La Grande Guerra e lo studio archeologico a essa connesso si pongono come linea di demarcazione tra un passato ancora piuttosto distante a livello cognitivo, una più vicina e tangibile (e talvolta emotiva) Archeologia del Nonno e la concezione di una ancor più recente Archeologia (o meglio etnoarcheologia) di Noi in cui, non solo il record archeologico eco/ manu-fattuale risulta riscontrabile, ma l’aspetto cognitivo assume un ruolo fondamentale intorno all’individuo stesso (mentefatti) in relazione alla società e al territorio. In questo senso, l’archeologia della Prima Guerra Mondiale permette di tracciare un parallelismo tra il Post Traumatic Stess Disorder sofferto dai reduci con le trasformazioni fisiche subite dai paesaggi del fronte (warscape), talvolta ancora in atto come processi formativi del record. L’approccio caratteristico intrapreso nello studio di questo paesaggio pluristratificato si può impostare su due linee guida principali: un’Archeologia della Guerra in senso stretto, il cui target di indagine sono proprio le evidenze della Grande Guerra, e un’Archeologia attraverso la Guerra, in cui i mutamenti del paesaggio indotti dall’impatto bellico forniscono delle “finestre preferenziali” (finestre stratigrafche) per lo studio di un passato più remoto. In entrambi gli approcci (talvolta separati solo dal punto di vista teorico) il bagaglio tecnico-metodologico applicativo risulta omogeneo prediligendo una politica del Minimum Tillage (impatto/intrusività minimi) sul record, preferenzialmente attraverso il telerilevamento, la ricognizione di superficie, le prospezioni e le analisi di laboratorio tutte in un’ottica High Tech/ Low Cost. Infine vengono proposti cinque differenti casi di studio esemplificativi dei differenti obiettivi perseguibili attraverso l’indagine dei contesti della Prima Guerra Mondiale in un’ottica che spazia dalla ricerca scientifica, alla tutela di un paesaggio in continuo mutamento/ sparizione, fino alla valorizzazione di aree marginali con il coinvolgimento delle comunità locali (Archeologia Pubblica, Archeologia Comunitaria, Archeologia Partecipatoria/Archeologia per lo Sviluppo).

“Archeologia della Guerra”: caro nonno ti scrivo...,

Armando De Guio
2016

Abstract

La Grande Guerra e lo studio archeologico a essa connesso si pongono come linea di demarcazione tra un passato ancora piuttosto distante a livello cognitivo, una più vicina e tangibile (e talvolta emotiva) Archeologia del Nonno e la concezione di una ancor più recente Archeologia (o meglio etnoarcheologia) di Noi in cui, non solo il record archeologico eco/ manu-fattuale risulta riscontrabile, ma l’aspetto cognitivo assume un ruolo fondamentale intorno all’individuo stesso (mentefatti) in relazione alla società e al territorio. In questo senso, l’archeologia della Prima Guerra Mondiale permette di tracciare un parallelismo tra il Post Traumatic Stess Disorder sofferto dai reduci con le trasformazioni fisiche subite dai paesaggi del fronte (warscape), talvolta ancora in atto come processi formativi del record. L’approccio caratteristico intrapreso nello studio di questo paesaggio pluristratificato si può impostare su due linee guida principali: un’Archeologia della Guerra in senso stretto, il cui target di indagine sono proprio le evidenze della Grande Guerra, e un’Archeologia attraverso la Guerra, in cui i mutamenti del paesaggio indotti dall’impatto bellico forniscono delle “finestre preferenziali” (finestre stratigrafche) per lo studio di un passato più remoto. In entrambi gli approcci (talvolta separati solo dal punto di vista teorico) il bagaglio tecnico-metodologico applicativo risulta omogeneo prediligendo una politica del Minimum Tillage (impatto/intrusività minimi) sul record, preferenzialmente attraverso il telerilevamento, la ricognizione di superficie, le prospezioni e le analisi di laboratorio tutte in un’ottica High Tech/ Low Cost. Infine vengono proposti cinque differenti casi di studio esemplificativi dei differenti obiettivi perseguibili attraverso l’indagine dei contesti della Prima Guerra Mondiale in un’ottica che spazia dalla ricerca scientifica, alla tutela di un paesaggio in continuo mutamento/ sparizione, fino alla valorizzazione di aree marginali con il coinvolgimento delle comunità locali (Archeologia Pubblica, Archeologia Comunitaria, Archeologia Partecipatoria/Archeologia per lo Sviluppo).
2016
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3385129
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