L’articolo prende in esame una vicenda già indagata dalla musicologia alla luce di una cospicua messe di documenti inediti e dei risultati dei più recenti orientamenti storiografici sulla storia milanese del secondo Seicento. La vicenda indagata è quella dell’elezione di Carlo Donato Cossoni al posto di maestro di cappella del Duomo di Milano e degli strascichi diplomatici che fecero seguito alla stessa, fra cui l’arresto, il processo e l’esilio del musicista dalla diocesi milanese da parte dell’arcivescovo milanese Federico Visconti, nonché le reazioni del Capitolo della veneranda fabbrica del Duomo che, ritenendosi leso nei suoi diritti di eleggere liberamente i propri musici, chiese la protezione del conte di Melgar, allora governatore dello stato di Milano. Uscita dai confini della diocesi e dello stato di Milano, la vicenda giunse alla conoscenza del pontefice Innocenzo XI e del re di Spagna Carlo II. La lettura della documentazione rintracciata presso diversi archivi ha consentito, da un lato, di comprendere le ragioni per cui la controversia giunse agli esiti già noti, gettando uno sguardo sul suo retroscena diplomatico e osservando da vicino alcuni esponenti di spicco della scena politica milanese (e spagnola) alle prese con una questione particolarmente delicata; dall’altro di valutare in maniera più equilibrata la portata di un evento solo inizialmente circoscritto entro i confini locali. Alla luce della nuova documentazione la vicenda dell’elezione del Cossoni si è rivelata particolarmente complessa e ambivalente. Per alcuni aspetti, infatti, essa appare in linea con le più consuete modalità e con i toni della politica e della diplomazia dell’epoca (fatta di colpi di scena e di esternazioni focose in un’escalation di reciproche minacce e di paventati provvedimenti di sempre maggiore gravità – l’arcivescovo che minaccia la visita pastorale in Duomo, il senato di Milano che minaccia di esiliare l’arcivescovo dallo stato di Milano – puntualmente risolti in un nulla di fatto). D’altro canto, nei suoi aspetti più problematici e a volte apparentemente paradossali, essa dà conto dell’estrema complessità di un’epoca in cui gli equilibri fra stati, fazioni, famiglie, individui si ridisegnavano di continuo per effetto di strategie di cui non sempre ci è dato di cogliere le ragioni più profonde.

«No haria de haverse mezclado el conde». Di nuovo su Carlo Donato Cossoni nella Milano spagnola (con documenti inediti)

TOFFETTI, MARINA
2010

Abstract

L’articolo prende in esame una vicenda già indagata dalla musicologia alla luce di una cospicua messe di documenti inediti e dei risultati dei più recenti orientamenti storiografici sulla storia milanese del secondo Seicento. La vicenda indagata è quella dell’elezione di Carlo Donato Cossoni al posto di maestro di cappella del Duomo di Milano e degli strascichi diplomatici che fecero seguito alla stessa, fra cui l’arresto, il processo e l’esilio del musicista dalla diocesi milanese da parte dell’arcivescovo milanese Federico Visconti, nonché le reazioni del Capitolo della veneranda fabbrica del Duomo che, ritenendosi leso nei suoi diritti di eleggere liberamente i propri musici, chiese la protezione del conte di Melgar, allora governatore dello stato di Milano. Uscita dai confini della diocesi e dello stato di Milano, la vicenda giunse alla conoscenza del pontefice Innocenzo XI e del re di Spagna Carlo II. La lettura della documentazione rintracciata presso diversi archivi ha consentito, da un lato, di comprendere le ragioni per cui la controversia giunse agli esiti già noti, gettando uno sguardo sul suo retroscena diplomatico e osservando da vicino alcuni esponenti di spicco della scena politica milanese (e spagnola) alle prese con una questione particolarmente delicata; dall’altro di valutare in maniera più equilibrata la portata di un evento solo inizialmente circoscritto entro i confini locali. Alla luce della nuova documentazione la vicenda dell’elezione del Cossoni si è rivelata particolarmente complessa e ambivalente. Per alcuni aspetti, infatti, essa appare in linea con le più consuete modalità e con i toni della politica e della diplomazia dell’epoca (fatta di colpi di scena e di esternazioni focose in un’escalation di reciproche minacce e di paventati provvedimenti di sempre maggiore gravità – l’arcivescovo che minaccia la visita pastorale in Duomo, il senato di Milano che minaccia di esiliare l’arcivescovo dallo stato di Milano – puntualmente risolti in un nulla di fatto). D’altro canto, nei suoi aspetti più problematici e a volte apparentemente paradossali, essa dà conto dell’estrema complessità di un’epoca in cui gli equilibri fra stati, fazioni, famiglie, individui si ridisegnavano di continuo per effetto di strategie di cui non sempre ci è dato di cogliere le ragioni più profonde.
2010
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