L’istituto della filiazione risente, storicamente, di una intrinseca ambiguità o dicotomia: si tratta infatti di dare riconoscimento e tutela giuridica ad un fenomeno innanzi tutto naturale, il quale tuttavia non può essere accertato e verificato con gli strumenti di cui abitualmente il diritto si serve per disporre diritti e doveri. Da ciò consegue un continuo oscillare della disciplina giuridica tra il richiamo a tali fatti naturali ed elementi biologici, e la necessità di prescindere, in tutto o in parte, da essi, nel fissare regole certe; ciò accade in modo particolare quando si tratta di disciplinare il legame tra il figlio ed il padre, con il quale il nesso di carattere naturale consegue ad un ‘fatto’ meno evidente e meno certo. Questa complessità, che segna tanto il diritto antico quanto l’elaborazione dell’età medievale e moderna, non scompare neppure con l’avvento del sistema codificato del XIX secolo. Anche l’impostazione data dal primo legislatore italiano unitario, con il codice civile del 1865, all’istituto della filiazione nel suo insieme, ed alla paternità in particolare, risente significativamente di tali discrasie e difficoltà di coordinamento tra elementi diversi. Se per la paternità legittima vige ancora l’antico principio della presunzione di paternità del marito, per la paternità naturale: la norma del codice civile italiano del 1865 che prevede il divieto di indagini sulla paternità naturale costituisce una profonda innovazione, sia rispetto alla prassi giudiziaria medievale e moderna, sia rispetto alla legislazione preunitaria di primo Ottocento. La circostanza determina un vasto dibattito dottrinale, con una forte corrente di civilisti impegnati nel chiedere una riforma del codice
Padri presunti e padri invisibili. Filiazione e ricerca della paternità nel diritto italiano tra Otto e Novecento
VALSECCHI, CHIARA MARIA
2015
Abstract
L’istituto della filiazione risente, storicamente, di una intrinseca ambiguità o dicotomia: si tratta infatti di dare riconoscimento e tutela giuridica ad un fenomeno innanzi tutto naturale, il quale tuttavia non può essere accertato e verificato con gli strumenti di cui abitualmente il diritto si serve per disporre diritti e doveri. Da ciò consegue un continuo oscillare della disciplina giuridica tra il richiamo a tali fatti naturali ed elementi biologici, e la necessità di prescindere, in tutto o in parte, da essi, nel fissare regole certe; ciò accade in modo particolare quando si tratta di disciplinare il legame tra il figlio ed il padre, con il quale il nesso di carattere naturale consegue ad un ‘fatto’ meno evidente e meno certo. Questa complessità, che segna tanto il diritto antico quanto l’elaborazione dell’età medievale e moderna, non scompare neppure con l’avvento del sistema codificato del XIX secolo. Anche l’impostazione data dal primo legislatore italiano unitario, con il codice civile del 1865, all’istituto della filiazione nel suo insieme, ed alla paternità in particolare, risente significativamente di tali discrasie e difficoltà di coordinamento tra elementi diversi. Se per la paternità legittima vige ancora l’antico principio della presunzione di paternità del marito, per la paternità naturale: la norma del codice civile italiano del 1865 che prevede il divieto di indagini sulla paternità naturale costituisce una profonda innovazione, sia rispetto alla prassi giudiziaria medievale e moderna, sia rispetto alla legislazione preunitaria di primo Ottocento. La circostanza determina un vasto dibattito dottrinale, con una forte corrente di civilisti impegnati nel chiedere una riforma del codicePubblicazioni consigliate
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