La menzione del mundoaldo si trova, anche se non sempre con questa denominazione, nelle carte dell’Italia centrosettentrionale del XII secolo, generalmente a proposito del marito della donna, per poi scomparire nel XIII secolo. Nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia, i mundoaldi furono presenti almeno sino al XV secolo. I titolari del mundio sono stati però pochissimo presi in considerazione dalla storiografia in generale, malgrado la lunga durata del termine mundoaldo ( a Firenze ancora in uso nel XV secolo). L’origine dell’istituto risale al concetto del mundium longobardo detenuto dal marito o dai parenti sulla moglie e sulle congiunte più prossime. L’arcaicità dell’istituto, i richiami all’originale legislazione longobarda che si incontrano specie nelle fonti bassomedievali pugliesi, hanno attirato più volte l’interesse degli storici del diritto fra la fine del XIX e l’ inizio del XX secolo, sino a quando, alla metà del Novecento, in un ampio saggio diventato un classico, Ennio Cortese metteva in rilievo le modificazione del mundio barbarico nella direzione dell’esercizio di una forma di tutela, se non di curatela. Alla sua articolatissima indagine, tuttavia, non hanno fatto seguito altre ricerche, sia per l’Italia meridionale, sia per l’Italia dei comuni, anche se si tratta di un tema che può prestarsi bene ad un’indagine comparativa. Thomas Kuhen ha studiato lo statuto fiorentino del 1415 che, precisando le modalità della nomina del mundoaldo per le donne che non avevano marito o padre, estendeva l’obbligo all’intero stato fiorentino e quindi anche alle città dove prima non era stato in vigore. Cortese si soffermò particolarmente sull’Italia meridionale, dove il diritto di tradizione longobarda ebbe un’esistenza vitalissima, soprattutto per quanto riguardava l’eredità e le donne, venne quindi a lungo studiato e commentato da una scuola giuridica longobardista. Alcune norme di diritto privato, e particolarmente quelle che riguardavano il mundio sulle donne, vennero applicate nel Regno ben oltre l’età medievale e questo spiega l’interesse pratico dei giuristi meridionali di età rinascimentale nei confronti della Lombarda ( la codificazione della legge longobarda). Le nuove problematiche storiografiche apertesi con la gender history invitano però a riprendere la riflessione da un punto di vista diverso: non si tratta di un problema solamente medievale perché, anche senza l’antico nome di mundoaldi e con prerogative assai più modeste di quelle che sono documentate nell’Italia del sud in età medievale, la necessità dell’autorizzazione costituì per secoli un elemento cardine riguardo alla vita delle donne in Europa, perché riguardava i limiti posti alla libertà di gestire i loro beni, anche se con un’ampia variabilità geografica e temporale legata alle leggi locali. Ma, sia pure trasmessoci dal filtro della normativa, dei commenti dei giuristi e delle scelte formali operate dai notai, cioè da ambiti inquadrati in schemi legali, il quesito del significato pratico di questi condizionamenti coinvolge profondamente l’intera fisionomia della famiglia e delle risorse economiche a sua disposizione, che si sono qui esaminate alla luce della documentazione pugliese fra XII e XIV secolo.

I mundoaldi nella Puglia medievale : alcuni quesiti dalla lettura dei documenti (secc.XII-XIV)

MAINONI, MARIAPATRIZIA
2015

Abstract

La menzione del mundoaldo si trova, anche se non sempre con questa denominazione, nelle carte dell’Italia centrosettentrionale del XII secolo, generalmente a proposito del marito della donna, per poi scomparire nel XIII secolo. Nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia, i mundoaldi furono presenti almeno sino al XV secolo. I titolari del mundio sono stati però pochissimo presi in considerazione dalla storiografia in generale, malgrado la lunga durata del termine mundoaldo ( a Firenze ancora in uso nel XV secolo). L’origine dell’istituto risale al concetto del mundium longobardo detenuto dal marito o dai parenti sulla moglie e sulle congiunte più prossime. L’arcaicità dell’istituto, i richiami all’originale legislazione longobarda che si incontrano specie nelle fonti bassomedievali pugliesi, hanno attirato più volte l’interesse degli storici del diritto fra la fine del XIX e l’ inizio del XX secolo, sino a quando, alla metà del Novecento, in un ampio saggio diventato un classico, Ennio Cortese metteva in rilievo le modificazione del mundio barbarico nella direzione dell’esercizio di una forma di tutela, se non di curatela. Alla sua articolatissima indagine, tuttavia, non hanno fatto seguito altre ricerche, sia per l’Italia meridionale, sia per l’Italia dei comuni, anche se si tratta di un tema che può prestarsi bene ad un’indagine comparativa. Thomas Kuhen ha studiato lo statuto fiorentino del 1415 che, precisando le modalità della nomina del mundoaldo per le donne che non avevano marito o padre, estendeva l’obbligo all’intero stato fiorentino e quindi anche alle città dove prima non era stato in vigore. Cortese si soffermò particolarmente sull’Italia meridionale, dove il diritto di tradizione longobarda ebbe un’esistenza vitalissima, soprattutto per quanto riguardava l’eredità e le donne, venne quindi a lungo studiato e commentato da una scuola giuridica longobardista. Alcune norme di diritto privato, e particolarmente quelle che riguardavano il mundio sulle donne, vennero applicate nel Regno ben oltre l’età medievale e questo spiega l’interesse pratico dei giuristi meridionali di età rinascimentale nei confronti della Lombarda ( la codificazione della legge longobarda). Le nuove problematiche storiografiche apertesi con la gender history invitano però a riprendere la riflessione da un punto di vista diverso: non si tratta di un problema solamente medievale perché, anche senza l’antico nome di mundoaldi e con prerogative assai più modeste di quelle che sono documentate nell’Italia del sud in età medievale, la necessità dell’autorizzazione costituì per secoli un elemento cardine riguardo alla vita delle donne in Europa, perché riguardava i limiti posti alla libertà di gestire i loro beni, anche se con un’ampia variabilità geografica e temporale legata alle leggi locali. Ma, sia pure trasmessoci dal filtro della normativa, dei commenti dei giuristi e delle scelte formali operate dai notai, cioè da ambiti inquadrati in schemi legali, il quesito del significato pratico di questi condizionamenti coinvolge profondamente l’intera fisionomia della famiglia e delle risorse economiche a sua disposizione, che si sono qui esaminate alla luce della documentazione pugliese fra XII e XIV secolo.
2015
Medioevo per Enrico Pispisa
978-88-87541-56-4
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