Il corpo del principe rivesta una funzione specifica nel nuovo meccanismo di legittimazione della ‘Herrschaft’, a fondamento carismatico, come attestato sin dall’apoteosi di Augusto: l’avvenuta dissociazione del corpo ‘naturale’ (destinato a dissolversi ed oggetto di esequie ordinarie) da quello ‘politico’ (perpetuato ritualmente e celebrato nel ‘funus imaginarium’) avrebbe provocato un effetto di trascinamento, implicando l’accentuazione dello spazio riservato alla dimensione fisica anche nel suo opposto, costituito dalla ‘damnatio’. In una prima fase ciò sarebbe avvenuto ‘de facto’ – si pensi alle vicende del 69 a.C., con speciale menzione dell’oltraggio inferto ai corpi di Galba e Vitellio – ma, in corrispondenza del rafforzamento della componente militare (ossia della forza anomica) nel processo di legittimazione del successore, il maggior rilievo acquisito dalla corporeità si sarebbe tradotto nella riconfigurazione delle prescrizioni deliberate dal senato, ora tendenti a programmare anche la sorte da riservare al cadavere nelle forme del trascinamento, dello smembramento e dell’inabissamento. La svolta coincise con le ‘declamationes-exsecrationes’ seguite all’assassinio di Commodo, ben conosciute attraverso gli stralci degli ‘acta Senatus’ versati nella ‘Historia Augusta’ e attestanti il recupero – costante in prosieguo – della dichiarazione di ‘hostis publicus’: già evocata in età tiberiana contro gli avversari del principe e impiegata a carico di Nerone, quest’ultima avrebbe costituito il fondamento giuridico del trattamento da riservare al cadavere, facendo riscontrare una saldatura con il periodo tardorepubblicano (contraddistinto, non a caso ed analogamente al crepuscolo del principato, dalla prevalenza della forza militare come elemento legittimante). A decorrere dal 193 d.C. non vi sarebbe stata ‘damnatio memoriae’ priva di una complementare sanzione, per lo più pianificata, a carico del corpo del principe deposto, secondo un ‘crescendo’ ineluttabile: allo scempio del cadavere raccomandato dal Senato per Commodo, sarebbero seguito il trascinamento, l’immersione nelle latrine e l’inabissamento nel Tevere di Elagabalo, certamente reputato ‘hostis publicus’ dai pretoriani e dal senato. Ancora, nel 238, momento cruciale che inaugura l’anarchia militare pur coincidendo con il velleitario tentativo senatorio di ritagliare a proprio profitto uno spazio legalista nel meccanismo successorio al trono imperiale, la qualificazione di nemico pubblico fonda l’‘abolitio memoriae’ e la ‘damnatio cadaveris’, sì da condurre alla stabilizzazione di una scansione procedurale articolata in tre momenti distinti, ma concatenati l’uno all’altro. È pertanto necessario modificare le teorie tradizionali sulla ‘damnatio memoriae’ del principe, sì da contemperare i contenuti di tale misura con la ‘damnatio corporis’ (o ‘cadaveris’), ampliando di conseguenza portata e significati della prima.
Usi e abusi del corpo nella 'damnatio memoriae' del principe
SCEVOLA, ROBERTO GIAMPIERO FRANCESCO
2015
Abstract
Il corpo del principe rivesta una funzione specifica nel nuovo meccanismo di legittimazione della ‘Herrschaft’, a fondamento carismatico, come attestato sin dall’apoteosi di Augusto: l’avvenuta dissociazione del corpo ‘naturale’ (destinato a dissolversi ed oggetto di esequie ordinarie) da quello ‘politico’ (perpetuato ritualmente e celebrato nel ‘funus imaginarium’) avrebbe provocato un effetto di trascinamento, implicando l’accentuazione dello spazio riservato alla dimensione fisica anche nel suo opposto, costituito dalla ‘damnatio’. In una prima fase ciò sarebbe avvenuto ‘de facto’ – si pensi alle vicende del 69 a.C., con speciale menzione dell’oltraggio inferto ai corpi di Galba e Vitellio – ma, in corrispondenza del rafforzamento della componente militare (ossia della forza anomica) nel processo di legittimazione del successore, il maggior rilievo acquisito dalla corporeità si sarebbe tradotto nella riconfigurazione delle prescrizioni deliberate dal senato, ora tendenti a programmare anche la sorte da riservare al cadavere nelle forme del trascinamento, dello smembramento e dell’inabissamento. La svolta coincise con le ‘declamationes-exsecrationes’ seguite all’assassinio di Commodo, ben conosciute attraverso gli stralci degli ‘acta Senatus’ versati nella ‘Historia Augusta’ e attestanti il recupero – costante in prosieguo – della dichiarazione di ‘hostis publicus’: già evocata in età tiberiana contro gli avversari del principe e impiegata a carico di Nerone, quest’ultima avrebbe costituito il fondamento giuridico del trattamento da riservare al cadavere, facendo riscontrare una saldatura con il periodo tardorepubblicano (contraddistinto, non a caso ed analogamente al crepuscolo del principato, dalla prevalenza della forza militare come elemento legittimante). A decorrere dal 193 d.C. non vi sarebbe stata ‘damnatio memoriae’ priva di una complementare sanzione, per lo più pianificata, a carico del corpo del principe deposto, secondo un ‘crescendo’ ineluttabile: allo scempio del cadavere raccomandato dal Senato per Commodo, sarebbero seguito il trascinamento, l’immersione nelle latrine e l’inabissamento nel Tevere di Elagabalo, certamente reputato ‘hostis publicus’ dai pretoriani e dal senato. Ancora, nel 238, momento cruciale che inaugura l’anarchia militare pur coincidendo con il velleitario tentativo senatorio di ritagliare a proprio profitto uno spazio legalista nel meccanismo successorio al trono imperiale, la qualificazione di nemico pubblico fonda l’‘abolitio memoriae’ e la ‘damnatio cadaveris’, sì da condurre alla stabilizzazione di una scansione procedurale articolata in tre momenti distinti, ma concatenati l’uno all’altro. È pertanto necessario modificare le teorie tradizionali sulla ‘damnatio memoriae’ del principe, sì da contemperare i contenuti di tale misura con la ‘damnatio corporis’ (o ‘cadaveris’), ampliando di conseguenza portata e significati della prima.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.