Nella riflessione politica è abituale considerare l’evoluzione dei progetti di cittadinanza partendo dalla stagione dei diritti civili del Settecento, passando per la cittadinanza politica dell’Ottocento e approdando a quella sociale del Novecento. Dove per “progetti di cittadinanza” si indicano le modalità con cui le autorità politiche hanno pensato e attuato l’idea di cittadino. Progetti che in passato hanno avuto un ruolo centrale nella costruzione degli stati nazione, mentre oggi è in crisi la concezione della cittadinanza nazionale. Infatti, i dibattiti sul multiculturalismo e sulla globalizzazione mettono in discussione la capacità dei singoli stati di circoscrivere i cittadini in base al luogo di nascita (il suolo) e alla parentela/lignaggio/popolazione (il sangue). Ne consegue che anche le posizioni di chi vorrebbe nel nostro Paese controbilanciare la centralità del “sangue” – dominante in materia di cittadinanza – dando maggiore forza al fattore “suolo” (pensiamo alle discussioni sui diritti della “seconda generazione” di migranti), paiono attestate su argomentazioni già superate dalla morfologia umana delle società contemporanee. Questo dibattito tende inoltre a ignorare la “cittadinanza psicologica”: un senso soggettivo di attaccamento emozionale, identificazione e partecipazione relazionale con la comunità ospitante e con le persone che la costituiscono. Se da una parte appare scontato che la dimensione psicologica venga rafforzata dalla presenza di quella legale-politica (sia essa fondata sul sangue o sul suolo), i due aspetti non sono necessariamente sovrapponibili. Questa “cittadinanza dimenticata” è analizzata nel presente capitolo a livello di comunità attraverso i rapporti di coppia. Infatti, nel nostro Paese un alto numero di migranti accede alla cittadinanza contraendo matrimonio con partner italiani; per cui il matrimonio si configura come una via privilegiata per ottenere la cittadinanza. In ogni caso, a dispetto di questa paventata scorciatoia civica, sul piano psicosociale, per i migranti il matrimonio può costituire una sfida ardua, perché i processi di adattamento e inclusione da affrontare sono carichi di difficoltà: soggettive, familiari, amicali e comunitarie. Infatti, i rapporti umani possono presentare varie forme di ostracismo interpersonale: per esempio, il rifiuto della famiglia del partner autoctono; l’esclusione dalle amicizie; l’essere ignorati dai vicini. La ricerca qui presentata analizza quindi le modalità relazionali di inclusione/esclusione nella comunità di residenza delle coppie miste, dedicando attenzione alle strategie messe in atto per negoziare la cittadinanza psicologica.
La cittadinanza psicologica tra ostracismo e assimilazione: Le relazioni sociali del partner straniero di coppie miste
ZAMPERINI, ADRIANO;MENEGATTO M.
2012
Abstract
Nella riflessione politica è abituale considerare l’evoluzione dei progetti di cittadinanza partendo dalla stagione dei diritti civili del Settecento, passando per la cittadinanza politica dell’Ottocento e approdando a quella sociale del Novecento. Dove per “progetti di cittadinanza” si indicano le modalità con cui le autorità politiche hanno pensato e attuato l’idea di cittadino. Progetti che in passato hanno avuto un ruolo centrale nella costruzione degli stati nazione, mentre oggi è in crisi la concezione della cittadinanza nazionale. Infatti, i dibattiti sul multiculturalismo e sulla globalizzazione mettono in discussione la capacità dei singoli stati di circoscrivere i cittadini in base al luogo di nascita (il suolo) e alla parentela/lignaggio/popolazione (il sangue). Ne consegue che anche le posizioni di chi vorrebbe nel nostro Paese controbilanciare la centralità del “sangue” – dominante in materia di cittadinanza – dando maggiore forza al fattore “suolo” (pensiamo alle discussioni sui diritti della “seconda generazione” di migranti), paiono attestate su argomentazioni già superate dalla morfologia umana delle società contemporanee. Questo dibattito tende inoltre a ignorare la “cittadinanza psicologica”: un senso soggettivo di attaccamento emozionale, identificazione e partecipazione relazionale con la comunità ospitante e con le persone che la costituiscono. Se da una parte appare scontato che la dimensione psicologica venga rafforzata dalla presenza di quella legale-politica (sia essa fondata sul sangue o sul suolo), i due aspetti non sono necessariamente sovrapponibili. Questa “cittadinanza dimenticata” è analizzata nel presente capitolo a livello di comunità attraverso i rapporti di coppia. Infatti, nel nostro Paese un alto numero di migranti accede alla cittadinanza contraendo matrimonio con partner italiani; per cui il matrimonio si configura come una via privilegiata per ottenere la cittadinanza. In ogni caso, a dispetto di questa paventata scorciatoia civica, sul piano psicosociale, per i migranti il matrimonio può costituire una sfida ardua, perché i processi di adattamento e inclusione da affrontare sono carichi di difficoltà: soggettive, familiari, amicali e comunitarie. Infatti, i rapporti umani possono presentare varie forme di ostracismo interpersonale: per esempio, il rifiuto della famiglia del partner autoctono; l’esclusione dalle amicizie; l’essere ignorati dai vicini. La ricerca qui presentata analizza quindi le modalità relazionali di inclusione/esclusione nella comunità di residenza delle coppie miste, dedicando attenzione alle strategie messe in atto per negoziare la cittadinanza psicologica.Pubblicazioni consigliate
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