Il saggio si concentra sulle valenze simboliche che i morti assumono in quanto elemento di continuità simbolica in un ordine sociale. Le fonti attingono a discipline diverse: sociologia della memoria e delle generazioni; antropologia delle etnie e del conflitto, semiotica applicata; psicoanalisi. Il saggio esplora questa dimensione parallelamente ad altri studi dell’autore vertenti sulla natura della giustificazione etnolinguistica come fondamento di politiche nazionalistiche a livello locale in vari Paesi europei (gli studi citati sono stati condotti su Euskadi, il Paese basco in Spagna, e sul Friuli-Venezia Giulia e sul Veneto in Italia). Nel saggio, utilizzando un approccio fenomenologico, si esamina come nell’arco storico dell’esperienza umana la dimensione antropologica ed esistenziale del morire abbia assunto, nelle varie culture, forme che oltre a differenziarsi grandemente tra loro mutano con il tempo. In secondo luogo si analizza come, oltre alla realtà della morte, e ai processi del morire, mutino anche il rapporto simbolico tra i vivi e i morti, e il legame significante che i primi istituiscono con i secondi nella prassi sociale. Una distinzione rilevante appare quella tra morti la cui memoria sarà tramandata, e morti la cui memoria andrà perduta. Le differenze sociali (stratificazioni di classe, di etnia, socio-occupazionali, di prestigio sociale...) rendono conto solo in parte di questo meccanismo (che vale ad esempio per i grandi letterati, o per i “padri della patria”), perché accanto a questi defunti “illustri” vi sono anche morti “comuni” la cui memoria è però tramandata come immagine-esempio di virtù civili (nel caso italiano, Salvo D’Acquisto), o come metonìmia sociale (di coraggio in battaglia -Balilla, Enrico Toti; d’abnegazione, etc.). A questi va aggiunta una terza categoria, quella delle grandi affabulazioni sociali, i grandi ricordi collettivi di morti (“i Caduti della Grande Guerra”). Prendendo in esame elementi della cultura materiale italiana post-unitaria dei vari decenni (poesie, canzoni, prodotti iconografici, statue) vengono analizzati alcuni tratti di mutamento e alcuni tratti di permanenza delle forme di questo rapporto simbolico come mitopoiesi del fondamento del concetto di Nazione. Il saggio termina sottolineando le radici psicoanalitiche del mito politico come forma collettiva di rappresentazioni fantasmatiche di carattere individuale.
I morti e la memoria. Forme storiche e sociali dello scomparire e del permanere
NIGRIS, DANIELE
2009
Abstract
Il saggio si concentra sulle valenze simboliche che i morti assumono in quanto elemento di continuità simbolica in un ordine sociale. Le fonti attingono a discipline diverse: sociologia della memoria e delle generazioni; antropologia delle etnie e del conflitto, semiotica applicata; psicoanalisi. Il saggio esplora questa dimensione parallelamente ad altri studi dell’autore vertenti sulla natura della giustificazione etnolinguistica come fondamento di politiche nazionalistiche a livello locale in vari Paesi europei (gli studi citati sono stati condotti su Euskadi, il Paese basco in Spagna, e sul Friuli-Venezia Giulia e sul Veneto in Italia). Nel saggio, utilizzando un approccio fenomenologico, si esamina come nell’arco storico dell’esperienza umana la dimensione antropologica ed esistenziale del morire abbia assunto, nelle varie culture, forme che oltre a differenziarsi grandemente tra loro mutano con il tempo. In secondo luogo si analizza come, oltre alla realtà della morte, e ai processi del morire, mutino anche il rapporto simbolico tra i vivi e i morti, e il legame significante che i primi istituiscono con i secondi nella prassi sociale. Una distinzione rilevante appare quella tra morti la cui memoria sarà tramandata, e morti la cui memoria andrà perduta. Le differenze sociali (stratificazioni di classe, di etnia, socio-occupazionali, di prestigio sociale...) rendono conto solo in parte di questo meccanismo (che vale ad esempio per i grandi letterati, o per i “padri della patria”), perché accanto a questi defunti “illustri” vi sono anche morti “comuni” la cui memoria è però tramandata come immagine-esempio di virtù civili (nel caso italiano, Salvo D’Acquisto), o come metonìmia sociale (di coraggio in battaglia -Balilla, Enrico Toti; d’abnegazione, etc.). A questi va aggiunta una terza categoria, quella delle grandi affabulazioni sociali, i grandi ricordi collettivi di morti (“i Caduti della Grande Guerra”). Prendendo in esame elementi della cultura materiale italiana post-unitaria dei vari decenni (poesie, canzoni, prodotti iconografici, statue) vengono analizzati alcuni tratti di mutamento e alcuni tratti di permanenza delle forme di questo rapporto simbolico come mitopoiesi del fondamento del concetto di Nazione. Il saggio termina sottolineando le radici psicoanalitiche del mito politico come forma collettiva di rappresentazioni fantasmatiche di carattere individuale.Pubblicazioni consigliate
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