Dalla fine degli anni ottanta la ricerca che indaga il rapporto work-life balance si è sviluppata (Burke & Greenglass, 1987; Eckenrode & Gore, 1990; Zedeck, 1992), stimolata fondamentalmente sia dall’incremento della presenza delle donne nella forza lavoro, che dai cambiamenti nei ruoli familiari (gender based-roles) e lavorativi, conseguenza dell’aumento di coppie a doppio reddito (dual earner). Le organizzazioni, soprattutto quelle in fase di espansione nel mercato, richiedono ai lavoratori una disponibilità molto elevata, sia in termini di orari più lunghi o in fasce temporali diverse (serali, week end) che incidono negativamente sulla qualità del tempo familiare, sia come capacità a rispondere a nuove sfide e a confrontarsi con il progresso della tecnologia dell’informazione. Queste sfide comportano la necessità di operazionalizzare e misurare l’equilibrio vita-lavoro, definito inizialmente come il “tempo sufficiente per affrontare gli impegni sia al lavoro che a casa” (Guest, 2001) o considerando la soddisfazione sia in ambito lavorativo che nella vita in termini di minimo conflitto di ruolo (Clark, 2000). Il presente contributo propone un’analisi degli studi in questo settore, dai primi che hanno esaminato le conseguenze sulla vita familiare delle caratteristiche lavorative o, ma in modo meno frequente, le conseguenze delle caratteristiche familiari nell’ambito lavorativo, ai modelli contemporanei dell’interfaccia lavoro-famiglia che hanno adottato un approccio bidirezionale, che tiene in eguale considerazione l’impatto del lavoro nella famiglia e l’impatto della famiglia nella vita lavorativa dell’individuo (Frone, Yardley & Markel, 1997). I confini dei due ambiti non sono, però, simmetricamente permeabili (Frone, Russell & Cooper, 1992): il lavoro interferisce con la famiglia molto più spesso di quanto succeda il contrario, indipendentemente dal genere. Dopo aver descritto i modelli tradizionali, è stato affrontato il passaggio dalla prospettiva dell’equilibrio a quella dell’integrazione (Kreitner & Kinicki, 2004). Quest’ultima concepisce il lavoro e la famiglia come ambiti talmente intrecciati e interconnessi tra di loro che è praticamente impossibile considerarli separatamente (Burke & Greenglass, 1987; Greenhaus & Parasuraman, 1986; Eagle, Miles & Icenogle (1997). Le iniziative, family friendly, offrono un concreto sostegno alla conciliazione degli oneri professionali con i carichi familiari. Tuttavia, tali interventi sembrano avere un impatto minore di quanto ci si potesse aspettare: rifacendoci alla border theory le attività family friendly non riescono a rendere i limiti permeabili mentre la cultura e il clima organizzativo così come l’autonomia e la partecipazione svolgono un ruolo chiave e ottengono più risultati di tali interventi.
Stress e work-life balance
MAERAN, ROBERTA
2011
Abstract
Dalla fine degli anni ottanta la ricerca che indaga il rapporto work-life balance si è sviluppata (Burke & Greenglass, 1987; Eckenrode & Gore, 1990; Zedeck, 1992), stimolata fondamentalmente sia dall’incremento della presenza delle donne nella forza lavoro, che dai cambiamenti nei ruoli familiari (gender based-roles) e lavorativi, conseguenza dell’aumento di coppie a doppio reddito (dual earner). Le organizzazioni, soprattutto quelle in fase di espansione nel mercato, richiedono ai lavoratori una disponibilità molto elevata, sia in termini di orari più lunghi o in fasce temporali diverse (serali, week end) che incidono negativamente sulla qualità del tempo familiare, sia come capacità a rispondere a nuove sfide e a confrontarsi con il progresso della tecnologia dell’informazione. Queste sfide comportano la necessità di operazionalizzare e misurare l’equilibrio vita-lavoro, definito inizialmente come il “tempo sufficiente per affrontare gli impegni sia al lavoro che a casa” (Guest, 2001) o considerando la soddisfazione sia in ambito lavorativo che nella vita in termini di minimo conflitto di ruolo (Clark, 2000). Il presente contributo propone un’analisi degli studi in questo settore, dai primi che hanno esaminato le conseguenze sulla vita familiare delle caratteristiche lavorative o, ma in modo meno frequente, le conseguenze delle caratteristiche familiari nell’ambito lavorativo, ai modelli contemporanei dell’interfaccia lavoro-famiglia che hanno adottato un approccio bidirezionale, che tiene in eguale considerazione l’impatto del lavoro nella famiglia e l’impatto della famiglia nella vita lavorativa dell’individuo (Frone, Yardley & Markel, 1997). I confini dei due ambiti non sono, però, simmetricamente permeabili (Frone, Russell & Cooper, 1992): il lavoro interferisce con la famiglia molto più spesso di quanto succeda il contrario, indipendentemente dal genere. Dopo aver descritto i modelli tradizionali, è stato affrontato il passaggio dalla prospettiva dell’equilibrio a quella dell’integrazione (Kreitner & Kinicki, 2004). Quest’ultima concepisce il lavoro e la famiglia come ambiti talmente intrecciati e interconnessi tra di loro che è praticamente impossibile considerarli separatamente (Burke & Greenglass, 1987; Greenhaus & Parasuraman, 1986; Eagle, Miles & Icenogle (1997). Le iniziative, family friendly, offrono un concreto sostegno alla conciliazione degli oneri professionali con i carichi familiari. Tuttavia, tali interventi sembrano avere un impatto minore di quanto ci si potesse aspettare: rifacendoci alla border theory le attività family friendly non riescono a rendere i limiti permeabili mentre la cultura e il clima organizzativo così come l’autonomia e la partecipazione svolgono un ruolo chiave e ottengono più risultati di tali interventi.Pubblicazioni consigliate
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.