La l. n. 219/2017 non contiene una regola specifica per le situazioni in cui un paziente che abbia la capacità legale di agire si trovi in una condizione di incapacità c.d. di fatto. D’altro canto, nella pratica clinica non sono infrequenti le situazioni in cui i pazienti, pur formalmente capaci di agire, abbiano una capacità di discernimento limitata, o non la abbiano affatto, e non siano di conseguenza in grado di giocare pienamente il proprio ruolo all’interno della relazione di cura e di fiducia con il personale medico. Su tali premesse, l’autore si propone di valorizzare gli elementi normativi che consentono di considerare anche nella prospettiva giuridica la specificità dei vari contesti di cura, e di poter così illuminare anche le “zone d’ombra” della (in)capacità. L’indagine è condotta a partire dalla possibile qualificazione dell’incapacità che rileva in queste situazioni, per poi individuare le regole che possono applicarsi ai casi di limitata capacità di fatto. A tal proposito, rilievo essenziale è attribuito alla “rete di prossimità” del paziente, cioè alle persone a lui vicine (in primis i familiari), che possono fornire al malato il sostegno necessario affinché siano adeguatamente valorizzati i suoi bisogni e le sue aspirazioni.

Incapacità “di fatto” e consenso nella relazione di cura dopo la l. n. 219/2017

Vincenzo Durante
2020

Abstract

La l. n. 219/2017 non contiene una regola specifica per le situazioni in cui un paziente che abbia la capacità legale di agire si trovi in una condizione di incapacità c.d. di fatto. D’altro canto, nella pratica clinica non sono infrequenti le situazioni in cui i pazienti, pur formalmente capaci di agire, abbiano una capacità di discernimento limitata, o non la abbiano affatto, e non siano di conseguenza in grado di giocare pienamente il proprio ruolo all’interno della relazione di cura e di fiducia con il personale medico. Su tali premesse, l’autore si propone di valorizzare gli elementi normativi che consentono di considerare anche nella prospettiva giuridica la specificità dei vari contesti di cura, e di poter così illuminare anche le “zone d’ombra” della (in)capacità. L’indagine è condotta a partire dalla possibile qualificazione dell’incapacità che rileva in queste situazioni, per poi individuare le regole che possono applicarsi ai casi di limitata capacità di fatto. A tal proposito, rilievo essenziale è attribuito alla “rete di prossimità” del paziente, cioè alle persone a lui vicine (in primis i familiari), che possono fornire al malato il sostegno necessario affinché siano adeguatamente valorizzati i suoi bisogni e le sue aspirazioni.
2020
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