Sono molti coloro che si approcciano allo studio dei problemi della valutazione con perplessità e con atteggiamenti ostili preferendo evitare questo tipo di responsabilità e ritenendo opportuno, tutto sommato, astenersi dal valutare persone e prestazioni. Si tratta di una posizione a nostro avviso ingenua e particolarmente superficiale in quanto, nonostante le affermazioni che al riguardo si possono formulare, la valutazione sembra pervadere ogni nostro comportamento: "in ogni nostra azione 0 comunicazione, in ogni nostra esperienza di lavoro o di incontro, noi impegniamo sempre la nostra capacità di elaborare giudizi, anche se spesso essi rimangono interni. Oltre a ciò noi siamo sempre come avvolti da un continuo bombardamento di messaggi valutativi” (Pelìerey, 1996, p. 20). Limitandoci a considerare l'ambito del trattamento e dell'integrazione delle persone con disabilità, le ragioni che possono essere portate a sostegno della necessità di ricorre re a meticolose operazioni di valutazione sono numerose e di diversa natura: da un punto di vista scientifico, riteniamo importante raccomandare il ricorso a puntuali operazioni di raccolta delle informazioni e di valutazione per poter decidere in merito all'opportunità o meno di procedere con interventi a/riabilitativi e per valutare l'efficacia dei trattamenti che sono stati messi in atto anche al fine di poterli riproporre a persone aventi analoghe difficoltà. Si tratta di un suggerimento che, secondo noi, dovrebbe essere particolarmente seguito da coloro che, all'interno dei servizi, hanno responsabilità organizzative e tecnico-scientifiche, in quanto troppo spesso, ancora, e come abbiamo già avuto modo di segnalare in altre sedi (Soresi e Nota, 2901), ciò che viene realizzato in favore delle persone con disabilità sembra sfuggire al controllo scientifico e collocarsi "in una sorta di limbo che scoraggia i ricercatori di professione ad accostarvisi con sufficiente fiducia" (Di Nuovo, 1995, p. 153) ed interesse; da un punto di vista deontologico, il non domandarsi, il non controllare ed il non valutare se ciò che è stato realizzato al fine di migliorare situazioni o di decrementare difficoltà è stato effettivamente efficace, è sicuramente riprovevole. In altri termini consideriamo almeno moralmente inaccettabile il continuare ad agire e ad intervenire senza preliminarmente aver riflettuto sulla validità di ciò che si realizza. In un'epoca in cui alle persone con disabilità ed alle loro famiglie vengono "offerte", pratiche, attività e proposte "riabilitative" o addirittura "terapeutiche" in assenza tuttavia di preliminari e puntuali controlli scientifico-sperimentali a proposito della loro efficacia, il considerare la valutazione come una componente cruciale dei processi di scelta degli interventi, di razionalizzazione della spesa sociosanitaria, di implementazione degli sforzi, di miglioramento della qualità dei servizi, sia nel settore pubblico che in quello del no profit, diventa sempre più urgente e necessario; da un punto di vista economico, le riflessioni di tipo valutativo stanno diventando piuttosto frequenti. Basti ricordare che negli ultimi due decenni nel settore della riabilitazione si sono registrati significativi cambiamenti passando, come affermano Coulthard-Morris, Burks e Herndon (199 7, p. 225), "dal trattamento acuto della compromissione funzionale, alla gestione a lungo termine della disabilità e dell'handicap”. Tutto ciò ha determinato, e comporterà sempre più, la necessità di prevedere una serie di costi aggiuntivi crescenti tanto da interessare circa 1’80% della spesa sanitaria. Coulthard-Morris et al. (1997, p. 225) hanno affermato che “simultaneamente, però, si è registrata una crescente pressione da parte del sistema del managed care volta ad ottenere informazioni sul rapporto costi-efficacia degli interventi prima di concedere il rimborso del trattamento", e Herndon, (1997, p. 1) che "per quanto quest'idea possa non piacerci, in questa era di managed care, se non saremo in grado di dimostrare obiettivamente che un trattamento è stato efficace, non verremo rimborsati. A questo riguardo ricordiamo che anche terapie realmente efficaci hanno la probabilità di cade re in disuso se la loro efficacia non è dimostrata da studi clinici controllati”. Nonostante queste tre "buone ragioni" il proporre operazioni di valutazione di quanto si realizza in favore delle persone disabili crea spesso perplessità e rifiuti anche da parte di coloro che, percependo la presenza di controllo, tendono a sentirsi "sotto esame" ed oggetto di giudizio a proposito della propria professionalità. A questo riguardo a noi piace ricordare che, anche all'interno dei nostri servizi, in ogni caso, "sono sedimentate e circolanti quotidianamente fortissime istanze valutative, anche se per lo più ad un livello intrapersonale, poco consapevole e poco accessibile e condiviso [...]. Si tratta di giudizi ed attribuzioni su utenti, situazioni, colleghi, eventi" (Scarlatti e Regalia, cit. in Regalia e Bruno, 2000, p. 59) che sarebbe opportuno far emergere, razionalizzare e finalizzare all'incremento della qualità dei servizi.È per tutto ciò che le valutazioni non debbono essere fatte di nascosto o "contro ,qualcuno” e può essere utile, o addirittura necessario, coinvolgere in queste operazioni sia gli utenti che gli operatori (Simons, 1994). Se essi vengono stimolati a collaborare alla individuazione dei processi di scelta dell'a/riabilitazione o alla individuazione delle misure di efficacia, appaiono infatti generalmente più motivati, maggiormente collaborativi ed interessati ai diversi momenti di raccolta ed analisi dei dati.

