Il contributo si inserisce di un progetto di carattere multidisciplinare declinato in una prospettiva di genere volto alla storicizzazione e alla lettura critica dell’operato e della figura di artiste italiane in relazione al contesto del cinema sperimentale e delle arti elettroniche dagli anni Sessanta ad oggi. A orientare la selezione dei casi di studio, uno per decennio, è il carattere propulsivo rispetto a nuclei e modi espressivi propri della tradizione della riflessione al femminile a fronte del mutamento degli scenari di riferimento: dalle polarità di individuale e collettivo alle istanze di autorappresentazione, dal rapporto con la dimensione genealogica e il simbolico femminile, all’inscrizione, o meno, in forme di militanza storicamente consolidate. Nella cornice delineata dall’architettura del progetto, il nome di Martina Melilli, oggetto del contributo, appare senz’altro, nella rosa d’insieme, il meno indagato – e pertanto accreditato – da una letteratura storico-critica. Nata negli anni Ottanta, Melilli è rappresentativa di una generazione che si forma in un panorama in cui la percezione identitaria viene sollecitata sia dalla messa a sistema del rafforzamento dell’identità europea anche attraverso politiche di mobilità interna, sia dall’intensificarsi di flussi internazionali che hanno concorso a mobilitare memorie individuali e collettive dei passati coloniali, inserendosi in un ampio fenomeno di risemantizzazione e rifunzionalizzazione dell’archivio. A conferma, la centralità nella produzione di Melilli di motivi trasversalmente condivisi in un dato panorama di prassi artistiche, quali la dimensione della memoria, individuale e collettiva, e l’esigenza di una negoziazione di vissuti, materiali e percettivi, di disancoraggi spazio-temporali. Nel concorrere a quella risignificazione di oggetti, dispositivi e forme simboliche – dall’archivio alla mappa – sintomaticamente ricorsiva nelle pratiche artistiche e di cittadinanza attiva, il caso di Melilli partecipa altresì a uno stratificato dibattito, di carattere pluridisciplinare, sulla collocazione dell’Italia nello scacchiere europeo in riferimento ai differenziati fenomeni di mobilità internazionale e alle questioni sollevate dalle società complesse, nei loro ancoraggi a passati recenti (Ponzanesi, 2014).
Tracce e corporeità fossili: Martina Melilli, artista e filmmaker
FARAH POLATO
2021
Abstract
Il contributo si inserisce di un progetto di carattere multidisciplinare declinato in una prospettiva di genere volto alla storicizzazione e alla lettura critica dell’operato e della figura di artiste italiane in relazione al contesto del cinema sperimentale e delle arti elettroniche dagli anni Sessanta ad oggi. A orientare la selezione dei casi di studio, uno per decennio, è il carattere propulsivo rispetto a nuclei e modi espressivi propri della tradizione della riflessione al femminile a fronte del mutamento degli scenari di riferimento: dalle polarità di individuale e collettivo alle istanze di autorappresentazione, dal rapporto con la dimensione genealogica e il simbolico femminile, all’inscrizione, o meno, in forme di militanza storicamente consolidate. Nella cornice delineata dall’architettura del progetto, il nome di Martina Melilli, oggetto del contributo, appare senz’altro, nella rosa d’insieme, il meno indagato – e pertanto accreditato – da una letteratura storico-critica. Nata negli anni Ottanta, Melilli è rappresentativa di una generazione che si forma in un panorama in cui la percezione identitaria viene sollecitata sia dalla messa a sistema del rafforzamento dell’identità europea anche attraverso politiche di mobilità interna, sia dall’intensificarsi di flussi internazionali che hanno concorso a mobilitare memorie individuali e collettive dei passati coloniali, inserendosi in un ampio fenomeno di risemantizzazione e rifunzionalizzazione dell’archivio. A conferma, la centralità nella produzione di Melilli di motivi trasversalmente condivisi in un dato panorama di prassi artistiche, quali la dimensione della memoria, individuale e collettiva, e l’esigenza di una negoziazione di vissuti, materiali e percettivi, di disancoraggi spazio-temporali. Nel concorrere a quella risignificazione di oggetti, dispositivi e forme simboliche – dall’archivio alla mappa – sintomaticamente ricorsiva nelle pratiche artistiche e di cittadinanza attiva, il caso di Melilli partecipa altresì a uno stratificato dibattito, di carattere pluridisciplinare, sulla collocazione dell’Italia nello scacchiere europeo in riferimento ai differenziati fenomeni di mobilità internazionale e alle questioni sollevate dalle società complesse, nei loro ancoraggi a passati recenti (Ponzanesi, 2014).Pubblicazioni consigliate
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