risparmio della spesa, ma deve essere qualcosa di più. Le unioni infatti rischiano spesso di non sopravvivere al cambio della classe politica e dei sindaci che le hanno volute, in quanto, essendo delle reti, devono risultare convenienti ed essere motivate e incentivate adeguatamente e di continuo. La domanda quindi dovrebbe essere: può essere conveniente attivare una unione di comuni? E a quali condizioni una unione di comuni, o una rete intercomunale, diventa conveniente?File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
IV Rapporto Ca' Foscari sui comuni 2021_estratto Messina.pdf
non disponibili
Descrizione: articolo completo
Tipologia:
Published (publisher's version)
Licenza:
Accesso privato - non pubblico
Dimensione
2.12 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.12 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri Richiedi una copia |
Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.