La valutazione nell'ambito del trattamento delle disabilità

SORESI, SALVATORE
2007

Abstract

Sono molti coloro che si approcciano allo studio dei problemi della valutazione con perplessità e con atteggiamenti ostili preferendo evitare questo tipo di responsabilità e ritenendo opportuno, tutto sommato, astenersi dal valutare persone e prestazioni. Si tratta di una posizione a nostro avviso ingenua e particolarmente superficiale in quanto, nonostante le affermazioni che al riguardo si possono formulare, la valutazione sembra pervadere ogni nostro comportamento: "in ogni nostra azione 0 comunicazione, in ogni nostra esperienza di lavoro o di incontro, noi impegniamo sempre la nostra capacità di elaborare giudizi, anche se spesso essi rimangono interni. Oltre a ciò noi siamo sempre come avvolti da un continuo bombardamento di messaggi valutativi” (Pelìerey, 1996, p. 20). Limitandoci a considerare l'ambito del trattamento e dell'integrazione delle persone con disabilità, le ragioni che possono essere portate a sostegno della necessità di ricorre re a meticolose operazioni di valutazione sono numerose e di diversa natura: da un punto di vista scientifico, riteniamo importante raccomandare il ricorso a puntuali operazioni di raccolta delle informazioni e di valutazione per poter decidere in merito all'opportunità o meno di procedere con interventi a/riabilitativi e per valutare l'efficacia dei trattamenti che sono stati messi in atto anche al fine di poterli riproporre a persone aventi analoghe difficoltà. Si tratta di un suggerimento che, secondo noi, dovrebbe essere particolarmente seguito da coloro che, all'interno dei servizi, hanno responsabilità organizzative e tecnico-scientifiche, in quanto troppo spesso, ancora, e come abbiamo già avuto modo di segnalare in altre sedi (Soresi e Nota, 2901), ciò che viene realizzato in favore delle persone con disabilità sembra sfuggire al controllo scientifico e collocarsi "in una sorta di limbo che scoraggia i ricercatori di professione ad accostarvisi con sufficiente fiducia" (Di Nuovo, 1995, p. 153) ed interesse; da un punto di vista deontologico, il non domandarsi, il non controllare ed il non valutare se ciò che è stato realizzato al fine di migliorare situazioni o di decrementare difficoltà è stato effettivamente efficace, è sicuramente riprovevole. In altri termini consideriamo almeno moralmente inaccettabile il continuare ad agire e ad intervenire senza preliminarmente aver riflettuto sulla validità di ciò che si realizza. In un'epoca in cui alle persone con disabilità ed alle loro famiglie vengono "offerte", pratiche, attività e proposte "riabilitative" o addirittura "terapeutiche" in assenza tuttavia di preliminari e puntuali controlli scientifico-sperimentali a proposito della loro efficacia, il considerare la valutazione come una componente cruciale dei processi di scelta degli interventi, di razionalizzazione della spesa sociosanitaria, di implementazione degli sforzi, di miglioramento della qualità dei servizi, sia nel settore pubblico che in quello del no profit, diventa sempre più urgente e necessario; da un punto di vista economico, le riflessioni di tipo valutativo stanno diventando piuttosto frequenti. Basti ricordare che negli ultimi due decenni nel settore della riabilitazione si sono registrati significativi cambiamenti passando, come affermano Coulthard-Morris, Burks e Herndon (199 7, p. 225), "dal trattamento acuto della compromissione funzionale, alla gestione a lungo termine della disabilità e dell'handicap”. Tutto ciò ha determinato, e comporterà sempre più, la necessità di prevedere una serie di costi aggiuntivi crescenti tanto da interessare circa 1’80% della spesa sanitaria. Coulthard-Morris et al. (1997, p. 225) hanno affermato che “simultaneamente, però, si è registrata una crescente pressione da parte del sistema del managed care volta ad ottenere informazioni sul rapporto costi-efficacia degli interventi prima di concedere il rimborso del trattamento", e Herndon, (1997, p. 1) che "per quanto quest'idea possa non piacerci, in questa era di managed care, se non saremo in grado di dimostrare obiettivamente che un trattamento è stato efficace, non verremo rimborsati. A questo riguardo ricordiamo che anche terapie realmente efficaci hanno la probabilità di cade re in disuso se la loro efficacia non è dimostrata da studi clinici controllati”. Nonostante queste tre "buone ragioni" il proporre operazioni di valutazione di quanto si realizza in favore delle persone disabili crea spesso perplessità e rifiuti anche da parte di coloro che, percependo la presenza di controllo, tendono a sentirsi "sotto esame" ed oggetto di giudizio a proposito della propria professionalità. A questo riguardo a noi piace ricordare che, anche all'interno dei nostri servizi, in ogni caso, "sono sedimentate e circolanti quotidianamente fortissime istanze valutative, anche se per lo più ad un livello intrapersonale, poco consapevole e poco accessibile e condiviso [...]. Si tratta di giudizi ed attribuzioni su utenti, situazioni, colleghi, eventi" (Scarlatti e Regalia, cit. in Regalia e Bruno, 2000, p. 59) che sarebbe opportuno far emergere, razionalizzare e finalizzare all'incremento della qualità dei servizi.È per tutto ciò che le valutazioni non debbono essere fatte di nascosto o "contro ,qualcuno” e può essere utile, o addirittura necessario, coinvolgere in queste operazioni sia gli utenti che gli operatori (Simons, 1994). Se essi vengono stimolati a collaborare alla individuazione dei processi di scelta dell'a/riabilitazione o alla individuazione delle misure di efficacia, appaiono infatti generalmente più motivati, maggiormente collaborativi ed interessati ai diversi momenti di raccolta ed analisi dei dati.
2007
ASTRID Portfolio per l'Assessment, il Trattamento e l'Integrazione delle Disabilità
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