All’interno di un volume monografico della rivista “Fata Morgana” dedicato al tema degli oggetti nel cinema, il saggio si concentra sul valore espressivo delle cose nel cinema di Antonio Pietrangeli e alle molteplici funzioni da esse incarnate. Il termine “cose”, presente nel saggio quale punto di ancoraggio prospettico, è debitrice della riflessione del filosofo Remo Bodei nel suo testo La vita delle cose, filoso che apre il volume con una intervista condotta da Daniele Dottorini dal significativo titolo Scardinare l’ovvietà degli oggetti. All’interno del saggio viene sottolineata in alcuni casi la loro valenza narrativa, coniugando precisi snodi del racconto, in altri segnalano passaggi temporali, favorendo la comparsa di processi psichici legati alla memoria e al ricordo. Qualificano a volte i personaggi e, come in una specie di loro prolungamento, si elevano a valore simbolico del disorientamento mostrato da alcune delle figure femminili nel suo cinema. I film studiati nella direzione indicata sono Il sole negli occhi, Nata di marzo, La Visita, La Parmigiana e Io la conoscevo bene. L’analisi di quest’ultima opera è stata arricchita dal confronto con porzioni del pensiero psicoanalitico di matrice lacaniana e in particolare con la riflessione su Das Ding, ovvero La Cosa, proposta da Jacques Lacan, sulla scia del pensiero di Martin Heidegger, nel Seminario VII sull’Etica della Psicoanalisi, seminario particolarmente significativo per l’esplorazione del rapporto tra arte e psicoanalisi.
"Il dorso delle cose" nel cinema di Antonio Pietrangeli
SALVATORE, ROSAMARIA
2016
Abstract
All’interno di un volume monografico della rivista “Fata Morgana” dedicato al tema degli oggetti nel cinema, il saggio si concentra sul valore espressivo delle cose nel cinema di Antonio Pietrangeli e alle molteplici funzioni da esse incarnate. Il termine “cose”, presente nel saggio quale punto di ancoraggio prospettico, è debitrice della riflessione del filosofo Remo Bodei nel suo testo La vita delle cose, filoso che apre il volume con una intervista condotta da Daniele Dottorini dal significativo titolo Scardinare l’ovvietà degli oggetti. All’interno del saggio viene sottolineata in alcuni casi la loro valenza narrativa, coniugando precisi snodi del racconto, in altri segnalano passaggi temporali, favorendo la comparsa di processi psichici legati alla memoria e al ricordo. Qualificano a volte i personaggi e, come in una specie di loro prolungamento, si elevano a valore simbolico del disorientamento mostrato da alcune delle figure femminili nel suo cinema. I film studiati nella direzione indicata sono Il sole negli occhi, Nata di marzo, La Visita, La Parmigiana e Io la conoscevo bene. L’analisi di quest’ultima opera è stata arricchita dal confronto con porzioni del pensiero psicoanalitico di matrice lacaniana e in particolare con la riflessione su Das Ding, ovvero La Cosa, proposta da Jacques Lacan, sulla scia del pensiero di Martin Heidegger, nel Seminario VII sull’Etica della Psicoanalisi, seminario particolarmente significativo per l’esplorazione del rapporto tra arte e psicoanalisi.Pubblicazioni consigliate
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