Il XX secolo è il secolo del judicial review, afferma il giudice Aharon Barak in quella che viene definita la Marbury v. Madison israeliana1. Se ciò è vero, e per molti versi lo è, occorre aggiungere che il XX secolo è anche stato il secolo dei problemi connessi al judicial review, problemi sui quali non è ancora stata messa la parola fine neppure nel XXI. Il problema dei problemi è evidentemente quello della stessa legittimazione del controllo di costituzionalità. È un dato di fatto che laddove è previsto il controllo di costituzionalità delle leggi esiste anche un potenziale conflitto tra l’organo (o gli organi) che ne sono incaricati e l’organo democraticamente legittimato all’esercizio del potere legislativo2. Il conflitto è potenziale e latente, ma in certi casi è potente e reale. Basti pensare alla materia elettorale, che di fatto racchiude le regole che legittimano democraticamente lo stesso organo legislativo. In ogni altro ambito, un giudizio di incostituzionalità vulnera il prodotto della funzione legislativa, ma in materia elettorale un simile giudizio intacca le basi stesse della legittimazione democratica. Lo abbiamo visto in Italia con le due pronunce del 2014 e del 2017 sulle leggi elettorali3, ma lo si nota in ogni altro ordinamento in cui il giudice costituzionale si trovi a dover decidere sulle leggi che disciplinano il meccanismo elettorale. È il caso del Giappone, e delle vicende legate al problema di malapportionment su cui si è trovata a dover decidere la Corte Suprema4, o alle numerose pronunce della Corte di Karlsruhe in materia5. Ma il conflitto tra giudici e legislatore non è circoscritto alla sola materia elettorale. Esso può manifestarsi, e si manifesta, ogniqualvolta i primi si trovino a dover giudicare sulle scelte operate dal legislatore, ed è noto quanto pericolosamente vicina sia una valutazione basata sul parametro della ragionevolezza, quello più utilizzato dai giudici costituzionali, ad una valutazione di opportunità. Più è ampio il ventaglio delle scelte che si presenta al legislatore, maggiore è il rischio che il giudice si trovi a sindacare su terreni difficili e scivolosi. E non è sempre possibile al giudice ritrarsi dietro lo scudo delle political question. Anzi, spesso il giudice è chiamato a intervenire proprio a causa dell’inerzia del legislatore, come in Italia nei casi legati alle tematiche del fine vita.
Giustizia costituzionale e democrazia: premesse metodologiche per un’analisi dei rapporti tra giudice costituzionale e poteri democraticamente legittimati
Sergio Gerotto
2017
Abstract
Il XX secolo è il secolo del judicial review, afferma il giudice Aharon Barak in quella che viene definita la Marbury v. Madison israeliana1. Se ciò è vero, e per molti versi lo è, occorre aggiungere che il XX secolo è anche stato il secolo dei problemi connessi al judicial review, problemi sui quali non è ancora stata messa la parola fine neppure nel XXI. Il problema dei problemi è evidentemente quello della stessa legittimazione del controllo di costituzionalità. È un dato di fatto che laddove è previsto il controllo di costituzionalità delle leggi esiste anche un potenziale conflitto tra l’organo (o gli organi) che ne sono incaricati e l’organo democraticamente legittimato all’esercizio del potere legislativo2. Il conflitto è potenziale e latente, ma in certi casi è potente e reale. Basti pensare alla materia elettorale, che di fatto racchiude le regole che legittimano democraticamente lo stesso organo legislativo. In ogni altro ambito, un giudizio di incostituzionalità vulnera il prodotto della funzione legislativa, ma in materia elettorale un simile giudizio intacca le basi stesse della legittimazione democratica. Lo abbiamo visto in Italia con le due pronunce del 2014 e del 2017 sulle leggi elettorali3, ma lo si nota in ogni altro ordinamento in cui il giudice costituzionale si trovi a dover decidere sulle leggi che disciplinano il meccanismo elettorale. È il caso del Giappone, e delle vicende legate al problema di malapportionment su cui si è trovata a dover decidere la Corte Suprema4, o alle numerose pronunce della Corte di Karlsruhe in materia5. Ma il conflitto tra giudici e legislatore non è circoscritto alla sola materia elettorale. Esso può manifestarsi, e si manifesta, ogniqualvolta i primi si trovino a dover giudicare sulle scelte operate dal legislatore, ed è noto quanto pericolosamente vicina sia una valutazione basata sul parametro della ragionevolezza, quello più utilizzato dai giudici costituzionali, ad una valutazione di opportunità. Più è ampio il ventaglio delle scelte che si presenta al legislatore, maggiore è il rischio che il giudice si trovi a sindacare su terreni difficili e scivolosi. E non è sempre possibile al giudice ritrarsi dietro lo scudo delle political question. Anzi, spesso il giudice è chiamato a intervenire proprio a causa dell’inerzia del legislatore, come in Italia nei casi legati alle tematiche del fine vita.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Gerotto.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Published (publisher's version)
Licenza:
Accesso gratuito
Dimensione
521.22 kB
Formato
Adobe PDF
|
521.22 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.