Gli sviluppi delle ricerche scientifiche in campo neuropsicologico e psicofisiologico sono giunti inevitabilmente a dimostrare la dipendenza della dimensione psichica da quella materiale (sia essa intesa in senso ambientale-ecologico-sociale, sia essa intesa in senso neuronale), fino a rendere sempre più forte l’ipotesi che supporta le teorie dell’identità tra psiche-mente e cervello. In questa prospettiva la dimensione psicologica dell’individuo viene considerata alla stregua del resto del corpo, ossia “immanente”, identica alla dimensione somatica. In quanto tale anche la dimensione psichica non è più testimonianza di alcunché di trascendente che garantisca la permanenza nell'essere di qualcosa del soggetto oltre la morte: la psiche-cerebrale è destinata a morire con la morte del cervello. La morte della “psiche” è legata alla morte del cervello. Poiché questa rappresentazione è estremamente angosciante in quanto implica la rappresentazione dell'"annientamento in totalità" portato dalla morte, è inevitabile che, tramontata la religiosità metafisica e le sue certezze epistemiche sull’esistenza dell’anima, oggi compaiano forme di rimedio all’angoscia che cercano di trovare nel linguaggio scientifico una soluzione alla speranza di non essere destinati all’annientamento. Ma proprio la scienza è il linguaggio del potere che gestisce secondo volontà le forme del divenire basando il proprio potere sulla base della previsione, quindi l’angoscia non può trovare soluzione attraverso la sperimentazione scientifica, in quanto ciò che la metafisica ha indicato come divino e salvo dal divenire non può essere oggetto di sperimentazione e misurazione. L’ipnosi, da quando ha abbandonato il territorio del mesmerismo e dello sciamanesimo, inscrivendosi nell’ambito della ricerca scientifica si è prestata ad essere considerata una modalità di intervento attendibile nella misura in cui utilizzandola è possibile produrre esiti di laboratorio che diano risultati prevedibili, ove però, non per tale loro prevedibilità, il ricercatore possa generalizzare tale risultato per dimostrare che esistono dimensioni ulteriori al mondo del divenire, ovvero della salvezza trascendentale. Secondo Severino, però, se per un verso il dualismo è la croce alla quale resta appeso tutto il pensiero occidentale - in quanto è l'espressione del fallimento della tradizione filosofica nata con l'intendimento di stabilire l'identità, mentre le “posizioni dualiste” si pongono come il compromesso assunto da chi ritiene che da ultimo ciò sia impossibile - non si possono dimenticare le insuperabili difficoltà che si originano quando si ritenga l'uomo cartesianamente scisso in due dimensioni antitetiche, quella corporea e quella incorporea, ove l'una mortale e l’altra no. Eppure, discute il filosofo, di contro, sia il “monismo idealistico” sia quello “materialistico” sono sostanzialmente contraddittori, in quanto intendono dimostrare l’identità presupponendo le due parti in causa e riducendole l’una all’altra. Il filosofo mette infatti in evidenza che in entrambi i casi, per negare l’una o l’altra dimensione, questa deve innanzitutto essere vista e ammessa 25. La soluzione più autentica al problema della morte è dunque impostare un ragionamento che sappia svilupparsi al di fuori del nichilismo e risolvendone i contenuti attraverso la rilevazione della loro sostanziale contraddizione. A partire infatti da ciò che Severino indica come l’originaria necessità dell’essere eterno che mostra il nostro essere già da sempre salvi 26, che compete a tutto ciò che appare, è possibile affrontare la fenomenologia del dualismo con un linguaggio nuovo, che può risultare infatti risolutoria anche rispetto al rapporto mente-cervello e magari, come già discutono gli eternalisti, offrire interessanti opportunità di confronto sui possibili modelli che potrebbero permettere di dare senso alle esperienze di trascendenza che l’ipnosi induce facilitando alcuni stati alterati della coscienza.
