Il De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione di Prospero Lambertini costituisce una vera e propria summa organica di tutta la normativa e la prassi in materia di canonizzazioni accumulatesi dopo il concilio di Trento, e costituisce il principale tentativo di fondare su basi certe e inconfutabili il giudizio sulla santità dei servi di Dio. In tale ottica, e premesso che per il futuro papa Benedetto XIV i miracoli sono assolutamente necessari ai fini della certificazione della santità, il saggio mostra come Lambertini si sia impegnato tra l’altro a fornire una trattazione adeguata alla questione della prova giudiziaria dei miracoli. In questo senso, se da un lato egli in generale rimane convinto che la santità possa essere effettivamente “dimostrata” sul piano processuale-canonico, e in ciò si rivela seguace coerente di una tradizione teologico-speculativa e di categorie e linguaggi aristotelico-scolastici, dall’altro non esita a ricorrere alla scienza moderna, e in particolare alla cultura medica del suo tempo, in ordine alla distinzione tra veri e falsi miracoli, e alla delimitazione netta tra il campo della religione e quello della superstizione, rivelando in ciò un’attitudine segnata da un attivo ed intelligente “conservatorismo riformatore”.

Prospero Lambertini e la prova dei miracoli: ulteriori riflessioni

GIOVANNUCCI, PIERLUIGI
2013

Abstract

Il De servorum Dei beatificatione et beatorum canonizatione di Prospero Lambertini costituisce una vera e propria summa organica di tutta la normativa e la prassi in materia di canonizzazioni accumulatesi dopo il concilio di Trento, e costituisce il principale tentativo di fondare su basi certe e inconfutabili il giudizio sulla santità dei servi di Dio. In tale ottica, e premesso che per il futuro papa Benedetto XIV i miracoli sono assolutamente necessari ai fini della certificazione della santità, il saggio mostra come Lambertini si sia impegnato tra l’altro a fornire una trattazione adeguata alla questione della prova giudiziaria dei miracoli. In questo senso, se da un lato egli in generale rimane convinto che la santità possa essere effettivamente “dimostrata” sul piano processuale-canonico, e in ciò si rivela seguace coerente di una tradizione teologico-speculativa e di categorie e linguaggi aristotelico-scolastici, dall’altro non esita a ricorrere alla scienza moderna, e in particolare alla cultura medica del suo tempo, in ordine alla distinzione tra veri e falsi miracoli, e alla delimitazione netta tra il campo della religione e quello della superstizione, rivelando in ciò un’attitudine segnata da un attivo ed intelligente “conservatorismo riformatore”.
2013
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