L’obiettivo del presente contributo è innanzitutto quello di comprendere il motivo per cui il fortunato genere letterario inaugurato da Thomas More nel 1516 non abbia prodotto in Portogallo una letteratura paragonabile a quella a cui in Inghilterra, in Francia o in Italia hanno dato vita i vari More, Rabelais, Campanella e tanti altri architetti mentali di città immaginarie. Attraverso poi l’analisi di un’opera portoghese che si definisce utopica sin dal titolo, Utopia iii di José Vitorino de Pina Martins (1920-2010), vedere se in essa è possibile rintracciare comunque alcune costanti del discorso utopico e verificare che tipo di rapporto lo scrittore portoghese stabilisce con la tradizione.

Da Utopia a Utopia III. La ricerca del luogo ideale che non c'è

B. Gori
2019

Abstract

L’obiettivo del presente contributo è innanzitutto quello di comprendere il motivo per cui il fortunato genere letterario inaugurato da Thomas More nel 1516 non abbia prodotto in Portogallo una letteratura paragonabile a quella a cui in Inghilterra, in Francia o in Italia hanno dato vita i vari More, Rabelais, Campanella e tanti altri architetti mentali di città immaginarie. Attraverso poi l’analisi di un’opera portoghese che si definisce utopica sin dal titolo, Utopia iii di José Vitorino de Pina Martins (1920-2010), vedere se in essa è possibile rintracciare comunque alcune costanti del discorso utopico e verificare che tipo di rapporto lo scrittore portoghese stabilisce con la tradizione.
2019
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11577/3322447
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