Basato sui risultati di una ricerca etnografica, il paper intende esplorare i modi in cui i ballerini di hip-hop utilizzano lo spazio pubblico come un palcoscenico, per poter analizzare i rapporti tra pratiche espressive, corpi e luoghi. Come caso empirico dell’osservazione, è stata utilizzato il mezzanino di Porta Venezia, a Milano, un’ampia area della metropolitana per lungo tempo lasciata inutilizzata, prima che un gruppo di b-boy la individuassero come “un posto per ballare”. Usandola per i loro allenamenti, i ballerini creano attraverso le loro pratiche quotidiane nuovi significati allo spazio, sviluppandone una connessione emotiva. Abitudini, pratiche, condotte vengono descritte mettendo in mostra la mutua influenza tra corpi e spazi: l’uso alternativo e quotidiano dello spazio ha un’influenza pratica sul modo di danzare e sul modo di essere un b-boy. Gli usi innovativi e inaspettati di usare, gestire e prendersi cura dello spazio, vengono letti come forme di resistenza, mostrando il contenuto conflittuale della corporeità agita. Ballando, i b-boy creano una nuova opportunità di interpretare il mezzanino della metropolitana e, più generalmente, la città stessa. Con la loro riappropriazione di uno spazio, viene agito un conflitto intorno alle caratteristiche di proprietà, accessibilità e intersoggettività dello spazio pubblico, mostrando come la definizione di “pubblicità” possa essere negoziata e contesa. In particolare, si sono evidenziati I discorsi alternative che vengono costruiti attraverso i movimenti della breakdance e le piccole azioni quotidiane connesse. Durante le loro attività, i b-boy mettono in discussione la definizione di ciò che è permesso e proibito, contrapponendo creando con la loro corporeità in movimento un’opposizione alle forme istituzionalizzate e disciplinate di discorsi del potere sul corpo in pubblico.

Con le mani per terra: trasformazione dei luoghi nella pratica corporea. Il caso della breakdance a Porta Venezia, Milano

Fabio Bertoni
2017

Abstract

Basato sui risultati di una ricerca etnografica, il paper intende esplorare i modi in cui i ballerini di hip-hop utilizzano lo spazio pubblico come un palcoscenico, per poter analizzare i rapporti tra pratiche espressive, corpi e luoghi. Come caso empirico dell’osservazione, è stata utilizzato il mezzanino di Porta Venezia, a Milano, un’ampia area della metropolitana per lungo tempo lasciata inutilizzata, prima che un gruppo di b-boy la individuassero come “un posto per ballare”. Usandola per i loro allenamenti, i ballerini creano attraverso le loro pratiche quotidiane nuovi significati allo spazio, sviluppandone una connessione emotiva. Abitudini, pratiche, condotte vengono descritte mettendo in mostra la mutua influenza tra corpi e spazi: l’uso alternativo e quotidiano dello spazio ha un’influenza pratica sul modo di danzare e sul modo di essere un b-boy. Gli usi innovativi e inaspettati di usare, gestire e prendersi cura dello spazio, vengono letti come forme di resistenza, mostrando il contenuto conflittuale della corporeità agita. Ballando, i b-boy creano una nuova opportunità di interpretare il mezzanino della metropolitana e, più generalmente, la città stessa. Con la loro riappropriazione di uno spazio, viene agito un conflitto intorno alle caratteristiche di proprietà, accessibilità e intersoggettività dello spazio pubblico, mostrando come la definizione di “pubblicità” possa essere negoziata e contesa. In particolare, si sono evidenziati I discorsi alternative che vengono costruiti attraverso i movimenti della breakdance e le piccole azioni quotidiane connesse. Durante le loro attività, i b-boy mettono in discussione la definizione di ciò che è permesso e proibito, contrapponendo creando con la loro corporeità in movimento un’opposizione alle forme istituzionalizzate e disciplinate di discorsi del potere sul corpo in pubblico.
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