La penetrazione dell’anima. Ipnosi e rappresentazioni della salvezza oltre la morte
TESTONI, INES
2017
Abstract
Gli sviluppi delle ricerche scientifiche in campo neuropsicologico e psicofisiologico sono giunti inevitabilmente a dimostrare la dipendenza della dimensione psichica da quella materiale (sia essa intesa in senso ambientale-ecologico-sociale, sia essa intesa in senso neuronale), fino a rendere sempre più forte l’ipotesi che supporta le teorie dell’identità tra psiche-mente e cervello. In questa prospettiva la dimensione psicologica dell’individuo viene considerata alla stregua del resto del corpo, ossia “immanente”, identica alla dimensione somatica. In quanto tale anche la dimensione psichica non è più testimonianza di alcunché di trascendente che garantisca la permanenza nell'essere di qualcosa del soggetto oltre la morte: la psiche-cerebrale è destinata a morire con la morte del cervello. La morte della “psiche” è legata alla morte del cervello. Poiché questa rappresentazione è estremamente angosciante in quanto implica la rappresentazione dell'"annientamento in totalità" portato dalla morte, è inevitabile che, tramontata la religiosità metafisica e le sue certezze epistemiche sull’esistenza dell’anima, oggi compaiano forme di rimedio all’angoscia che cercano di trovare nel linguaggio scientifico una soluzione alla speranza di non essere destinati all’annientamento. Ma proprio la scienza è il linguaggio del potere che gestisce secondo volontà le forme del divenire basando il proprio potere sulla base della previsione, quindi l’angoscia non può trovare soluzione attraverso la sperimentazione scientifica, in quanto ciò che la metafisica ha indicato come divino e salvo dal divenire non può essere oggetto di sperimentazione e misurazione. L’ipnosi, da quando ha abbandonato il territorio del mesmerismo e dello sciamanesimo, inscrivendosi nell’ambito della ricerca scientifica si è prestata ad essere considerata una modalità di intervento attendibile nella misura in cui utilizzandola è possibile produrre esiti di laboratorio che diano risultati prevedibili, ove però, non per tale loro prevedibilità, il ricercatore possa generalizzare tale risultato per dimostrare che esistono dimensioni ulteriori al mondo del divenire, ovvero della salvezza trascendentale. Secondo Severino, però, se per un verso il dualismo è la croce alla quale resta appeso tutto il pensiero occidentale - in quanto è l'espressione del fallimento della tradizione filosofica nata con l'intendimento di stabilire l'identità, mentre le “posizioni dualiste” si pongono come il compromesso assunto da chi ritiene che da ultimo ciò sia impossibile - non si possono dimenticare le insuperabili difficoltà che si originano quando si ritenga l'uomo cartesianamente scisso in due dimensioni antitetiche, quella corporea e quella incorporea, ove l'una mortale e l’altra no. Eppure, discute il filosofo, di contro, sia il “monismo idealistico” sia quello “materialistico” sono sostanzialmente contraddittori, in quanto intendono dimostrare l’identità presupponendo le due parti in causa e riducendole l’una all’altra. Il filosofo mette infatti in evidenza che in entrambi i casi, per negare l’una o l’altra dimensione, questa deve innanzitutto essere vista e ammessa 25. La soluzione più autentica al problema della morte è dunque impostare un ragionamento che sappia svilupparsi al di fuori del nichilismo e risolvendone i contenuti attraverso la rilevazione della loro sostanziale contraddizione. A partire infatti da ciò che Severino indica come l’originaria necessità dell’essere eterno che mostra il nostro essere già da sempre salvi 26, che compete a tutto ciò che appare, è possibile affrontare la fenomenologia del dualismo con un linguaggio nuovo, che può risultare infatti risolutoria anche rispetto al rapporto mente-cervello e magari, come già discutono gli eternalisti, offrire interessanti opportunità di confronto sui possibili modelli che potrebbero permettere di dare senso alle esperienze di trascendenza che l’ipnosi induce facilitando alcuni stati alterati della coscienza.Pubblicazioni consigliate
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