In questo saggio discutiamo il “diritto alla mobilità” guardando da un lato all’evolversi del dibattito all’interno dei mobility studies e dall’altro riprendendo i principi del cosiddetto “diritto alla città” proposto da Henri Lefebvre (1968). Con questo riferimento, formuliamo una critica alla definizione di “turista” comunemente utilizzata a fini statistici e costruita in opposizione a quella di “altri viaggiatori”. La nostra ipotesi è che le definizioni statistiche, normative e fiscali più utilizzate agiscano performativamente sui luoghi, limitando profondamente l’accesso allo spazio urbano a coloro che non ricadono nella definizione, come migranti, lavoratori stagionali, studenti e tutta una serie di altre identità mobili. Sullo sfondo della nostra riflessione, poniamo la città-archetipo delle derive e delle contraddizioni che l’eccesso di turismo provoca: Venezia. Mettendo in relazione la costruzione di una alterità mobile da parte delle definizioni statistiche del turismo con la dibattuta “tassa di sbarco” approvata dal Consiglio comunale nel 2018 (ma non ancora applicata), mostriamo come il dibattito che ne è disceso crei un’impasse rispetto a un “diritto alla città” che intrecci un “diritto alla mobilità”. Nelle conclusioni accenniamo ad alcune esperienze di ospitalità che, andando oltre alla dicotomia presentata, cercano di mettere in pratica forme di ospitalità inclusive di diversi tipi di mobilità pur nella loro diversità.

Dal “diritto alla città” al “diritto alla mobilità”. Spunti per una critica socio-spaziale della definizione di “turista”

Rabbiosi Chiara
;
2020

Abstract

In questo saggio discutiamo il “diritto alla mobilità” guardando da un lato all’evolversi del dibattito all’interno dei mobility studies e dall’altro riprendendo i principi del cosiddetto “diritto alla città” proposto da Henri Lefebvre (1968). Con questo riferimento, formuliamo una critica alla definizione di “turista” comunemente utilizzata a fini statistici e costruita in opposizione a quella di “altri viaggiatori”. La nostra ipotesi è che le definizioni statistiche, normative e fiscali più utilizzate agiscano performativamente sui luoghi, limitando profondamente l’accesso allo spazio urbano a coloro che non ricadono nella definizione, come migranti, lavoratori stagionali, studenti e tutta una serie di altre identità mobili. Sullo sfondo della nostra riflessione, poniamo la città-archetipo delle derive e delle contraddizioni che l’eccesso di turismo provoca: Venezia. Mettendo in relazione la costruzione di una alterità mobile da parte delle definizioni statistiche del turismo con la dibattuta “tassa di sbarco” approvata dal Consiglio comunale nel 2018 (ma non ancora applicata), mostriamo come il dibattito che ne è disceso crei un’impasse rispetto a un “diritto alla città” che intrecci un “diritto alla mobilità”. Nelle conclusioni accenniamo ad alcune esperienze di ospitalità che, andando oltre alla dicotomia presentata, cercano di mettere in pratica forme di ospitalità inclusive di diversi tipi di mobilità pur nella loro diversità.
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